Carapellese aspetta il si de Andreotti di Massimo Gramellini
Carapellese aspetta il si de Andreotti Carapellese aspetta il si de Andreotti Povero e malato il calciatore degli Anni 50 Chiesta Vapplicazione della legge Bacchelli ROMA. «Uuel Carappa li pare di averlo lasciato in una pagina corsaresca del Salgari o in un verso guasconesco del P.ostand. Che so. una delle tigri di Mnmpraceni, uno dei cadetti di Ciru no. superbiosi e generosi, vaio rosi e altezzosi, di tutto lolle ranti, fuor che della mosca sul naso». Il ritaglio di giornale porta la data dell'8 luglio 1950 e la firma di Bruno Hoghi, artista del giornalismo sportivo. Riccardo Carapellese, dette •Carappa». all'epoca un idolo degli stadi, e oggi solo un povero grande vecchio con la notte nel cuore e il futuro aggrappalo ad un gesto di Andreotti. che nelle prossime settimane dovrebbe assecondare la richiesta del vice-presidente della Camera Alfredo Biondi, concedendo all'ex attaccante del Torino il vitalizio previsto dalla legge Bacchelli Le parole di Roghi riscoprono la fotografia ingiallita di una storia che si e interrotta definitivamente allora. Emigralo dalla foggiana Cerignola, Carapel lese si scopri campione a Torino, con la maglia granata. Al Milan trovò la gloria, insieme alle prime polemiche, ispirate da un carattere bizzarro cronache di notte galanti e di fughe dai ritiri. Poi lo schianto di Superga l«l.a notizia mi colse a Madrid. Passai la notte seduto in una poltrona, nella hall dell'albergo Non potevo crederci». Bisognava rifondare il Toro e Carapellese tornò al primo amore per poi seguire un destino che per un anno si chiamò Juve e per altri quattro Genoa, prima dell'ultimo valzer, balla¬ to in serie B con il Catania: 315 partite, 112 gol; 16 volte nazionale, altri 1 2 gol. «La manovra di Carappa nasce, muore e si conclude allo stato di invenzione. Perciò è irripetibile. Se tu avessi modo di marcare col gesso sull'erba il percorso della sua azione ti accorgeresti che a un'idea di gioco apparentemente uniforme e costante corrisponde una varietà di disegni, di tracciati e di ghirighori». Nell'immagine di «Carappa» lanciato in gol c'è già il presagio della sua vita futura, piena anch'essa di troppi, tremendi «ghirigori». Daniela, sua figlia. Una battaglia perduta irrimediabilmente. Carapellese e a Terni, fa l'allenatore, ma decide di smettere e, su consiglio della moglie, trasferisce la famiglia a Rapallo: li, forse, Da¬ niela troverà la pace. Si è provato di tutto ed è scappata anche da San Palrignano. Sì, sembra che stavolta ce la possa fare. Poi arriva la notte che nessuno vorrebbe vivere mai, con la sveglia che indica le 4 e la moglie che dice: «C'è la luce accesa in camera di Daniela, vado a vedere». Attimi di silenzio, poi l'urlo «Riccardo, corri!». Scatta, come ai bei tempi, ma al traguardo non c'è un pallone da buttare in gol e la corsa si smorza davanti a un ritratto di morte. «Il tiro finale è la risultante di una gimeana di andate e ritorni, di rettilinei e di svolte, di burla e di imbrogli». La Musa di Roghi adesso è un uomo finito. L'ultimo «imbroglio» glielo combina il fisico: la gamba sinistra è colpita da una forma precoce di artrosi che l'intervento chirurgico riesce a debellare solo con l'ausilio di una protesi. I medicinali hanno stordito la memoria, lasciandogli vaste zone d'ombra. Scomparsa Daniela, resta Massimo, il primogenito, ma capita di sentirlo dire: «Quanti figli ho? Non ricordo, chiedete a mia moglie. Lei è molto precisa su queste cose». Riccardo Carapellese ha sessantotto anni e forse anche il diritto di chiedere ancora qualcosa a questa vita davanti al cui mistero nessun aggettivo può rappresentare una risposta giusta, definitiva. Il vitalizio previsto dalla legge Bacchelli (fino a un massimo di cento milioni l'anno) è una triste ma doverosa onorificenza di cui tanti grandi personaggi hanno già beneficiato: dallo scrittore per cui fu varata fino alla musicista Gatti Aldovrandi e, nello sport, allo sciatore Zeno Colò, all'ostacolista Facelli, al pugile D'Agata e al calciatore Colaussi, campione del mondo negli Anni Trenta. Carapellese ha una storia non meno intensa delle loro, nella gloria come nei patimenti. Non gli servono avvocati. Possono bastare le ultime righe dell'articolo di Roghi: «La partita, per un tempo interminabile, è soltanto sua, di Carappa, e il potere che esercita sui compagni e sulla folla è tale che il gol, quando viene, chiama l'abbraccio e desta dal sogno». Massimo Gramellini
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