Zoff, ultimo trionfo

Zoff, ultimo trionfo Zoff, ultimo trionfo «Il mio grazie a tutta la squadra» AVELLINO DAL NOSTRO INVIATO «Questa Coppa la dedico ai giocatori ed a Gaetano Scirea». Commosso, cercando di stare attento alle parole, Dino Zoff a fine partita è uscito dall'abbraccio della squadra ed ha lasciato ai suoi ragazzi tutti i meriti del secondo successo della stagione. «Meravigliosi, siamo rimasti in dieci per più di mezz'ora, nessuno ha perso la calma». E Bruno espulso? «Dovete capirlo, sta attraversando un momento di tensione, ha commesso un'ingenuità più che una cattiveria». Zoff ha cercato di uscire dalle emozioni del momento, ma a- caldo a chi gli ha chiesto quanto sia duro per lui lasciare la Juve dopo due successi cosi importanti ha mormorato: «E' un destino crudele». E ancora: «Il distacco è pesante, ma dai ragazzi: mi dispiace per loro». Nessuno ha avuto il coraggio di rovinargli la festa, anche e soprattutto sua, chiedendogli di un domani peraltro già noto. Le Coppe allora, una sorpresa? «No, un atto di giustizia, io mi sono sempre allenato ed ora alleno per vincere. Questi risultati rispecchiano il lavoro di una stagione». Sulle gradinate, intanto, la gente gridava ancora: «Dino, Dino». «Sono contento per loro, i tifosi ci hanno sempre seguito con grande affetto. E credo che anche i sostenitori della Fiorentina possano essere contenti. La squadra viola è giunta brillantemente in finale e ci ha fatto soffrire, quel primo tempo a Torino lo ricordo ancora e non è stata una bella esperienza...». Ancora un elogio ai giovani Rosa e Avallone («Li sapevo pronti»), a Tacconi «sempre presente», e una battuta per Aleinikov: «Uno con il suo cervello può giocare in ogni ruolo». Zoff si è fatto accompagnare dal figlio Marco in quest'ultima trasferta bianconera. La moglie, signora Anna Maria, a Torino a preparare il trasferimen¬ to. Destinazione Roma, dove è libera la panchina della Lazio. Su quella della Juve, è noto, siederà Maifredi. Un distacco difficile, da Torino, per la famiglia Zoff. Ma Dino li vuole tutti nella capitale. Subito a cercare alloggio, quindi la vacanza solita a Punta Ala, poi il nuovo impegno e la nuova vita. «Ma che residence, non ci penso neppure. Si va dove il lavoro porta. Un ritorno futuro a Torino? Il mio segreto è stato di non programmare mai». Non lo ammette, ma lo solleva il pensiero di non dover tornare a Torino con la Lazio al Comunale. L'impianto «Delle Alpi» non gli darà nessun brivido. Quello di ieri sera è stato il suo terzo distacco dalla Juventus. Il primo coincise con l'addio al calcio, 2 giugno 1983. Ricordiamo quel giorno, quando Dino rientrando da un allenamento chiamò i cronisti nella saletta del Comunale a fianco dello spogliatoio: «Andiamo dentro, facciamo presto». E poi: «E' ora di smettere, Boniperti mi ha fatto capire che anche alla Juve c'è una porta aperta. Vedremo». La stagione seguente, ecco in campo ad allenare Bodini e Tacconi. Dopo un anno il secondo saluto: «Mi dimetto, questo ruolo non ha futuro per me. Non mi offro a nessuno, aspetto e basta». La Federcalcio lo volle come «osservatore speciale» a fianco di Bearzot. Una breve parentesi, poi la guida della nazionale olimpica: 7 vittorie e 4 pareggi. Ai primi di giugno dell'88, ancora bloccato Maifredi dal Bologna, ecco la panchina della Juventus con al suo fianco Gaetano Sciret. L'ultima avventura, chiusasi ad Avellino, la ricordiamo tutti. «Ho saputo che non rientravo più nei piani bianconeri una domenica dello scorso febbraio, dopo una partita». Per una curiosissima coincidenza, era una partita contro la Lazio. Quando si dice destino. Non ci racconterà mai l'amarezza provata in questi ultimi mesi. Del resto, è vaccinato. Era stato equilibrato nel '78 per reggere al vero linciaggio morale dopo i gol di Haan e di Dirceu nella porta azzurra nel finale del Mundial argentino. Per molti la vittoria non era giunta per colpa sua. Come allenatore non ha mai considerato la panchina un diritto. Nell'ottobre scorso osservò: «Non si parla più della mia posizione incerta dopo le vittorie di Parigi e Ma¬ rassi? Aspettate. Io non ho mai venduto nulla prima di dimostrare di esserne proprietario». E adesso: «Lascio una squadra che ha fatto il suo dovere, e la ringrazio». E' morto Gaetano Scirea, se ne va altrove Zoff, aveva già lasciato la presidenza Boniperti, cambia lo stadio. Per la Juventus e per la nostra città è una rivoluzione non solo sportiva. Mai nella storia bianconera un passaggio di consegna è stato così totale. Dal calcio ragionato al football-champagne, nelle intenzioni dell'azienda Juve. Che il peso dello ieri appena finito sia lieve sul domani già cominciato. Bruno Perucca