SCEGLIENDO TRA LE MOSTRE

L'IMPORTANZA DI ESSERE NAIFL'IMPORTANZA DI ESSERE NAIF LI hanno chiamali «pittori d'istinto», «maestri popolari della realtà», «neoprimitivi», «instancabili recensori del meraviglioso quotidiano» ed in altri modi ancora. Sono i «naifs», quegli artisti affascinanti, senza scuola, radici, caratteri comuni se non quello dell'attrazione per le origini, «l'oscuro e il primordiale», come aveva detto Paul Klee, e «un'inguaribile nostalgia per il bello e per il vero», come sosteneva nel 1958 il critico Anatole .lacovsky, uno dei primi teorici. Indefinibili, autodidatti di umili origini - con qualche eccezione ricchi di un mondo interiore, fatto di segni in apparenza infantili, ma curati ed elaborati come quelli dei maestri fiamminghi o dei miniatori mediocvali. La mostra «Arte naif italiana» (Vecchio Palazzo Comunale, sino al 6 maggio), accompagnata da un piccolo documentato catalogo (ed. Opus libri), ne raccoglie una ventina tra i più rappresentativi, classici, cioè della prima generazione del '900 e contemporanei. Dal mantovano Pietro Ghizzardi (1906-1986), una delle figure emblematiche della «naiveté» padana, presente con una vistosa Figura di donna, ad Antonio Ligabue (1899-1965) con una semplice Farfalla, da Orneore Metelli (1872-1938), rappresentato da una nitida Processione nel duomo di Terni, la sua città, al parmense Nello Ponzi (1897-1984), prima bottegaio e poi pittore di piccoli boscaioli tra neve e muli, all'estroso Luigi Pera (1900-1975), che riversa l'infanzia agricola in scorci di pecore al pascolo. E poi tanti altri con i loro mondi di sogno: vivaci e squillanti marine meridionali di Carmelina Alberino (Capri 1920), lavandaia e pittrice per caso, curiosi e tozzi personaggi di Maria Andruszkiewicz (Verona 1891-1988), che comincia a dipingere a 73 anni, giostre di cavalli di Ferruccio Bolognesi FIGLINE VALDARNO Alberino: «M (Mantova 1924). piazzette me tafisichc di Bernardo Pasotti (Milano 1910), paesaggi tersi di Astarita. composizioni contadi ne di Gruziolina Rolunno. Scopo della mostra, come spiegano i curatori, lo storico Dino Mcnozzi e il critico cecoslovacco Arsén Pohribny, è quello di riproporre un campione autentico e rigoroso del fenomeno «naif» in Italia, dopo anni di incomprensioni, mode, cadute di mode, dimenticanze. L'arte naivc, italiana ed europea, non ha avuto la vita facile. Nasce ufficialmente in Francia all'inizio dell'800 (forse anche prima), nel clima della riscoper la della scultura negra e del primitivo. In Italia affiora tra il '20 ed il '30 del '900, in sordina. Gli artisti - bottegai, artigiani, qualche volta intellettuali - lavorano per conto proprio, quasi sempre in campagna ed in provincia, fuori dalle correnti e dall'accademia. Usano materiali poveri, cartoni, compensati, fuliggine, vernici. La critica si accorge di loro solo vent'anni dopo, dal '45 al '60: mostre, libri, teorie. Ma la vera sorpresa è l'ampia antologica di Ligabue a Reggio Emilia nel '65. Uno choc per tutti. Ma ecco, subito dopo, la degenerazione, la moda. Molti si improvvisano «naifs», nascono così decine di «pseudonai'fs», che invadono gallerie e inflazionano il mercato. Responsabile anche, sottolinea Pohribny, il Premio Nazionale Luzzara, istituito nel '67, che concorre a trasformare «ciò che prima era raro e prezioso in merce consumistica». Il risultato: lo scarno manipolo dei naifs veri viene sopraffatto. Ma dagli Anni 70 una serie di iniziative (associazioni, fondazioni, riviste come «L'arte nai've» fondata da Dino Menozzi e amici, libri ed enciclopedie, come quella mondiale dell'arte nai've, curata da Bihalji-Merin e Tomasevic) tentano di riportare il fenomeno allo spirito originari. La mostra di Figline si inserisce in questo filone. rina Piccola» Maurizia Tazartes Alberino: «Marina Piccola»

Luoghi citati: Capri, Figline Valdarno, Francia, Italia, Mantova, Milano, Reggio Emilia, Verona