Un Bonaparte croato a colpi di voti vuole cacciare i serbi di Tito Sansa
Un Bonaparte croato a colpi di voti vuole cacciare i serbi Domani primo voto multipartitico Un Bonaparte croato a colpi di voti vuole cacciare i serbi ZAGABRIA dal nostro inviato Dieci anni fa, il 4 maggio 1980, moriva il maresciallo Tito. Da allora molto ò cambiato in Jugoslavia. La Federazione si sta sbriciolando, i sussulti nazionalistici sono ora terremoti, le rivolte etniche sembrano inarrestabili. Cominciò la Serbia, sotto la guida del «Voivoda rosso» Slobodan Milosevic, per dominare il Kosovo, ha continuato la Slovenia con minacce di secessione e con le libere elezioni che due settimane fa hanno dato la maggioranza agli indipendentisti. Ora è il turno della Croazia, la secolare rivale della Serbia, che domani voterà per la prima volta liberamente per eleggere un Parlamento democratico. E pensare che appena quattro mesi fa, fino al congresso comunista del 15 dicembre, la Croazia era in mano ai comunisti dogmatici. Sono 34 i partiti che si presentano ai tre milioni e mezzo di elettori della repubblica, dall'Ungheria fino alla Dalmazia meridionale, Ma soltanto tre formazioni contano: l'ex partito comunista di Ivica Racan, che ora si chiama della riforma, la coalizione di (lodici partiti di centrosinistra guidata da>',li ex comunisti signora Savka Dapcevic-Kucar, Mike Tripalo e Dragotin Harainijo (tUtt'O tre r,ir ciati da Tito perché nel 1971 organizzarono la il ioli rivolta nazionalista nòta còme • primavera croata»); la alle.ni za democratica croata dell'ex generale Franjo Tudjman, che ha trascorso iti prigione sette anni per ribellione. Le tre formazioni hanno gli stessi obiettivi, la riforma della Costituzione croata per stabilire la sovranità della repubbli ca, la autodeterminazione con possibilità di secessione. l'in grosso nella «casa Europa» Sono cosi simili che molti elettori si domandano come mai due delle compagini (quella della signora Savka e quella di Tudjman) non si coalizzano per sconfiggere l'avversario comune comunista. «E- da escludere - dice Haramija, ex primo ministro a Zagabria - la differenza tra noi c i seguaci di Tudjman sta nel "modo". Vogliamo le stesse cose, noi in maniera ragionevole, loro in forma radicale, che non esclude la violenza. Noi siamo per il dialogo, loro per l'attacco. Abbiamo la simpatia della Chiesa cattolica come dimostra la firma di alcuni prelati sotto un manifesto sottoscritto da 350 intellettuali». L'ex generale Franjo Tudjman non raccoglie firme ma applausi nelle adunate oceaniche. 0 anche i fischi degli oppositori, come è accaduto la settimana scorsa a Pisino, in Istria, quando Tudjman, come usa al termine di ogni comizio, ha agitato un ramoscello d'olivo e ha liberato una colomba bianca, inviando un messaggio di «pace e amore ai fratelli serbi». Quelli rimasti in Serbia, naturalmente. «Decidiamo da soli del futuro della nostra Croazia» è infatti lo slogan del suo partito, l'allontanamento dei serbi (che costituiscono l'I 1 per cento della popolazione in Croazia) è tra i suoi obiettivi. «I turchi hanno lasciato da tempo la Serbia - dice irridendo ai serbi fuggiti secoli fa in Croazia -, potete tornare senza paura a casa vostra». Ho intervistato il capo degli ultras croati negli spogliatoi del palazzo dello sport. L'ex generale era in tuta, aveva appena finito di giocare a calcetto (ha 65 anni portali straordinariamente bene) nella squadra del suo partilo opposta a quella comunista (e i suoi avevano vinto per 2 a 11. Siccome lui. Tudjman, è considerato il educe» dei croati che si oppongono l b Mil al serbo Milosevic, gli ho domandalo quale sarebbe oggi la sua politica se in Serbia non esistesse un Milo sevic. «La presenza di Milosevic non conta ha nspo sto senza esitare - Le esperienze falle du noi email dal I91K (unno della crea zione del «regno dei serbi, croati e sloveni», n d.r I fino ul 1945 c in seguilo non hai) no fatto cambiare la nostra opi mone lui Serbia tt.i sempre visto la Jugoslavia co me una grande Serbia, la sua opinione pubbli ca non ha inai i 1 accettato la nazione croata 1 serbi hanno .issassi nato nel iii.^h nel Parlamento di Belgrado il nostro leader Stephen Ra die e ora continuano a uccidere l'ito e a farlo a pezzi in olio re pubbliche e province» Ho provato a ricordare a Tu diman che durante l'ultima guerra i suoi croati non furono troppo teneri, gli Ustascia di Ante Pavalle sgozzarono decine di migliaia di serbi. Millanto peivhe tali, ina il generale ha continualo nella sua tirala (La Serbia ha dello non ha mai accettalo che esista una Jugo slavia tonnata da repubblii Infederali Ora si traila di lare una confederazione di Sluti so vruni Se non sarà possibile, è meglio che Croazia, Slovenia e anche la Serbia vadano da sole, ciascuna per conto suo, in Eu ropa». Per Ivica Racan. il giovane presidente del partito comunista riformato. Tudjman è un doppio pericolo. Lo è di per sé, perché è dubbio, se vincerà le elezioni, che i suoi seguaci accettino le regole democratiche, e perché fa il gioco del serbo Milosevic, il quale mira a creare una situazione di caos che giustifichi la proclamazione dello stato d'emergenza e l'intervento delle forze armate. «Rifiutiamo la logica che contro il Milosevic serbo occorra un Milosevic croato» dice con energia Racan. Tito Sansa Siotxxtan MilotCv<
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