Sica «condannato» all'amnistia di Roberto Martinelli

Sica «condannato» all'amnistia Non gli è stata notificata la citazione, il superprefetto non può chiedere giustizia Sica «condannato» all'amnistia Niente processo per le intercettazioni telefoniche ROMA. La pubblica accusa rinuncia a processare Domenico Sica e chiede che l'inchiesta venga archiviata. Motivo: l'amnistia cancella i due reati ipotizzati, l'usurpazione di poteri e la rivelazione di segreti d'ufficio. E' l'ultima puntata della telenovela che ha visto l'Alto Commissario per la lotta alla mafia inquisito per aver prelevato le impronte digitali sulle lettere anonime del presunto «corvo» di Palermo e aver comunicato i risultati della sua indagine al Capo dello Stato, al presidente della commissione parlamentare antimafia Gerardo Chiaromonte e al giudice di Palermo Giovanni Falcone. E' l'epilogo della solita commedia all'italiana? Dietro l'apparenza di una soluzione giuridicamente corretta si nasconde però una sconveniente operazione di Palazzo. Vediamo perché: i poteri che la legge attribuisce all'Alto Commissario sono eccezionali. Il Parlamento ha deciso di concederli perché la sfida della criminalità organizzala lo impone. Sica decide di usarli fino in fondo. In particolare: 1) crea un uf| ficio di tre magistrati per «leg; cere* gli atti dei processi di mal fia; 2) chiede alle procure com! petenti alcune centinaia di intercettazioni telefoniche preventive; 3) con uno stratagemma, discutibile sul piano giuridico, ma aderente alla logica dei superpoteri di cui dispone, rileva le impronte del presunto autore delle lettere anonime che gettano discredito sui magistrati più impegnati nella lotta contro la mafia. Sono tre errori madornali che, uno ad uno, si ritorceranno contro l'Alto Commissario. Il Consiglio superiore della magistratura prima autorizza poi revoca il permesso ai tre giudici. Le intercettazioni telefoniche, prima vengono concesse e poi bloccate. Infine il processo: l'inchiesta si conclude a tempo di record. Il pubblico ministero vuole che Sica vada sotto processo in tempi brevissimi e chiede che sia fissata una pubblica udienza. Il giudice del dibattimento l'accorda e stabilisce che il processo si tenga il 6 giugno. L'accusa ha quarantacinque giorni di tempo per notificare all'imputato il decreto di citazione a giudizio. Si tratta solamente di una formalità, ma è indispensabile affinché Sica assuma la veste di imputato. La fretta che ha caratterizzato la prima fase delle indagini si dissolve improvvisamente nel nulla. Le polemiche, violente, che hanno scandito la notizia dell'incriminazione dell'Alto Commissario inducono a qualche cautela? Il documento resta in un cassetto e la procedura si ferma. Intanto l'amnistia si avvicina. La Camera la vota il primo di marzo. Il 5 la trasmette al Se¬ nato, che il 10 di aprile la vara. Il Capo dello Stato è rapidissimo nel promulgarla. Il termine di quarantacinque giorni continua a scorrere implacabile. Alla vigilia della scadenza, il colpo di scena. L'accusa ci ripensa e invece di notificare a Sica la chiamata in giudizio, sollecita l'archiviazione. La richiesta è fatta quando l'Alto Commissario non è ancora imputato e quindi le indagini sono tornate al punto di prima. Come dire che Sica non è ancora parte nel processo e non può esercitare quel sacrosanto diritto che la legge riconosce ad ogni cittadino-imputato: quello di dire no all'amnistia e sì ad un processo pubblico dal quale emerga chiara la non colpevolezza. ' . Quello che accadrà ora ha poca importanza. Il pasticcio è fatto e l'opinione pubblica è stata gabbata. Nessuna persona in buona fede crederà ad un disguido o ad un contrattempo. L'amnistia è una delle manifestazioni del potere di clemenza dello Stato. La parola trae origini dal greco «amnestia» ed ha la stessa radice di amnesia. Lo Stato «dimentica» di esercitare l'azione punitiva. Ma in certi casi le dimenticanze non sono consentite, neppure quelle legittime, altrimenti fanno il gioco dell'antistato. Era un processo impossibile e occorreva avere l'umiltà di capirlo subito. Roberto Martinelli L'alto commissario Domenico Sica: l'amnistia cancella i due reati ipotizzati

Persone citate: Domenico Sica, Gerardo Chiaromonte, Giovanni Falcone, Sica

Luoghi citati: Roma