Divorzia perché il marito lavora troppo
Divorzia perché il marito lavora troppo SVIZZERA -x^mvi Ixri non sopportava più di essere trascurata, aveva già chiesto due volte la separazione Divorzia perché il marito lavora troppo Per i giudici federali la professione vale meno della famiglia BERNA. Da Losanna, sede del Tribunale Federale, la massima istanza giudiziaria, giunge una sentenza che potrebbe scuotere la proverbiale tranquillità delle famiglie elvetiche: se il marito lavora troppo la moglie può chiedere - ed a questo punto ottenere - il divorzio. Con relativi obblighi alimentari per il consorte più dedito alla carriera che al focolare domestico. In un Paese dove si inizia a lavorare alle sette del mattino, si pranza alle 11 e si torna a casa non dopo le 16, il supermanager che rientra alle 20 d'ora in poi dovrà stare attento a non urtare la suscettibilità della moglie. Altrimenti rischia di trovarsi di fronte ad un tribunale. il caso è nato nel cantone di San Gallo, tra Zurigo ed il confine austriaco. Lei, straniera, vi si era trasferita sette anni fa al seguito del marito, tre anni dopo il matrimonio. E a San Gallo erano nati i due figli. Lui, dirigente, aveva dedicato sempre più tempo al lavoro, fino al punto di giungere «a rincasare tardi, verso le 19, trattando la moglie come un oggetto, mettendo i piedi sul tavolo e mostrandosi poco disponibile per la famiglia» come si legge nella sentenza. Colpe gravi che gli sono costate il divorzio. Era stato chiesto invano due volte dalla moglie al tribunale di San Gallo, concesso infine dai giudici di Losanna. Il codice di famiglia svizzero prevede tuttora - nonostante un recente aggiornamento una precisa divisione dei compiti: il marito porta a casa i soldi necessari per mantenere la famiglia, la moglie accudisce gli eventuali figli e si occupa dell'andamento domestico. Se all'uomo vengono richieste ore straordinarie di lavoro la donna - in linea di massima deve far buon viso a cattivo gioco, sopportare in silenzio il super-impegno del capofamiglia. Restare sola, nel corso della giornata, più a lungo del previsto, sacrificarsi per il successo professionale del suo uomo. Perlomeno quando la sua occupazione è quella tanto denigrata di «casalinga». In questa ottica i giudici di San Gallo (un Cantone non lontano dall'Appenzell Interno di fresca celebrità per il rifiuto di far votare le donne) avevano respinto per due volte la domanda di divorzio inoltrata dalla donna, nonostante l'opposizione del marito. Anzi, avevano chiesto alla signora «donna intelligente e di carattere» - di meditare meglio sulla sua decisione. A Losanna invece i supremi magistrati hanno ritenuto che la signora avesse subito fin troppi torti. La professione è importante - questo il senso della loro decisione - ma la fa¬ miglia lo è altrettanto nelle ore non impegnate dal lavoro. L'equilibrio della coppia non deve essere turbato dai «pensieri» del marito ed i figli hanno il diritto di essere accompagnati nella loro crescita da un padre affettuoso. Se così non accade, l'eccesso di lavoro può essere considerato motivo legale di divorzio. La signora - anonima come esige il segreto istruttorio svizzero - ottenuto il divorzio è ripartita per l'estero con i due figli. Voleva essere considerata «una vera donna dotata di un cuore, di un'anima e di una sensibilità». Non ci era riuscita ed era entrata in uno «stato depressivo». Ora potrà rifarsi una vita, per usare una formula di rito. Forse con un uomo che non rincasi dopo le 17 e che la tratti con la dovuta sensibilità. E che soprattutto non parli solo di lavoro. [e. st.)
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