Morto re delle evasioni

Morto re delle evasioni Giuseppe Piccini, condannato a quasi cent'anni di carcere Morto re delle evasioni Era riuscito a fuggire in canotto dati 'isola di Pianosa e da Porto Azzurro Ucciso da un infarto nella casa di Brescia, aveva chiesto la semilibertà Aveva la farcia da film, da gangster marsigliese: capelli scuri, un accenno di ciuffo ribello, sguardo intrigante, lab bra senza sorriso. E un curricu lum inquietante: due omicidi, una strage, multe rapine, due evasioni. Giuseppe Piccini negli Anni Settanta era stato un protagonista «nero» del crimine spavaldo, avventuroso e crudoIo; adesso si e arreso nell'oblio, portalo via da un infarto nella suu casa di Nave (Brescia). Una morte banale, a 54 anni. La vita, in fondo, lo aveva già doma lo da qualche tempo. Condannato a quasi cent'anni di carcere, era un «buon» detenuto a Treviso, per Pasqua aveva ottenuto un permesso e in settimana i giudici avrebbero dovuto esaminare la sua domanda di semilibertà. Nel '67 Giuseppe Piccini è un ragazzo di buona famiglia - il padre è industriale del ferro che ama le auto potenti e la bella vita. Ha un difetto: spende più di quanto gli passa papà ed è costretto ad arrangiarsi. Dalle rapine al delitto. Nel marzo del '67 uccide in una casa sul lago di Garda il filatelico Gian Battista Zani, con lui un complice d'alto rango, il conte Tebaldo Martinengo Cesaresco. Piccini viene prima condannato all'ergastolo, poi la pena gli è ridotta a trent'anni. Girovago delle prigioni finisce in una cella sull'isola di Pianosa, da dove sembra impossibile fuggire. Non per lui. Evade l'8 luglio 1974, assieme al milanese Walter Perotta e al compaesano Ermes Zanetti, su un canottino che la corrente aveva mandato ad arenarsi sulla spiaggia dell'isola. Per raggiungere l'Elba, lontana dodici miglia, i tre impiegano otto ore, rischiando più volte di annegare. Piccini compie però l'errore di tornare nelle sue terre e alla fine di settembre viene ripreso a Como, da una pattuglia della polizia e questa volta finisce a Porto Azzurro. Due anni dopo ci riprova, con successo. Sega le sbarre di una finestra della tipografìa del carcere, con un lenzuolo annodato si cala da un'altezza di sette metri, raggiunge la scogliera e il sentiero che lo porta in paese. E' settembre, l'isola d'Elba ancora invasa dai turisti. E Piccini si trasforma in un viaggiatore qualsiasi, sale sul traghetto per Piombino e sparisce. Torna a casa, mette insieme una nuova banda e, secondo quanto dimostrano i mandati di cattura, si lascia coinvolgere nel terrorismo nero. Il 13 dicembre '76, in piazzale Arnaldo a Brescia, esplode una bomba sistemata in una pentola a pressione abbandonata dentro una borsa. Muore l'insegnante Bianca Gritti Daller, dieci persone restano ferite. Per la strage Piccini verrà condannato a trent'anni, ma prima di cadere nelle mani delle forze dell'ordine lui e la sua «truppa» di disperati terrorizzano le province di Mantova e Brescia, causando ancora un morto, il brigadiere dei carabinieri Lorenzo Forleo. Giuseppe Piccini si arrende il 25 aprile del '77 in un albergo di Parma. Da allora esce di scena. Dario C resto-Dina

Persone citate: Bianca Gritti Daller, Ermes Zanetti, Gian Battista Zani, Giuseppe Piccini, Lorenzo Forleo, Tebaldo, Walter Perotta

Luoghi citati: Brescia, Como, Mantova, Parma, Piombino, Porto Azzurro, Treviso