Le feste tradite

TAMBURI m LATTA TAMBURI m LATTA Le feste tradite Rifondare il 1" Maggio Il L divenire è il divenire, il tempo mangia la vita e la storia mangia se stessa, e l'uomo il suo simile, e I tutto finisce poi ricomincia, eccetera eccetera eccetera... Ed ecco, là, quelle due feste stanche, crudelmente ingombranti, che tornano, che s'incalzano .. Chi c i libererà dalla Liberazione? Chi ci libererà dalla Festa del l M'oro'! Per un paio d'anni, non di più fin pare, siamo stati, ricordati"1 con la lietana non festiva... Un respiro, in quella rovente fornace natalizia, in quell'asfissia mortale del regalo forzato e dell'esodo implacabile verso Alpi colore di sterco secco spruzzate di cloro e ammoniaca per< he ci si vada a storpiare e verso coste puzzolenti sotto un sole in capricorno che ci accarezza come un Ccrnobil senza eroismo di |x>mpien un respiro niente più Befana, un giorno qualunque.. Ma Vaticano, sindacati e turismo non hanno avuto pace tinche non ce l'hanno nsiringata bene la loro barbuta deerepita tutta nodi artriti11 lietana E rtee mia in ros&o sui calendari, dono non di un bigotto ma di un cinico dei più famosi, Bettino Cnuù, che certo non va a messa quel giorno! Nel mondo ugualitario dominato da due o tre conformismi micidiali e comuni a tutte k- nazioni, la festa è quel che c'è di più morto: la surroga un teschio, che rum è quello del messila no Jt ttuicrtas, su cui \ ariano le denominazioni e le date; i significati sono perduti, insieme al ricordo Chi vuole ricordare riapre quel «.he rimane di più vivo nelle nostre case mortificate: il libro. Ma religiose o civili le feste conservano un barlume di aroma e di vitalità a condizione che restino giornate feriali, che non diventino strumento passivo di ponti, che non svuotino le città, che non se ne impadronisca l'orrenda industria del vacare obbligatorio... Come festa di minoranza, che resta in neretto sui calendari, va benissimo Kippur, va bene anche la fine del Ramadan; come vanno bene, in altri paesi, le feste degli altri: il li luglio è delizioso in Italia, in Germania, in Svizzera; il 25 dicembre è salutare a Kioto, l'Epifania una meraviglia a Pechino; il Primo Maggio non saprei dove, perché è una piaga festiva universale: ditemi un luogo dove non si fa il Primo Maggio e ci vado in pellegrinaggio. Solo a Parigi è bello il Primo Maggio perché c'è la vendita libera del mughetto, un attimo di frescura, sebbene occorra anche li sborsare per avere un sorriso, ma a volte si può averlo gratis, con un po' di arte e di fortuna. In Italia i cortei di bandiere rosse coi cartelli di rivendicazione sono da anni una funebre impostura, l'occasione per omelie paleoclassiste che il sindacalismo e la sinistra riproducono per clonazione — chi mai può avere ancora tanta pazienza di stare là a fare da ricettacolo di quelle filippiche del nulla, chi tanta riserva di molla da mettersi ad applaudire a pile scariche, non ricaricabili dal soffio impetuoso delle tribune di piazza San Giovanni, San Carlo, Un* tfiiau i M Un* tfiiau i M Carlo III, Duomo... Allora lo facessimo feriale, il Primo Maggio? Se lo rifondassimo, feriale e diverso? E anche qui col mughetto di kalendimaggio? (Il garofano è il meno bello dei fiori). Un Primo Maggio nel quale a non lavorare fossero esclusivamente, per gesto primaverile, le donne, dai diciotto a un po' oltre i quaranta (difficile, questo, da regolamentare). E col diritto di vendere mughetto ed altro, camomilla, calendula, erba gatta, liqucrizia, valeriana, borraggine, malva, candele, miele, libri di versi (non proprii), di fare concertinuli con ogni specie di strumenti nei portoni, nei conili, nei luoghi di lavoro, nelle chiese, nelle caserme, nelle stazioni, e la facoltà di abbandonarsi al movimento sul trapezio e la corda, con la rete o senza, al di sopra del traffico, tra cornicioni opposti, di fermare gli autobus e i tram per baciare il tranviere, di mangiare gratis nelle trattorie, di non pagare ai muse*o, di ilano afTtndomam delta Liberazione far use tre i bambini dalle si noie, di inventare... D'inventare qualsiasi cosa purché - - purché tacciano dimenticare al mondo il torvo mondo degli uomini, itegli uomini con cravatta, degli uomini che .fanno da padella sotto ai demoni del rock, degli uomini barbuti e storicamente rincoghoniti... Ad aprile in verità Pasqua e Lunedi di Pasqua possono bastare: è già di troppo il Lunedi, che un tempo non era festivo! Ma poi, subito avvinghiati, 25 aprile e Primo Maggio, sono un colpo di catch da proibire! Quei due ti minacciano, ti fendono... Lacerano la trama dei giorni, impediscono, costringono a rinviare... Liberarsene varrebbe quasi, se non fosse riproduci, una festa di liberazione. Le feste civili cominciano con le rivoluzioni moderne, l'americana, la francese; da noi le hanno create Risorgimento, fascismo, socialismo, movimento partigiano. Cadute le risorgimentali e le fasciste, sono rimaste le due in questione, ufficiali da quarantaquattro anni, non molti ma moltissimi, data l'accelerazione forsennata del tempo. Tali anni li dovremmo contare come quelli del cane: per la psiche collettiva ciascun anno a partire dal 1940 ne vale sette, dunque 25 aprile e Primo Maggio sono vecchie di trecento-otto anni, più vecchie del 14 luglio francese e del 4 luglio americano: non sono un po' troppi? Se abbiamo abrogato il 4 marzo (Statuto Albertino) e il 4 novembre (resa austro-ungarica) computabili in tempi non moltiplicati dall'accelerazione, perché tenere in calendario fe¬ ste che, nella memoria psichica, risalgono a più di tre secoli addietro per la loro origine, quantunque vivano ancora parecchi di quelli che possono dire (anch'io tra questi) «io c'ero»? Per chi c'era fu certo un momento importante, ma chi c'era non ci sarà più, e nel frattempo è invecchiato di secoli. Se l'argomento «accelerazione» apparisse sofistico, convocherei i migliori atleti del filosofare (tutti hanno la loro Accademia in prossimità delle redazioni) intorno a quest'altro. Non soltanto la rasatriceustione consumistica, il disboscamento delle anime, sono responsabili del degradarsi, dello sradicarsi dalla memoria profonda collettiva delle feste cristiane: la decristianizzazione e oggi in rapporto (come per mille anni lo è stati, la cristianizzazione) coH'unificarsi irresistibile (lo dico senza nessuna allegria) del pianeta. Tale unificazione è accompagnata tacitamente da una modificazione del senso del tempo, ihe lo smantella cometempo lineare unico progressivo, centro di tutta la teologia, antropologia, teleologia, e-scatologia cristiana, comedelie loro, già diSperse, appendici ! illuministe e marxiste. Al Duemila è anche possibile che ci arriviamo, ma accorgendoci che non è più tale e che invece di entrare in un pomposo Terzo Millennio entreremo in un eone sconosciuto, uno tra innumerevoli, e molto più miserabile degli altri Allora a interrogarci, egregi filosofi: lo manteniamo, questo computo cristiano di un Tempo riapparso crudamente ciclico, pagano, platonico, gnostico, paleo-occidentale, orientale, cabbalistico eccetera, lo manteniamo per disperata volontà di finzione sebbene abbia perso e non ne resti che un muro, un incerto muro, comequello di Gerusalemme? E poiché le nostre feste civili (il Primo Maggio è, chiaramente, il parallelo cripto-cristiano del 25 dicembre) si collocano tutte nel solco lineare, specie quelle di contenuto messianico, se tale modo di concepire il tempo si vanifica è inevitabile che, anche loro, cadano. Toglietegli di sotto lo sgabello turistico e sindacale e spenzoleranno col cappio stretto, in solitudine. Ma tutto questo costa, costerà sofferenza, perché gli eventi oscuri sono i più dolorosi. Col tempo ciclico bisogna averci vissuto una vita, tenendo l'altro per gli appuntamenti e le malinconie del ricordo, perché duole di più, sebbene sia l'unica verità possibile intorno all'/wxorabile tempus. Potremmo, finché si resta un pezzo di iìmma vagamente cristiana più o meno italofona, aggrapparci alla data della morte (essendone incerta la nascita maggiolina) dell'unico Profeta che sia uscito dalla terra italiana: Dante, morto il 14 settembre. Potremmo dichiarare festivo, al posto del 25, il 15 di aprile, in cui una povera ragazza vinciana partorì Leonardo. Eccellente anche il 4 di ottobre, nascita di Francesco d'Assisi. Le nascite di certi uomini somigliano molto a delle epifanie. Guido Ceronetti