«Nell'inferno dell'Elbrus 24 morti»

«Nell'inferno dell'Elbrus 24 morti» Un superstite racconta la sciagura nel Caucaso dove ha perso la vita anche un torinese «Nell'inferno dell'Elbrus 24 morti» Claudio Abrate è crollato a cento metri dalla vetta «Ci avevano avvertiti: in arrivo vento a 180 all'ora» Nove salme recuperate, quindici dispersi senza speranza. Sul monte Elbrus, nel cuore della Russia, fra mercoledì 2 e venerdì 4, c'è stata una strage che ha pochi precedenti nella storia dell'alpinismo. Fra i morti un giornalista torinese, Claudio Abrate, 39 anni, redattore del mensile Alp, e quattro giapponesi. E' stato il drammatico epilogo di un viaggio-incentive offerto da una ditta francese di abbigliamento sportivo, la «Degré 7», ad un gruppo di suoi distributori, a tre giornalisti ed a dieci partecipanti al concorso «Vinci una delle discese più belle del mondo». Fra questi ultimi, anche un alpinista triestino, Furio Grimaldi. Sull'Elbrus, invitato in qualità di distributore italiano della azienda organizzatrice, c'era anche la guida milanese Fabio Mazzoleni, che è rientrato martedì in Italia. «Doveva essere un'occasione di festa. Un'ascensione tranquilla verso la vetta più alta dell'Europa Continentale. Il monte Elbrus è infatti una sorta di panettone, privo di difficoltà tecniche. Il nostro gruppo aveva percorso un tratto con gli sci ai piedi, ed un altro con i ramponi. Ma i russi salgono con le scarpe da tennis, senza troppi problemi». Inoltre, era stato studiato con molta attenzione l'acclimatamento: «L'ascesa è stata divisa in tre tappe. La prima preve¬ deva la salita in funivia ed il successivo trasferimento, circa un'ora di marcia, al Rifugio degli Undici, il campo base a quota 4200 metri. La seconda tappa, il giorno successivo, è stata una semplice escursione d'assaggio sino a quota 4800, con ritorno al rifugio. Il terzo giorno abbiamo puntato alla sommità, quota 5642 metri». Le insidie dell'Elbrus stanno soprattutto nel vento: «E' una montagna molto vicina al Mar Caspio e riceve direttamente le violente tempeste che si abbattono su quel lago. Comunque eravamo stati avvertiti, proprio il mattino dell'ascensione, di una perturbazione in arrivo. C'era stato anche detto, con molta precisione, che era attesa per le 18 del pomeriggio e che sarebbe stata di forte intensità e lunga durata. Così è stato». Conoscere il pericolo, non è servito a salvare la vita a Claudio Abrate, che pure era istruttore del Cai. «Era più avanti di noi, cento metri sotto la vetta. Quando alle 14 abbiamo deciso di rientrare, per avere tempo di raggiungere il rifugio, lo abbiamo chiamato. Lui non ci ha sentiti, ed ha continuato verso la sommità, che forse pensava di raggiungere in pochi minuti. Intanto il tempo ha cominciato a peggiorare, ed alle 18 c'era davvero tempesta. Neve, ma soprattutto un vento fortissimo, a 120 chilometri orari». Nel rifugio è cominciata una lunga attesa: «Non ci sono state schiarite per 36 ore, sino a venerdì mattina, quando siamo riusciti finalmente ad uscire. Abbiamo percorso di nuovo la strada verso la vetta ed abbiamo incentrato prima un giapponese, che stava vagando disperato alla ricerca di soccorsi, poi nove corpi, disseminati fra i crepacci che si aprono 400 metri sopra il rifugio. Infine abbiamo trovato Claudio che, per sfuggire alla tempesta, aveva cercato di scavare un buco, nella neve. Respirava ancora, ma era in stato di incoscienza». E' subito cominciata una corsa contro il tempo: «Siamo scesi al rifugio e lo abbiamo affidato a due medici russi, che hanno cercato di rianimarlo. Ma aveva una temperatura corporea troppo bassa e non ce l'hanno fatta. E' morto dopo un'ora e mezzo». Intanto, sulla montagna, le squadre di soccorso recuperavano le prime nove salme: «Ma all'appello, quando noi siamo partiti, mancavano ancora quindici persone, tutti russi che avevamo visto avviarsi verso l'Elbrus con un equipaggiamento molto approssimativo. Non credo li abbiano trovati vivi». Subito dopo, in piena tradizione russa, sulla disgrazia è sceso il silenzio. Anche il rimpatrio della salma viene organizzato, in queste ore, fra mille

Persone citate: Claudio Abrate, Fabio Mazzoleni, Furio Grimaldi

Luoghi citati: Europa Continentale, Italia, Russia