GUERZONI A BERKELEY di Sergio Romano

GUERZONI A BERKELEY GUERZONI A BERKELEY //pei per gli Usa un oggetto misterioso IL primo comunista italiano che ha messo piede negli Stati Uniti dopo il Congresso di Bologna è Luciano Guerzoni, presidente della Regione Emilia-Romagna. Al Centro di studi europei dell'Università di California, a Berkeley, Guerzoni ha parlato del pei come di una forza della sinistra europea e del Congresso di Bologna come della svolta che preannuncia una «radicale trasformazione del partito». Ha ammesso il ritardo con cui i comunisti italiani hanno tratto le necessarie conseguenze dalla crisi del comunismo reale. Ma ha rivendicato la chiarezza e la coerenza con cui il partito è andato gradualmente perseguendo questo obiettivo dal memoriale di Yalta a oggi. Ha accennato infine alla possibile unione con il psi e con altre forze democratiche per la costituzione di un partito che spezzerà il monopolio quarantennale della democrazia cristiana e darà all'Italia, finalmente, la prospettiva di una salutare alternanza fra «governi conservatori e riformisti». A Berkeley, a San Franci■ sco e a Stanford, dove Guerzoni ha presenziato all'apertura di un colloquio'sul terrorismo, organizzato dall'Istituto Carlo Cattaneo di Bologna e dalla Hoover Institution for War and Peace, le considerazioni di uno dei maggiori esponenti del comunismo bolognese sono state ascoltate con attenzione e hanno provocato domande puntuali, ma ispirate a sentimenti di educata e rispettosa diffidenza. Benché il presidente della Regione Emilia-Romagna abbia tradotto le sue analisi nel lessico della democrazia americana, non sono certo che egli abbia convinto i suoi ascoltatori. La California non è uno Stato «campione» e gli interlocutori di Guerzoni non possono considerarsi rappresentativi dell'intera opinione americana. Ma l'accoglienza riservata alle sue parole mi sembra dimostrare che il partito comunista italiano resta ancora negli Stati Uniti un oggetto misterioso e ostile. Anche per gli esponenti più attenti e sensibili di quella piccolissima parte dell'opinione americana che segue con curiosità e passione le vicende europee, il pei è un partito ambiguo che ha saputo allentare i suoi rapporti con Mosca senza mai spezzare il legame che ancora lo unisce, con mille nodi personali e culturali, alla «patria del socialismo»; è un partito che si distingue dall'Urss ma finisce sempre per «fiancheggiare» le sue posizioni internazionali. Il convegno sul terrorismo a cui ho fatto cenno più sopra ha dimostrato che vi sono I ancora studiosi americani, I anche se d'impostazione par¬ ticolarmente conservatrice, per cui i movimenti terroristici degli Anni Settanta nascono tutti dalla costola del partito comunista. Le alte quotazioni di Gorbaciov sul mercato delle immagini e le riforme dell'Unione Sovietica non gli giovano. L'America può prestar fiducia al vecchio nemico perché i nuovi comportamenti le appaiono più convincenti e probanti di qualsiasi processo alle intenzioni. Ma continua a diffidare dei «cavalli di Troia» anche quando l'avversario ha levato l'assedio e proposto una tregua. Fra il nemico fuori casa e il nemico in casa corre una frontiera che gli americani non sembrano disposti a cancellare dall'oggi al domani. Questa diffidenza non dipende esclusivamente dalla persistenza di vecchi umori maccarthiani. Dipende in parte anche dalla straordinaria disattenzione con cui l'opinione americana segue le vicende dell'Europa occidentale. Secondo Stanley Hoffmann, direttore del Centro di studi europei dell'Università di Harvard, l'Europa, sino a qualche mese fa, era interamente scomparsa dall'occhio del radar. Vi è riapparsa nell'estate del 1989 grazie agli straordinari avvenimenti dell'Europa centroorientale. Ma l'attenzione con cui i migliori giornali americani seguono i fatti di Varsavia. Budapest e Berlino, ha reso ancora più fitta, per contrasto, la zona d'ombra in cui l'Europa occidentale è pressocché interamente immersa. Osserva ancora Hoffmann che questa parte d'Europa sembra interessare gli americani soltanto in occasione di avvenimenti catastrofici o imprevisti. La scadenza del 1992 e la creazione del mercato unico europeo, ad esempio, hanno colpito gli Stati Uniti proprio perché le vicende della Comunità erano rimaste per molto tempo nell'angolo morto della loro attenzione. L'apprensione di oggi è diretta conseguenza della negligenza di ien. Il partito comunista italiano soffre, nella percezione americana, d'una stessa sindrome. Ha un'immagine antica molto forte perché profondamente radicala nella memoria collettiva degli anni della guerra fredda e ha un'immagine nuova del tutto evanescente perché le vicende politiche dei Paesi dell'Europa occidentale, e in particolare dell'Italia, non trovano spazio neppure nei migliori giornali americani. La cosa non presenterebbe alcun inconveniente se l'opinione americana non fosse per certi aspetti «omologante» e se gli altri non finissero sempre per pagare, prima o dopo, il prezzo delle sue disattenzioni. Sergio Romano ino^J

Persone citate: Gorbaciov, Guerzoni, Hoffmann, Hoover Institution, Luciano Guerzoni, Peace, Stanford, Stanley Hoffmann