Condanna con lo sconto per i tre rapitori di Patrizia Tacchella di Giuliano Marchesini
Venti anni invece di trenta Venti anni invece di trenta Condanna con lo sconto per i tre rapitori di Patrizia Tacchetta VERONA. Vent'anni di carcere per i tre rapitori di Patrizia Tacchella. Bruno Cappelli, Franco Maffiotto e Valentino Biasi hanno ottenuto lo sconto: sono stati infatti ammessi al giudizio abbreviato che prevede la diminuzione della condanna di un terzo. Rischiavano infatti una pena di trent'anni. Sotto i riflettori di Raitre, in diretta televisiva, si è concluso il primo round giudiziario contro la banda dei piemontesi che rapirono la figlia del re dei jeans e che la tennero prigioniera, per 78 giorni, in una villetta sulle alture di Santa Margherita. Primo capitolo di una storia drammatica perché, di fronte a nuovi giudici, Maffiotto e Biasi dovranno rispondere del sequestro di altri tre bambini: Pietro Garis, Giorgio Garberò e Federica Isoardi. Cappelli, l'ultimo a confessare, sarà processato per i sequestri di Pietro Garberò e Federica Isoardi. Il tribunale di Verona ha anche condannato i tre rapitori al risarcimento dei danni: cinquecento milioni alla piccola Patrizia, 250 ad Imerio e Luciana Tacchella, i genitori. Denaro che andrà in beneficenza, così ha deciso la famiglia di Verona. «Rabbia, rancore? Continuo a domandarmi perché degli uomini arrivino a tanto. La sentenza? I giudici hanno agito bene». Imerio Tacchella parla in un angolo dell'aula del tribunale di Verona. E' frastornato. «Patrizia? E' a casa, sta giocando con un compagno di scuola. Lasciamola stare in pace, finalmente». Parlano anche gli imputati. Bruno Cappelli ammette: «Patrizia doveva essere l'ultima». E Maffiotto: «Per noi rapire un bambino era quasi un gioco». Biasi: «Ero lo "schiavetto" dei bambini sequestrati». Cappelli, dopo la lettura della sentenza, ha uno slancio: «A Patrizia darei un bacio, come l'ultima volta che l'ho vista». Tra le carte del processo c'è la lettera che la bambina scrisse ai genitori durante la prigionia. Patrizia Tacchella è disperata, ripete ai genitori: «Pagate il 10 febbraio, per piacere. Io piango ogni giorno». Poi li implora: «Sono stanca, stanca, stanca». Giuliano Marchesini A PAGINA 7 nsiste: l'Italia non cambierà i suoi piani
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