La Slovenia ai secessionisti di Tito Sansa

La Slovenia ai secessionisti La coalizione conservatrice «Demos» formerà il nuovo governo La Slovenia ai secessionisti Ma per adesso Lubiana non divorzia LUBIANA DAL NOSTRO INVIATO Finalmente, dopo otto giorni di conteggi, sono stati resi noti il giorno di Pasqua i risultati delle elezioni per una delle tre Camere del Parlamento della Repubblica slovena, tenutesi domenica 8 aprile. Ha vinto la coalizione conservatrice secessionista dei sei partiti di «Demos», che ha conquistato il 54,8 per cento dei voti e quarantasette degli ottanta seggi, contro i tre partiti di sinistra che hanno ottenuto insieme il 37,2 per cento dei voti e trentuno seggi. I rimanenti due posti nella Camera di Lubiana sono andati, uno ciascuno, alle minoranze italiana e ungherese. Non ci sono state sorprese, soltanto una anomalia matematica: i due partiti, entrambi di sinistra, che hanno ottenuto il miglior risultato di tutti, l'ex comunista ribattezzato di rinnovamento democratico e l'ex lega della gioventù che disinvoltamente ha preso il nome di partito liberale (l'uno con il 17,3, l'altro con il 14,5 per cento dei voti) sono vincitori soltanto sulla carta ma perdenti nella realtà. Sono condannati all'opposizione, a meno che la confusa situazione politica della jugoslavia e il risultato delle elezioni di domenica prossima in Croazia, non consiglino di formare un governo di salute pubblica. Ma occorrerà anche aspettare i risultati delle elezioni per le due altre Camere. Considerata la lentezza con cui in Slovenia procedono i conteggi, il quadro completo della maratona elettorale si avrà appena alla fine del mese o addirittura ai primi di maggio. Trattative per la formazione del primo governo democratico in una Repubblica jugoslava sono intanto cominciate. Primo ministro dovrebbe essere un conservatore della coalizione «Demos», forse il democristiano Peterle, forse il democratico Rupel. Ma la coalizione di «Demos» da sola non ha la maggioranza dei due terzi necessaria per cambiare la Costituzione e ha perciò bisogno di un alleato, che potrebbe essere il partito liberale. Con esso non sarà però facile varare quelle riforme che sono in testa al programma dei conservatori: esercito sloveno, moneta slovena, politica estera slovena, cioè l'inizio della fine della Federazione jugoslava. Ma anche all'interno di «Demos» gli esponenti più saggi e prudenti (del partito dei contadini e dei Verdi) non mirano a tanto. Vorrebbero - si dice - ottenere la secessione dimostrativa della Slovenia «soltanto per un'ora» e poi decidere di ricongiungersi come confederati con le altre Repubbliche jugoslave. La secessione, in realtà, sono in pochi a volerla, anche perché sanno che all'estero non è gradita. Lo hanno fatto sapere a chiare parole il ministro degli Esteri italiano Gianni De Michelis e il cancelliere austriaco Vranitzky, ricordando che Italia e Austria, confinanti con la Slovenia, hanno firmato accogli con il governo di Belgrado, non con quello di Lubiana, e sono interessati alla stabilità di una Jugoslavia integra. Belgrado naturalmente è d'accordo e lo sono anche i politici più avveduti della Slovenia, benché ribelli alla capitale federale dalla quale giungono notizie preoccupanti che riguardano la provincia autonoma del Kosovo. Riferiscono due avvocati della difesa nel processo contro il comunista albanese Azem Vlasi in corso a Titova Mitrovica di essere «assai pessimisti» sull'esito del dibattimento. «Siamo convinti - hanno confidato ieri - che Vlasi e gli altri 14 coimputati verranno condannati a pene severe, tra i 2 e i 15 anni, benché innocenti». Le critiche di una commissione del Congresso degli Stati Uniti che nei giorni scorsi ha visitato il Kosovo condannando la politica «oppressiva» del serbo Milosevic e del kosovaro Morina hanno sortito l'effetto contrario di quello sperato. I due vetero-stalinisti di Belgrado e di Pristina si sono irrigiditi, premendo sui magistrati che Vlasi e gli altri vengano condannati. «Se ciò avverrà - dicono i due avvocati che vogliono non venire citati per nome - brutti tempi si preparano per il Kosovo». Tito Sansa

Persone citate: Gianni De Michelis, Milosevic, Peterle, Rupel, Titova Mitrovica, Vranitzky