«Dimenticare Verona» di Curzio Maltese

«Dimenticare Verona» «Dimenticare Verona» Ma la paura di atti folli è grande MILANO _ DAL NOSTRO INVIATO Dai palazzi del potere berlusconiano Adriano Galliani porta il messaggio dell'imperatore: dimenticare Verona. Il numero due del ramo calcio della Fininvest riunisce la truppa prima del pranzo, come per la preghiera. Dimenticare Verona. Come se fosse facile, anche in questa vigilia di una finale comunque «pesante», contro la Juve. Ai cancelli di Milanello si sono ritrovati per la veglia i cento tifosi dell'altro giorno, con lo stesso lugubre striscione nero: «Bologna e Caf venduti, Milan solo contro tutti». Arrigo Sacchi l'altro giorno non aveva parlato. Arriva all'una, scortato da Ariedo Braida. Saluta tutti e si piazza davanti ai taccuini. Comincia dalla formazione anti-Juve. Maldini e Gullit a riposo, Ancelotti non recupera. Va avanti in fretta a parlare del resto, senza aspettare domande. Ci vuole poco a capire perché. E' una furia, un elastico teso, una pistola carica. Basterebbe sfiorarlo per vederlo esplodere mandando in frantumi tutta Milanello, come in una scena di Zabriskie Point. «Io spero che in questa partita con la Juve vinca il migliore. Ho sempre creduto che il calcio fosse questo, anche se talvolta mi vogliono far ricredere. Noi quest'anno partecipiamo a cinque competizioni. Una c'è andata male, le altre ancora no. Ma dobbiamo stare molto attenti a non cadere nel vittimismo, nella dietrologia e nell'avvilimento». Lo ripete un paio di volte, così ci crede anche lui. Non dev'essere facile per l'ex rappresentante di scarpe assurto ai fasti di divo in virtù d'una solida religione del lavoro ingoiare il rospo di uno scudetto scippato. Controllarsi è dura. Per esempio, alla domanda fintamente ingenua: ii Napoli meritava lo scudetto? Sacchi risponde: «Chiedetelo al pubblico di Napoli se l'ha meritato. Mi pare che durante l'anno loro abbia- no dato una risposta. Io posso soltanto dire che il Milan ha raccolto applausi ovunque e il Napoli fischi. Forse ci sbagliamo tutti, ma siamo in buona compagnia». Tira un attimo il fiato e le parole. Confiderà più tardi di «aver voglia di dire cose per cui sarei squalificato a vita». Invece: «Noi non dobbiamo fare i Don Chisciotte. Chi vuol vedere ha visto, chi vuol sapere sa. Chi non vuol vedere e sapere, continui come prima. Questa storia mi ricorda un altro episodio amaro, di qualche anno fa, quando mancai una promozione senza sapere bene il motivo. Me lo spiegarono due anni dopo». Rapida ricerca negli armadi del calcio e spunta lo scheletro del campionato di serie CI 1984-85. Il Rimini arriva terzo dopo le promosse Vicenza e Brescia, più tardi coinvolte nell'ennesimo scandalo per illecito sportivo. Basta? No, Sacchi va avanti, sempre per frasi trasversali, combattuto tra la voglia e la ragione: «Stavamo tentando una cosa difficilissima, vincere tutto. Avevamo bisogno di fortuna e comprensione. Non abbiamo avuto né l'una né l'altra. Anche questo è calcio? Chissà, magari hanno ragione loro. Sono sempre più convinto che nel '92 smetterò e mi divertirò, assai di più di ora, dalla tribuna». Arriva poi Galliani a esaurire le ultime scorte di veleno. Una promessa, quella di non parlare di Verona, quasi mantenuta. Se non per una piccola frase: «A Napoli ora sostengono che con i due punti di vantaggio, la sentenza sul caso Alemao è ininfluente. Io dico che questa, è un'offesa all'intelligenza di chi parla e di chi ascolta». Il resto, poco, apre le porte a questa finale di Coppa Italia. Dimenticare Verona, ricominciando a vincere subito, anche se la Juventus «è Una mina vagante, non sai mai chi fermare. E' l'unica squadra che quest'anno ci ha messo sempre in difficoltà», parola di Franco Baresi. Non ci saranno Gullit, Maldini_e_Ancelotti_._Ma_son^^ dieci i reduci di Verona. E òttantatremila spettatori, terzo anello compreso. Qualcuno con la voglia di farsi notare troppo. Nella sede di via Turati da due giorni arrivano telefonate strane o folli. Con discrezione il Milan ha chiesto alla questura il raddoppio della vigilanza intorno allo stadio. Curzio Maltese