Firenze assediata vola per guarire i suoi mali

Firenze assediata vola per guarire i suoi mali Firenze assediata vola per guarire i suoi mali Immigrati, turisti, sviluppo urbano: partiti divisi tra sì e no FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO Sono andati tutti via, i neri, dal centro di Firenze, anche Assad che girava solo con una scatola di cartone piena di accendini, quattro occhiali da sole nelle tasche e uno specchietto retrovisore rubato da un camion. In alcuni posti, dove c'erano loro, hanno messo i cartelloni per le elezioni del 6 maggio. Secondo la questura sono 16.243 gli extracomunitari della città. Non se ne vede più nessuno. Si vota, e Firenze s'è ripulita. «Non siamo mai stati tranquilli come in questo momento», dice il sindaco, Giorgio Morales, socialista, «anche se sappiamo benissimo che con questo problema dovremo ancora fare i conti». Eppure, adesso che Firenze proba e opulenta ha riconquistato la sua immagine perbenista e bottegaia, e i vicoli del centro pattugliati dai carabinieri sono stati restituiti alla lo¬ ro antica verginità; adesso che il cuore della città è stato riconsegnato ai bianchi che riempiono le piazze con il naso all'insù e la guida turistica in mano; proprio adesso che sono scomparsi gli ambulanti, questa Firenze industriosa e rassicurata non riesce a nascondere la sua faccia più desolante e avvilita. Alla fine, il male profondo di Firenze sembra un altro e sembra irrisolto, appartiene alla sua antica, stupenda immagine mercificata, prostituita. E svenduta. Non ci sono più gli africani in giro per le stradine, con i loro tappetini e le loro false Vuitton, con le loro cianfrusaglie da barattare per cinquemila lire, ma la città oggi pare invasa dai turchi, assalita, depredata, ed è come se questa immagine fosse più evidente proprio ora che un esercito venuto da fuori l'ha appena liberata dai neri. Le gite scolastiche da Castellammare di Stabia, da Pinerolo, da Modena affollano disordinatamente gli Uffizi, e gruppi di turisti sfiancati e barcollanti si stringono dietro i cartelli di raccolta. «Temiamo più le gite degli studenti che i marocchini», afferma Leonardo Domenici, segretario cittadino del pei. «Firenze è distrutta da questo, dal turismo di massa». E Gianni Conti, capolista della de alle elezioni: «E' vero, anche il turismo di massa contribuisce a creare questa sorta di città mediorientale che sta nascendo sugli splendori lasciati all'incuria, e che forse è già nata per la mancanza di certezze che la smarrisce, per la mancanza di governo, per questo senso di cialtroneria che l'ha invasa». E' come se la festa collettiva fosse stata rovinata da amare sorprese. Firenze non guarisce, e la sua ricchezza comincia a costare troppo. Uno dei tre raggruppamenti verdi, quello dei Verdi progresso, propone addirittura un referendum per «un numero programmato della residenza e della ricettività urba¬ na». Da una parte, «soluzioni abitative per non più di 450 mila persone», e dall'altra «un piano dell'ospitalità che regoli opportunamente i flussi migratori e turistici». Un demografo, Luigi De Marchi, e un cantante, Riccardo Del Turco (ricordate?, «luglio col bene che ti voglio...») spiegano il referendum: «Bisogna fermare l'alluvione demografica, la densità demenziale delle popolazioni nei Paesi industrializzati». E Giorgio Del Plato, capolista: «Questo referendum viene dipinto come razzista. Ma è un'offesa assurda. Noi vorremmo un numero di abitanti chiuso senza distinzione di razza e di cultura». Normale, in fondo, che alla vigilia del voto non manchino le suggestioni contagiose. Quello che stupisce e che sembra più difficile da spiegare, invece, è «l'indifferenza che circonda la campagna elettorale», come annota Domenici, «pur se non mancano segnali di nervosismo diffuso, di tensioni profonde. Basta pensare al caso Baggio, ad esempio, ma anche agli episodi di frammentazioni corporative che contraddistinguono queste elezioni, al tentativo di qualcuno di rappresentare Firenze come una Chicago Anni 30». E poi, alle divisioni che accompagnano quasi tutti i partiti alla vigilia del voto. Dai comunisti, separati da molteanime, quelli del fronte del no, quelli di Occhetto, quelli d'accordo sul progetto della Fiat Fondiaria a Firenze, quelli che l'hanno bocciato; ai repubblicani che presentano in lista Giovanni Ferrara, figura seria e illuminata, ma uri po' in contrasto con l'immagine conservatrice che s'è data il partito, soprattutto durante la vicenda degli extracomunitari; e il psi, diviso sulla legge Martelli ma costretto ad allinearsi dietro il sindaco, Giorgio Morales: «Ho avuto un vasto consenso dell'opinione pubblica per certe scelte di cui mi sono assunto la responsabilità. Chiesi l'interven to del ministro dell'Interno per una maggiore presenza della polizia. Ho avuto ragione: sono scomparsi dalle zone più calde della città lo spaccio della droga degli africani e i piccoli episodi di criminalità». Eppure, nonostante le incertezze, nonostante l'indifferenza della gente, e nonostante l'a- ristocratico isolamento degli intellettuali (dal filosofo Eugenio Garin allo storico Franco Cardini, al giurista Paolo Barile), che non entrano quasi più nel dibattito e nella vita politica locale, a Firenze il 6 maggio si gioca una partita importante, per risolvere le contraddizioni di una città, un po' paesone provinciale e un po' persa nei suoi sogni di metropoli, con il dibattito sull'aeroporto da ingrandire o no, con i miraggi di grande espansione, con la sua dimensione internazionale e l'incredibile invasione di turisti (7 milioni all'anno). I neri non c'entrano più, adesso. C'è il problema della casa («Ci sono 7000 appartamenti sfitti», informa l'assessore Fabrizio Bartolini, «gli sfratti esecutivi sono 6500, quelli eseguiti 3500»), c'è lo sviluppo a Nord Ovest della città, un progetto per ventimila case, ci sono altre strade da inventare. Pierangelo Sa pegno Il sindaco Morales: ho avuto ragione a chiedere maggiore presenza della polizia, nelle zone calde sono scomparsi gli spacciatori neri.