Pirelli punta sull'area del Pacifico di Valeria SacchiLeopoldo Pirelli

Pirelli punta sull'area del Pacifico Pirelli punta sull'area del Pacifico «Non ci interessa Uniroyal Goodrich» AMSTERDAM DAL NOSTRO INVIATO I vertici della Pirelli Tyre Holding, la società che raggruppa tutte le attività pneumatici del gruppo Pirelli, sono soddisfatti. I risultati del primo bilancio della holding indicano profitti saliti da 124 a 133 miliardi di lire ( + 8%), un cash-flow di 350 miliardi, vendite per 4342 miliardi di lire ( + 13%), che si riduce al 6% in termini omogenei, cioè tenendo conto della condizione di Amstrong, che era entrata nel bilancio 1988 solo per metà anno. Il tutto in un periodo difficile per il settore. Tra i concorrenti, i giapponesi della Bridgestone, dopo il boccone Firestone, hanno visto gli utili '89 ridursi del 76%, la Michelin ha chiuso un '89 meno buono del 1988, mentre Good Year ha registrato nel primo trimestre del 1990 un calo degli utili del 41%. Ha spiegato ieri Ludovico Grandi, amministratore delegato di P.T.H.: «Anche quest'anno prevediamo per Pirelli un aumento del 5% di vendite e profitti. Come? Nel mercato di oggi fa premio il mix di prodotti di alta qualità che noi offriamo. Miglioreremo servizi e produttività anche per compensare l'erosione del prezzi, e continueremo la politica di investimenti con un piano quadriennale che prevede entro il '92 una spesa complessiva di 1350 miliardi». Punti di forza restano il primo equipaggiamento (20% delle vendite) e la presenza dei pneumatici Premium (nella sola Europa i consumi in cinque anni sono passati dal 10-12 al 24%). Senza dimenticare i Giganti, che sono ormai un quarto della produzione Pirelli. Non teme la Pirelli l'ultima concentrazione alle porte, tra Michelin e Uniroyal Goodrich, ora al vaglio della commissione Usa per l'anti-trust? Risponde Grandi: «Noi non siamo contrari. La Uniroyal vende 2 miliardi di dollari ed è in difficoltà. In questa situazione rappresenta un pericolo per la concorrenza. A nostro avviso è meglio che vada sotto controllo». Se l'antitrust dirà no, Pirelli potrebbe acquistare qualche fetta del gruppo in difficoltà? «Non credo. Abbiamo investito pesantemente in Amstrong e non cambieremo le nostre strategie americane. Semmai, le nuove frontiere si chiamano area del Pacifico e Paesi dell'Est». In Urss è già stata firmata una lettera di intenti per una joint-venture nella quale Pirelli avrà il 30%: si tratta di un impianto che produrrà 5 milioni di pneumatici per vettura l'anno. In Egitto è ai nastri di partenza uno stabilimento per 300 mila pneumatici autocarro: la presenza di Pirelli è minima (10%), ma è il primo passo per una strategia destinata al Nordafrica. In Indonesia è stato ceduto know-how per un impianto chiavi in mano; in Thailandia, dove il gruppo italiano è già presente come Clernent con pneumatici da bicicletta, si pensa ad un accordo per pneumatici da vettura e moto (100 miliardi d'investimento), dove Pirelli avrà il controllo. Infine c'è l'Est europeodove sono in corso contatti per stringere alleanze. «In questi Paesi siamo ben conosciuti — ha spiegato Grandi — da anni lavoriamo in Ungheria con Taurus, e stiamo esplorando possibilità di joint-venture. Lo stesso vale per Polonia e Cecoslovacchia». Torniamo ai conti. Giuseppe Ferrari, direttore finanziario di P.T.H. ha spiegato che i debiti netti a fine 1989 erano pari a 964 miliardi di lire, contro i 1175 miliardi del 1988 (anno di acquisto di Amstrong), ma su un patrimonio netto salito da 1200 a 1745 miliardi, il che significa un rapporto patrimonio-mezzi propri pari a 0,55 la metà rispetto all'anno precedente. Sul fatturato, gli oneri finanziari sono invece saliti dallo 0,90 all'1,3%. «Riteniamo la situazione equilibrata, e siamo in grado di autofinanziare lo sviluppo» ha concluso Ferrari, il quale ha escluso nuovi aumenti di capitale. Valeria Sacchi Leopoldo Pirelli, il gruppo punta su Est e Pacifico Crescono utili (+8%) e vendite ( +13%) della PTH, la holding del settore «pneumatico»