Il trionfo dei «lumbard »

Il trionfo dei «lumbard » Il trionfo dei «lumbard » «Andreotti dovrà abituarsi al vento delle Leghe» MILANO. «Speriamo di non aver esegerato: troppe foglie su un albero rischiano di soffocarlo...». Non esulta il vincitore, non stappa e non brinda: «Ho solo spinivi e gingerino». Ma Umberto Bossi, 49 anni, fondatore e segretario della Lega Lombarda, senatore e sicuro consigliere comunale o Milano, non riesce a trattenersi: «Andreotti, con il Ponentino di Roma, pensava di essere abituato al vento. Non aveva previsto questo vento del Nord e adesso si dovrà mettere il pastrano anche d'estate». A bassa voce: «Non ci fermano più». Ad ogni novità dai seggi, la mano destra picchia sull'avambraccio sinistro: «Tié!». Che sorpresa anche pr Bossi. «In Lombardia mi aspettavo un 12, massimo un 15 per cento». E invece è quasi il 20. Secondi («attenzione, non siamo un partito, siamo un movimento») in Lombardia. Quarti in Italia. Secondi in città come Bergamo, Brescia. Como, Pavia. Primi in grossi centri come Vigevano. A metà pomeriggio, nelle quattro stanze della sede milanese, guardando «Tclelombardia», ascolta i primi commenti. «Per governare la regione non abbiamo bisogno della Lega...», dice un socialista. «Povero ragazzo», commenta Bossi. Ha ragione lui: non ci sono i numeri né per il pentapartito né per altro. Le buone notizie, per Bossi e la Lega, erano arrivate già un'ora dopo la chiusura dei seggi. «A Menarola, provincia di Sondrio, un paesino di 38 votanti, 17 voti alla de, 2 al psi, 2 al psdi e 15 a noi. Ottimo inizio». Bossi si toglie la giacca con il distintivo di Alberto da Giussano. Conferma da Zogno (Bergamo): 45%. Bossi si allenta la cravatta bianco rossa, i colori della Lombardia. E via cosi fino alla prima proiezione di «Lombardia Informatica»: 19,4%. «Puntavamo a 9 consiglieri regionali, per avere impiegali, telefoni, uffici. Ne avremo almeno 15». E adesso? «Tutti dicono che non vogliono governare con noi, ma siamo noi i primi a dire che non vogliamo entrare in nessuna giunta. In molti piccoli paesi non ci siamo presentati proprio perché poi avremmo dovuto governare. A meno che Roma non cambi noi resteremo all'opposizione». E da Roma, per la Lega intesa come «centralismo» e «partitocrazia», si attende un segnale: «Ad esempio che dica sì all'autonomia impositiva delle regioni». Proclama Bossi: «Se Boma ha un progettino si può discutere, altrimenti me ne vado al mare, all'opposizione ad aspettare». Il pomeriggio più bello di Umberto Bossi è segnato dai fax che arrivano dalle 44 sedi lombarde e dalle telefonate dei cinque alleati della «Lega Nord». Chiamano quelli di «Piemont»: «A Torino 6%, in provincia il 10». Quelli dell'«Uniun Ligure»: «7 per cento». La «Liga i veneta»: «6,3». Voce imbaraz¬ zala dall'«Alleanza Toscana»: 0,9. La «Lega Emiliana Romagnola»: «3,3 in regione, a Reggio Emilia il 4,7». Qui Bossi ha uno scatto: «Si sfonda anche dai rossi! Alla Lega Nord risponde tutta l'area industriale che vuole l'autonomia contro il centralismo. E alle prossime faremo la Lega Sud!». Brevi valutazioni sull'andamento del voto. «Si mangerà le mani Andreotti, perché certe posizioni non le terranno a lungo. A Craxi va bene, perché ha più interesse a modificare le cose. I nostri interlocutori più credibili sono i socialisti, proprio perché sono i più interessati al movimento, a rimettere in gioco il quadro politico». E mentre parla, Bossi ha le spalle appoggiate ad un enorme poster con «Crak-si» in stivaloni, camicia nera e mazza enorme in mano che urla minaccioso: «Allora, dove sono questi della Lega Lombarda?». Ancora una volta la Lega ha colpito e stupito. «Noi non siamo un movimento di protesta. Al contrario del Verdi, che non hanno organizazione e pagano con scontri e faide, noi siamo movimento organizzato». Vuol dire, sotto un manifesto che grida «Lombardia per te è pronta l'accusa di razzismo!», che non hanno mai perso un voto, «solo gli uomini che non rispettavano le regole dell'organizzazione». Regole ferree, stabilite da Bossi. Che prevedono la lettera di dimissioni in bianco sottoscritta da tutti i candidati della Lega. Che prevedono, per il 20 maggio, a Pontida, il giuramento di tutti gli eletti. «Pontida è luogo sacro, per noi». Bossi teme quel che è già successo senza fortuna. «Al nostro deputato Leoni hanno offerto una consulenza da quattro miliardi. A me, se me ne andavo, ne davano 50». Il 20 maggio a Pontida, dove sia Craxi che Bossi hanno aperto la loro campagna elettorale. Solo che il psi è passato da 216 a 206 voti. La Lega da 9 a 441. Conclusioni: «Le elezioni politiche anticipate non ci interessano, ma se Roma le vuole sarebbe l'ideale. Non ci ferma più nessuno». Giovanni Cerniti Festa grande. Il leader della Lega, Umberto Bossi, con alcuni collaboratori