Sarò tenore e vincerò l'angoscia di Masolino D'amico

Sarò tenore e vincerò l'angoscia Roma, al Trianon «Concerto Gigli» di Thomas Murphy, con la regia di Daniel Quinn Sarò tenore e vincerò l'angoscia Psicoanalisi e belcanto ROMA. L'amore per la parola parlata ha sempre contraddistinto il genio celtico, e il gagliardo contributo dell'Irlanda al teatro di lingua inglese (Congreve, Sheridan, Goldsmith, Wilde, Shaw, Synge, O'Casey, Behan, Beckett: e non li ho detti tutti) sta lì per dimostrarlo. Ma da quando la verde isola è una repubblica indipendente, ai suoi autori è venuta a mancare la cassa di risonanza del West End; e per essere informati sul molto che avviene a Dublino occorre andarci apposta. Benvenuta quindi l'iniziativa intitolata Teatro Irlanda, che fra altre attività sta curando con buona dignità l'allestimento di alcuni testi recenti e rilevanti. Questo fa capo al teatro Trianon di Roma, dove l'anno scorso si è visto «Il guaritore» di Brian Friel, e dove l'altra sera è andato in scena «Concerto Gigli» di Thomas Murphy, diretto dall'americano Daniel P. Quinn e interpretato da Gianfranco Varetto, Glauco Onorato e Alessandra Mida. Filo conduttore di questo lavoro è, come ricorda il titolo, la voce del grande tenore italiano, vagheggiato da uno dei personaggi come inattingibile culmine di purezza e di controllata emozione; e in effetti l'amore per il bel canto è una delle più diffuse manifestazioni artistiche dell'animo irlandese, vedi il caso di Joyce, che fu buon cantante dilettante e padre di un aspirante cantante professionista. Ma i richiami a Joyce di questo «Concerto» sono più numerosi, e anche più sottili di questo. Così come 1'«Ulisse» raccontava una giornata a Dublino rifacendosi momento per momento a personaggi e episodi dell'«Odissea», la commedia di Murphy (n. 1935; il testo è dell'83) allude in continuazione al «Faust» di Goethe. Nel «Faust» come si sa un anziano sapiente è visitato da un Tentatore, che gli sciorina davanti varie offerte, fra le quali quelle dell'amore e della giovinezza. In Murphy il protagonista è tale J.P.W. King, inglese quarantottenne e apostolo di un sedicente movimento di dinamitologia, che collocandosi fra la mistica e la psicanalisi promette di utilizzare costruttivamente le cariche atomiche dei candidati; ma privo di clienti, costui vegeta attaccato alla bottiglia in uno squallido appartamentino-ufficetto, donde telefona regolarmente a un amore impossibile, a nome Elena, e dove si congiunge, affettando indifferenza, con Mona, adultera incontrata in un supermarket. Nel suo covo piomba ora Mefistofele, ossia un ricco costruttore che inopinatamente lo copre di denaro in cambio di sei sedute terapeutiche. Costui, che rimarrà innominato (Murphy lo indica come Man), e che incarna l'aggressiva volgarità dei nuovi ricchi irlandesi, è italiano d'origine e ha un'aspirazione divorante, nella quale intravvede la sola possibilità di annegare le sue angosce, quella di potere un giorno cantare come Gigli; e di Gigli si porta dietro le registrazioni, che fa ascoltare al distratto e dapprima quasi indifferente guru. Alla fine delle sei sedute e degli otto quadri di cui si compone il lavoro, però, la situazione si ribalta. Il visitatore ritrova la pace con se stesso e torna dalla moglie, rinunciando ai sogni canori; mentre King, abbandonato definitivamen.e da Elena, e anche da Mona, che deve entrare in clinica per curarsi il cancro (dopo questa rivelazione King ha scoperto di amarla), effettua un elaborato suicidio a base di pillole e di gin, nel momento culminante del quale si sente come sgorgare dall'ugola il canto sublime dell'angelo di Recanati. Fino a questa conclusione l'azione è consistita quasi soltanto di schermaglie verbali a due, fra King e il suo misterioso paziente, ovvero fra King e Mona, schermaglie talvolta sorrette dalla classica eloquenza irlandese, ma piìi spesso evaporanti in una fumosità reminiscentc dell'ormai abusato, fantomatico teatro dell'assurdo. Questo, unito al ristagno della situazione, mi ha fatto trovare le tre ore dello spettacolo molto lunghe. Mentre la mia curiosità per il dettato dell'autore scemava, continuavo comunque a ammirare il lavoro dei due interpreti maschili, in particolare di Varello, che dà del suo inglese irlandesizzato e alla deriva una lettura intelligente e non priva di ironia, evitando i consueti eccessi degli attori italiani quando devono bere in scena. Onorato gli risponde con presenza e autorità; mentre ad Alessandra Mida è sembrato mancare qualcosa (ma fórse il personaggio non è del tutto realizzato, in un'intervista l'autore confessa che qualche regista ha tentato di eliminarlo del tutto). Diligente con qualche calco di troppo la versione di Rosangela Barone; attento e plaudente il pubblico. Masolino d'Amico Glauco Onorato nello spettacolo Subito dopo il debutto l'attore è stato colto da malore

Luoghi citati: Dublino, Irlanda, Recanati, Roma