A Verona l'esperto antimafia di Francesco Grignetti

A Verona l'esperto antimafia A Verona l'esperto antimafia De Gennaro: così è scattata la trappola ai banditi ROMA. La felice soluzione del sequestro Tacchella è tutta in una fotografia, comparsa ieri di sfuggita sui giornali: si vede la piccola Patrizia in un'auto tra un ufficiale dei carabinieri e un dirigente della polizia, che parte alla volta di casa. E' il simbolo di un'operazione congiunta tra due corpi dello Stato da sempre in competizione tra loro. Non si distingue il volto dell'ufficiale in divisa accanto alla bambina. Si riconosce però il volto del vicequestore Gianni De Gennaro, responsabile del nucleo anticrimine di Roma. E' lui il «segugio» che il Viminale ha spedito a Verona per chiudere al più presto la partita. Lo ha spiegato lo stesso ministro dell'Interno Gava, l'altro giorno: «Avevamo in Veneto i nostri uomini migliori e i risultati si sono visti». Settantotto giorni è durato il sequestro di Patrizia Tacchella. E per quasi due mesi, i dirigenti del nucleo anticrimine, in stretta collaborazione con i carabi¬ nieri, si sono trasferiti a Verona e hanno seguito passo passo la trattativa. Hanno raccolto segnalazioni anonime, vagliato soffiate, controllato piste. «Ci sono voluti giorni di analisi spiega De Gennaro - per escludere la pista calabrese o quella sarda. Abbiamo concentrato l'attenzione sulla malavita del Nord e siamo riusciti a controllare ben 40 mila autovetture». Alla fine hanno imboccato la strada giusta, quella delle comunicazioni telefoniche. «Nella fase della trattativa - spiega De Gennaro - hanno commesso diversi errori; fin da venerdì scorso sapevamo chi erano i sequestratori». E infatti, papà Imerio nella prima euforica conferenza stampa dell'altra notte s'è lasciato scappare una frase rivelatrice: «Gli investigatori mi 'avevano detto che erano vicini alla soluzione e che potevo trascorrere una Pasqua tranquilla». Non erano parole vane, quelle dette da De Gennaro. Le intercettazioni telefoniche restringevano l'area da battere tra Liguria e Piemonte. Anche se nessuno al ministero dell' Interno, secondo la consegna del ministro, vuole raccontare qual è stata la prova decisiva che ha portato gli investigatori a Santa Margherita Ligure, si trattava di un indizio sicuro. E' certo, infatti, che gli agenti speciali dei carabinieri, specialisti in irruzioni, erano in stato d'allarme da due settimane. Ma chi è Gianni De Gennaro, l'uomo incaricato da Gava e dal capo della polizia Parisi di risolvere l'intricata matassa? E' il ragazzo prodigio della polizia: a soli 41 anni, dirige il nucleo anticrimine del ministero ed è il braccio destro del giudice Falcone nelle indagini antimafia. Al suo attivo può vantare alcune tra le maggiori inchieste condotte in questi anni: l'operazione «Iron Tower», condotta tra New York e Palermo, che portò all'incriminazione delle famiglie Gambino e Inzerillo; la «connection» del clan Cuffaro tra Sicilia e Colombia per il mercato della cocaina; il riciclaggio di narcotraffico delle famiglie Caruana-Cuntrera. E' insomma, De Gennaro, un investigatore abituato a combattere le famiglie mafiose. Ha avuto anche una parte di rilievo nella «gestione» dei pentiti. E' lui che è volato in Sudamerica, assieme a Falcone, per parlare con Gaetano Buscetta. E' sempre lui che è diventato amico di Salvatore Contorno e che lo ha convinto a raccontare i segreti di Cosa Nostra. Per il suo legame con «Coriolano della foresta», anzi, De Gennaro fu accusato dalle lettere anonime del Corvo di «strane manovre»: in pratica, di aver scatenato una vendetta sanguinaria tra mafiosi a Palermo. Contro questi specialisti - sia dell'anticriminine che dei carabinieri - la banda di dilettanti torinesi non ha avuto scampo. Francesco Grignetti