La testa impagliata di Stefania di Franco Lucentini

La testa impagliata di Stefania Fruttero & Lucentini rispondono alla deplorazione dell'arcivescovo di Torino La testa impagliata di Stefania VENUTA dunque la sera dello scorso Venerdì Santo, l'arcivescovo di Torino monsignor Saldarmi ha pronunciato in Duomo parole di sdegnata deplorazione nei confronti nostri e di questo giornale, su cui era apparso la mattina stessa un articoletto satanico dal titolo «La Passione secondo Stefania», da noi firmato. Il presule, e a quanto pare un certo numero di lettori, l'hanno interpretato come una irridente parodia, un gratuito e volgare sbeffeggiamento della religione, e nostre precedenti esperienze ci dicono che, quando alle tue parole viene attribuito un senso diametralmente opposto a quello che tu intendevi, il miglior partito starebbe nel seguire la regola britannica: «Mai giustificarsi, mai spiegare». Se a tale aureo suggerimento veniamo ora meno, lo facciamo soltanto per rispetto verso quei lettori ai quali non sarà sfuggito che la nostra Stefania, lungi dall'essere figlia di un umorismo goliardico-blasfemo a noi del tutto estraneo, conta semmai tra i suoi maggiori il grande polemista cattolico Leon Bloy, il grande poeta cattolico T. S. Eliot («Siamo gli uomini vuoti, siamo gli uomini impagliati»), nonché più alla lontana le fustiganti prediche di padre Segneri (1624-1664), di S. Bernardino da Siena (13801444), le aspre tonalità usate da S. Paolo e da non pochi profeti biblici per scuotere gl'indifferenti, i superficiali, i tiepidi, gli appagati, i crassamente insediati nel loro particulare. Inventare un personaggio come Stefania, mettersi nella sua testa impagliata e raccontare la Passione nel suo orrido gergo teleturistico, nella sua ottica ormai obnubilata da immagini, desideri, merci, slo¬ gan, cliché di pubblicitaria e disperata vacuità, inventare insomma un'«evangelista» neppure più atea o agnostica, ma abissalmente inconsapevole, ci era sembrato un artificio letterario non soltanto rispettoso della Crocifissione, ma addirittura meritorio, un piccolo dono offerto su un piatto d'argento. Constatiamo un po' scoraggiati che il nostro, come i doni di Caino, è stato rifiutato in pubblico con orrore, quasi che «La Stampa», un giornale che ha sempre avuto tra i suoi collaboratori eminenti personalità della cultura cattolica, fosse di punto in bianco diventata «L'asino», il foglio di anticlericale memoria, e noi due un paio di scurrili mangiapreti fin de siede. Ben sappiamo che il dubbio figlio dell'umiltà, zio dell'intelligenza - non è fiore abitualmente coltivato nei giardini di ayatollah, generali, alti prelati, medio-alti funzionari comunisti (almeno fino a ieri). Ma una margheritina di perplessità avrebbe forse evitato a monsignor Saldarini di cadere in questo per noi molto offensivo equivoco. Perché tutto gli perdoniamo meno che di aver pensato che potessimo avere qualcosa in comune con Olindo Guerrini (1845-1916) e i suoi compagni di caffè in cappellaccio e cravattone nero. Uno scrittore d'oggi dotato di un minimo, non diremo di sensibilità religiosa ma di mera attenzione snobistica, preferirebbe essere accusato di collusione con la mafia. Ah, dov'è il padre Daniello Bartoli che aggiornerà per noi L'uomo di lettere difeso ed emendato (1645)? Carlo Frutterò Franco Lucentini La polemica A PAGINA 2

Persone citate: Bartoli, Carlo Frutterò, Daniello, Fruttero & Lucentini, Leon Bloy, Olindo Guerrini, Saldarini, Segneri, T. S. Eliot

Luoghi citati: Siena, Torino