Forlani: non sono io a far cadere i governi di A. Rap.

Forlani: non sono io a far cadere i governi Il leader de replica alle accuse degli alleati: per me Goria e De Mita potevano durare di più Forlani: non sono io a far cadere i governi E Craxi rilancia le riforme istituzionali: i tempi sono maturi ROMA. Fermi tutti e attenti a quel che dite: e il perentorio altolà che Arnaldo Forlani ha rivolto agli alleati che sostengono sempre più di malavoglia il governo Andreotti. Il repubblicano La Malfa aveva detto appena ventiquattro ore prima che il suo partito potrebbe anche star fuori dal governo, dopo le elezioni. Il socialista Martelli aveva aggiunto che o si rifà il programma o si fa un altro governo. A tutti, il segretario democristiano risponde: «C'è tra i nostri alleati anche chi sembra non aver altro proposito se non quello di mettersi in rotta di collisione con la de». Al solitamente tranquillo Forlani non deve essere piaciuto affatto che il vicepresidente del Consiglio, Claudio Martelli, lo abbia accusato (senza nominarlo esplicitamente) di intossicare la campagna elettorale con «suggestioni irrazionali» e parlando di pena di morte. Così, ha deciso di replicare ed anche pesantemente. Lo ha fatto giocando di contropiede, attaccando a fondo dopo che i suoi alleati-avversari si sono sbilanciati in avanti nella loro fase di attacco. Craxi dice che le divisioni interne della de sono la causa della instabilità dei governi? «Io so che i governi non li faccio cadere, ma li sostengo: fosse dipeso da me, quelli presieduti da Goria e De Mita sarebbero andati avanti più a lungo. Anzi, probabilmente non ci sarebbero stati neanche due governi, ma uno solo», risponde Forlani in una intervista al Corriere della sera. La spinta alla caduta del governo De Mita venne prima dal congresso del pri e poi da quello socialista, dice Forlani a Craxi. Tutto questo per concludere che il governo Andreotti non si tocca. Ce n'è anche per il liberale Altissimo, che ha parlato di «ricatto democristiano durato quarant'anni». E, in un colpo solo, il segretario democristiano ha fatto una mossa che sollecita l'orgoglio di partito e riporta unità in famiglia, dando riconoscimenti a De Mita, avversario di un tempo, e garanzie ad Andreotti, alleato dell'oggi. Craxi ha tenuto ieri un comizio in un cinema romano ma ha evitato ogni replica e qualsiasi attacco alla de, tenendosi sulle generali. Il suo slogan è stato: «L'Italia merita di più e di meglio», e lo ha illustrato parlando della «divisione e frantumazione in cui versa la classe politica». Per Craxi è sempre centrale il problema delle riforme istituzionali «mature da tempo e appoggiate dal consenso della pubblica opinione». Il tema è certamente maturato ora che incombe la possibilità che la riforma del sistema elettorale la facciano gli stessi elettori per mezzo dei referendum abrogativi per i quali si stanno raccogliendo le firme. Sotto la pressione dei referendum tutti i partiti si stanno ormai occupando con solerzia del problema delle riforme con un appena accennato dialogo triangolare. C'era una convergenza di idee tra comunisti e sinistra de. Ora si è aperto un dialogo tra socialisti e comunisti. Con piacere, Martelli rilevava ieri che dopo tante incomprensioni «il pei si dimostra disponibile». Dalla sponda de, forte della insperata copertura polemica datagli da Forlani, anche De Mita è sceso in campo contro i socialisti, specie contro Craxi, per negare che in questa legislatura non si possa combinar nulla di buono perché c'è la de al governo. Si può dedicare la seconda parte della legislatura alle riforme, dice De Mita, con un iniziale chiarimento sul tipo di sistema che si vuole adottare per l'Italia. [a. rap.]

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