La casa di Wallis degli scandali

La casa di Wallis degli scandali Parigi: a quattro anni dalla morte, visita al «santuario» della Simpson La casa di Wallis degli scandali Usuo mito resiste ai libri pettegoli PARIGI DAL NOSTRO INVIATO La primavera nel suo pieno tinge di colorì accesi le siepi che incorniciano il cancello verniciato in nero. Sonc sparite le lanterne sormontate dalla corona reale. Per il resto, la casa, nel cuore del Bois de Boulogne, è tornata al suo splendore. Nei prati circostanti i cavalli sono condotti al maneggio. Non manca il cicaleccio, quasi un pigolio, delle signore che vanno al golf o al campo di polo. Quattro anni sono trascorsi da quando si spense qui Wallis, duchessa di Windsor, vedova di Edoardo, che per amor suo abdicò al trono d'Inghilterra nel 1936. Ieri, 29 aprile, ricorreva l'anniversario della sua sepoltura a Windsor, quando fu posta a riposare per sempre accanto al marito. Rinfrescato l'intonaco della facciata, spiccano le quattro colonne che sostengono il terrazzo con la ringhiera di ferro che ripete l'ornato dei balconi. Quattro gradini e si è al piano rialzato. Già proprietà del Comune di Parigi e abitato per pochi mesi da De Gaulle nel dopoguerra, l'edificio nasconde l'eleganza dell'interno. Ora è di quel chiacchieratissimo Mohamed Al-Fayed, il miliardario egiziano proprietario del Ritz a Parigi, di Turnbull fr Asser, il celebre negozio di cravatte a Londra, e di Harrods, pure nella capitale britannica. Al-Fayed ammirava la duchessa e non gli è parrò vero di poter mettere le mani sul suo «santuario», forse con la speranza di scoprirvi ancora qualche segreto. Riparando il bagno^ da un'intercapedine era venuto fuori tempo fa un mezzo archivio fotografico con immagini insolite e inedite, non solo dei Windsor ma anche di tutta la famiglia reale britannica, foto anticonformiste che hanno fatto la felicità dei giornali. Ma al di là di questo ritrovamento, Al-Fayed cercava — e forse cerca ancora — la chiave segreta che tutti hanno invano creduto di possedere, e che spiegherebbe la storia d'amore infinita tra Wallis e il suo re, dal loro fatale primo incontro a Burrough Court, residenza di campagna di Lady Furness, a Melton Mowbray, nel Leicestershire, il sabato 10 gennaio del 1931. A quattro anni dalla scomparsa della duchessa, Al-Fayed ha potuto aprire la casa del Bois con compiacimento, affinché i fotografi potessero ammirarla e riprenderla da ogni scorcio. Le immagini più suggestive sono quelle di Norman Parkinson, che ha portato con sé la splendida modella Dianne perché col suo sguardo sognante facesse rivivere, per quanto possibile, il personaggio di Wallis. Nel salone, il ritratto di Edoardo eseguito dal Gunn; uno molto simile è a Londra, a Buckingham Palace. Alle pareti il contrasto discreto dei tendaggi; la luce del parco indora i soprammobili e fa splendere gli argenti. Sul sofà sono rimasti i cuscini cremisi fatti con un'ampia veste cardinalizia. Wallis sorride da un ritratto, pure del Gunn, che la mostra al tempo delle nozze, con un abito a maniche corte. Su un tavolino, nell'angolo a destra, scorgiamo un ritratto della regina Vittoria e di altri membri della famiglia reale, molti di Edoardo Vili, il re che non venne incoronato. Tra le porcellane di Meissen, statuine di cani, come i Carlins, tanto cari ai duchi. Wallis aveva un gusto particolare nel dare loro un nome; Trooper, Disraeli, Imp, Davy Crockett. La duchessa, comprensibilmente attratta dall'amore proibito fra Margaret e Peter Townsend, una storia così simile alla sua, aveva dato a un buffo cagnolino il nome del colonnello Townsend. Qualche angolo della casa spicca nel volume che ha appena visto la luce anche in Italia; è per amatori e ricalca il precedente edito da Flammarion, Windsor, les bijoux d'un roman. John Culme e Nicholas Rayner sono gli autori del nuovo The Jewels ofthe Duchess of Windsor, edito dalla Vendome Press in collaborazione con Sotheby's. La traduzione per l'Italia è di Idea Book. Così, ancora Wallis Simpson ed Edoardo, nella prospettiva delle meraviglie di cui si circondarono. All'inizio di aprile del 1987, a Ginevra, si preparava l'asta di Sotheby's. Quella vendita è rimbalzata dal catalogo d'asta a un volume curato da Nicholas Rayner — già stilista di Chaumet, poi di Carrier a Parigi, prima di entrare da Sotheby's nel 1975, la casa per la quale avrebbe aperto l'ufficio di Ginevra — e John Culme, che ha lavorato per il catalogo quale ricercatore. Pagine illuminate dalle pantere e dalle tigri di Carrier, una minuziosa storia dei gioielli reali dall'ascesa al trono di Vittoria, nel 1837, fino a oggi. Sono i preziosi che sarebbero stati di Wallys se fosse diventata regina. Oggi appartengono alla Corona e a Elisabetta. Risplende a tutta pagina la spilla di diamanti che si aggiudicò Liz Taylor per 349 mila sterline, all'incirca 700 milioni di lire. Dalle pagine così ricche di immagini s'intuisce bene come Edoardo, non avendo potuto deporre sul capo di Wallis un diadema reale, l'abbia sommersa di gioielli, diventando così uno dei clienti più corteggiati da Carrier e da Van Cleef. Ma la considerazione più inevitabile è che Wallis, in questo anniversario, sia del tutto vincente, come non mai. Con La Scandaleuse Duchesse de Windsor, presentato come libro-bomba, è difficile dire che cosa si prefiggesse il suo autore, Charles Higham. Forse una requisitoria per abbattere un mito. Ha sfoderato documenti tratti, spiegava, dagli archivi dell'Fbi e dell'Intelligence Service, per dire, a chiare lettere, che la duchessa era un'«awenturìera dell'amore»; aveva fatto pratica di erotismo in una speciale «casa» cinese; che ingannò il primo marito perché era brutale e sedusse il secondo in una sola serata; che venne messa incinta da Ciano, il genero di Mussolini, e a ventmove anni era stata «compromessa» in un traffico di droga, ma non è tutto: in fondo, secondo Highan, Wallis non amava Edoardo. La sua era solo una calcolata finzione. Highan ovviamente ignorava la massima di Wellington per il quale, quando si vuole sbriciolare un mito, occorre magari insinuare qualcosa di terribile, ma non esagerare; in caso contrario non si otterrà che di farlo risplendere ancor di più. In Inghilterra il libro non ha fatto troppa impressione. All'estero, anche in America, hanno presto concluso: «Però, che temperamento quella Wallis. Qualcuno l'aveva detta frigida e legnosa. Edoardo, con la sua aria un po' sorniona e miope, aveva invece intuito il tipino». Più pungente ed efficace era stato Iles Brody con il documentato Gone with the Windsor (ricalcava nel titolo il film ma in italiano Via coi Windsor non suona altrettanto J)ene) edito, non a caso, nel 1953, anno dell'incoronazione di Elisabetta II. Un'altra sensazione è che non vi siano più sorprese per i biografi. Sull'amore infinito degli Anni Trenta tutto è stato ormai detto. Restano ancora film e telefilm. Di questi sì, ne arriveranno ancora. Un abbondante «feuilleton» è stato mandato in onda dalla tv francese con il titolo Le grand amour du Due de Windsor, di Warris Hussein. Lui era impersonato da Edward Fox, lei, la duchessa, da Cyntia Harris e come rassomiglianza è ben più convincente di altre attrici. Al Bois de Boulogne la villa è silente. Sono uscite di scena le persone che componevano la «piccola corte» di Wallis. Fra i domestici Gaston Sanegre e l'autista spagnolo Gregorio Martin, così generoso nell'offrìre aneddoti, che ci raccontava di quando, nell'agosto del 1961, in vacanza a Venezia, scendendo all'albergo Gritti, Wallis ed Edoardo fossero trasecolati vedendo che il consolato inglese aveva messo a loro disposizione un motoscafo dal nome «Elizabeth». Ricordi di ieri, sfumati di nostalgia. Renzo Rossotti Wallis Simpson e il duca di Windsor, nel giorno delle nozze, al Castello 4i Candé (foto di Cecil Beaton)