Un Fondo monetario più «ricco»

Un Fondo monetario più «ricco» Dopo aspre polemiche deciso l'aumento delle quote, ma gli Usa chiedono garanzie Un Fondo monetario più «ricco» Carli promette: subito tagli al deficit italiano WASHINGTON DAL NOSTRO CÒRRÌSPONDENTE Paura d'inflazione del G7, scontro ricchi-poveri sull'aumento delle quote al Fondo Monetario. Questo, nella sostanza, l'esito del conclave delle sette potenze industriali (domenica) e del Fondo (nella serata di ieri). Al di là del suo tono rassicurante, il comunicato del G7 è un grido d'allarme e insieme un impegno a intervenire contro le pressioni dei prezzi. Quanto all'aumento dei 50% delle quote dell'I-mi .da 120 a 180 miliardi di dollari, il suo direttore Cam dessus lo ha già definito «una coperta stretta» per i bisogni dell'Est e del Terzo Mondo. Nonostante la serenità esteriore, il meeting del G7 è stato assai più lungo e combattuto del previsto. Le grandi potenze industriali hanno notato tutte «con soddisfazione la recente stabilità dei mercati dei cambi e la continua crescita delle economie più avanzate». Si sono dette anche compiaciute del miglioramento dello yen. Ma hanno poi aggiunto che se esso rimanesse all'attuale livello «potrebbe avere conseguenze indesiderabili sul riequilibrio globale». Il sottosegretario al Tesoro Usa Mulford non ha smentito che i Sette siano d'ac cord per spingerlo più in alto. «Non commentiamo su operazioni delicate». La paura dell'inflazione è emersa a proposito della futura unità tedesca. Con la consueta tecnica di un colpo al cerchio e uno alla botte, il G7 ha proclamato che essa «contribuirebbe alla crescita globale e non inflazionistica e alla riduzione degli squilibri esterni». E l'Italia? Ieri Carli ha assicurato che «il deficit della finanza pubblica resta un pro¬ blema» e che, nonostante i progressi ottenuti nell'89, «il bubbone del debito richiede ancora sostanziali correzioni. Nelle prossime settimane verranno decise nuove misure sulle entrate e sulle spese». La «deregulation» valutaria verrà accompagnata da «una politica di cambio più rigorosa», ma le ri¬ serve sono cresciute di 12 miliardi di dollari. Sull'aumento delle quote del Fondo, hanno vinto in pratica gli Usa. Camdessus avrebbe voluto raddoppiarle, ma Brady, il ministro del Tesoro degli Stati Uniti, ha rifiutato. Gli Usa hanno anche ottenuto che il Fondo discutesse la sospensione del diritto di voto dei Paesi debitori morosi. Al Fondo stesso, quindi, è stata subito battaglia. Il comunicato del G7 insiste che l'aumento delle quote è adeguato a conferire al Fondo «la centralità dell'economia mondiale». Ma il Terzo Mondo teme di essere sacrificato all'Est europeo. Con le nuove quote, alle spalle degli Usa si collocheranno Germania e Giappone con il 6,6%, poi la Francia e l'Inghilterra con il 5,5%, infine, nell'ordine, l'Arabia Saudita, l'Italia (con il 3,4%) e il Canada. La Cee avrebbe ancora una quota superiore al 25%, equivalente a un potere di veto. Il ministro del Tesoro Guido Carli, parlando al termine della riunione, ha detto che «l'accordo sulle quote è stato sicuramente il fatto più importante di una lunga discussione». Carli, che ha partecipato al G7 con il governatore della Banca d'Italia Carlo Azeglio Ciampi, ha aggiunto che «bisogna stabilire un collegamento tra l'aumento del capitale e l'azione intesa a ridurre l'arretrato dei Paesi Membri, mantenendo una pressione affinché tutti gli associati assolvano i loro impegni» con l'organizzazione. Carli ha anche confermato che i Sette hanno parlato di Giappone: «Con toni più sereni, perché i margini di stabilità sono aumentati». Ennio Carette

Persone citate: Camdessus, Carli, Carlo Azeglio Ciampi, Ennio Carette, Guido Carli, Mulford