Finita la prigionia dei due italiani
Finita la prigionia dei due italiani Uno dei tecnici, sposato con una genovese, resta con la giovane moglie africana Finita la prigionia dei due italiani Rapiti nove giorni fa dai ribelli della Liberia GENOVA. Sono liberi e stanno bene i due tecnici italiani rimasti bloccali per nove giorni nella regione di Nimba (Nord-Esl della Liberia), in un cantiere all'interno della foresta controllata dai guerriglieri che combattono il governo di Samuel Doe. Amilcare Chiarcna. 56 anni, di Cogorno, centro sulle alture di Chiavari, è da ieri al sicuro presso l'ambasciata italiana di Abjdgjan, in Costa d'Avorio. Arnaldo Zeno, 50 anni, originario di Civitavecchia, residente per anni a Genova è rimasto invece in Liberia. Quello di Zeno è un piccolo giallo che ha forse la sua spiegazione in un doppio matrimonio. Il tecnico in Italia ha sposalo Maria Salis, che vive tuttora nel centro storico genovese, ma in Liberia si è unito 7 anni fa con una cugina del presidente Samuel Doe e figlia di un senatore della Liberia. La donna si chiama Betty, ha 23 anni, da lei Zeno ha avuto 5 figli. I due tecnici sono dipendenti della «Flamingo Logging Corporation», una ditta liberiana impegnata nello sfruttamento del legno. Non si tratterebbe di un sequestro. Lo stesso Amilcare Chiarcna, contattato telefonicamente presso l'ambasciata di Abjdgjan, lo ha smentito: «Non si può parlare di sequestro. Sì, siamo stati presi dai ribelli e controllati a vista. Ci sono stati momenti di tensione, poi le cose si sono normalizzate. E siamo stati addirittura protetti dai Nimba, che non volevano ci succedesse qualcosa di male». Gli stessi ribelli gli avrebbero chiesto se voleva «andare all'estero» e alla sua risposta affermativa, lo avrebbero accompagnato sino al confine con la Costa d'Avorio. Da qui, per mezzo di bus e con l'aiuto di italiani del posto, il tecnico di Cogomo avrebbe raggiunto Abjdgjan e quindi la nostra ambasciata. Non è ancora chiara, invece, la posizione dell'altro dipendente italiano della «Flamingo», Arnaldo Zeno. Ha spiegato Chiarena: «Il mio collega è rimasto con i ribelli, di sua volontà». Secondo il fratello, Raffaele Zeno, la posizione di Ar¬ naldo potrebbe essere condizionata proprio dal matrimonio con la cugina del presidente Doe. Il tecnico originario di Civitavecchia, però, sembra fosse anche in rapporti confidenziali con i guerriglieri. Su Arnaldo Zeno, non dice di più nemmeno l'ambasciatore italiano in Costa d'Avorio, Daniele Occhipinti: «So soltanto che è Ubero e che è rimasto in Liberia di sua volontà». In un primo momento, secondo fonti dell'ambasciata italiana in Liberia, si era pensato che il 12 aprile i due italiani, impegnati a guidare una carovana di camion partita dal campo base di Wantu e diretta a Monrovia, fossero stati attaccati dai ribelli nella foresta. Una parte del convoglio sarebbe riuscita a superare il blocco, mentre l'altra, con Chiarena e Zeno, sarebbe caduta nelle mani dei rivoltosi. Ma dalle parole dette al telefono da Amilcare Chiarena, sembrerebbe più probabile che i due tecnici siano stati sorpresi da un'azione di guerriglia, di¬ rettamente all'interno del cantiere. Inutili tutti i tentativi per saperne di più. «E' una storia lunga da raccontare. Difficile da spiegare», ha detto Chiarena. Sembra certo che non ci sono altri italiani nelle mani dei ribelli e che non c'è immediato pericolo per la ventina di connazionali che prestano servizio nel campo di lavoro della «Flamingo». «Qualche problema laggiù c'è, ma non sono in pericolo», ha confermato ancora Amilcare Chiarena. Lo stesso Chiarena ha dato la notizia della sua liberazione alla moglie ed alle figlie, aspettata con ansia per nove lunghi giorni a Cogorno. Racconta la moglie Fiorella: «Mio marito mi ha telefonato a mezzogiorno. Mi ha detto che è ad Abjdgjan e che sta bene. Ha ripetuto che non devo preoccuparmi perché tornerà presto». Sino a ieri sera, però, non era ancora certa la sua partenza da Abjdgjan. Problemi di documenti d'italiano ne era sprovvisto) e di un posto sull'aereo diretto a Milano Malpensa. [f. p.l
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