L'ascesa del «Chinito »
L'ascesa del «Chinito » L'ascesa del «Chinito » Da signor Nessuno a favorito «No al liberismo selvaggio» Entrato nel Barnum della campagna elettorale in punta di piedi, Alberto Fujimori, 51 anni, nato in Perù da genitori giapponesi, cattolico appoggiato dai protestanti, è arrivato con progressione irresistibile al 30,7 per cento dei voti (ma le percentuali esatte ci saranno a fine mese), a soli due punti da Mario Vargas Llosa, il grande favorito della vigilia. E adesso, in vista del ballottaggio del 3 giugno, il tecnocrate di Cambio '90 (una formazione indipendente nata in tutta fretta il settembre scorso), non mostra alcun complesso d'inferiorità. Anzi, quando le proiezioni del voto già mostravano come la corsa alla presidenza sarebbe stato un affare tra lui e Mario Vargas Llosa, ha dato una lezione di politica al grande scrittore che gli offriva un accordo immediato e «senza condizioni», «per trovare una formula rapida ed evitare al Paese un secondo turno elettorale». «La gente ha scelto tra due progetti distinti di trasforma¬ zione - gli ha subito risposto il professore - e per il secondo turno resta un numero infinito di problemi da discutere. Siamo convinti di poter raggruppare tutti quelli che sostengono il cambiamento. Non sottoscriveremo né alleanze né patti. Piuttosto intendiamo proporre un governo di unità nazionale». La cura choc di Vargas Llosa e il suo progetto di liberalizzazione radicale alla Tharcher non piacciono al «chinito». il cinesino, come la gente lo chiama, malgrado i suoi genitori siano di Kumamoto, nel Sud del Giappone, e lui appaia, in certe fotografie propagandistiche, vestito da samurai. Per salvare l'agonizzante economia peruviana Fujimori predica un intervento graduale e avversa la privatizzazione delle grandi aziende statali. Come però debba svolgersi questo intervento resta un mistero che lo slogan vittorioso di Cambio '90, «Lavoro, onestà, tecnologia», non basta a chiarire. Più che i contenuti di un pro¬ gramma generico è stata la disaffezione della gente alla politica e ai politici a spingere in alto questo ingegnere agronomo dagli occhi a mandorla che si proclama peruviano al cento per cento. Di conseguenza la sua forza è anche la sua debolezza: l'equipe di Fujimori non è all'altezza del balzo qualitativo del candidato, né le sue risorse finanziarie sono proporzionate alle sue nuove ambizioni. Per pagare le spese della campagna elettorale ha dovuto vendere la jeep, ipotecare la casa e battere cassa alla comunità giapponese, che a Lima conta circa 10 mila persone. Adesso, a un passo dalla presidenza, ha bisogno di una marcia in più. Ma, sulla carta, il favorito del ballottaggio è proprio lui. Nel primo turno Vargas Llosa sembra aver messo in campo l'intera forza che il Fredemo (la coalizione di centro destra guidata dal suo partito, Libertad) poteva schierare, mentre «el chinito» ora potrà contare sull'appoggio dei grandi sconfitti della sinistra. Alfonso Barrantes, gorbacioviano di ferro, gli ha già messo a disposizione i voti (il cinque per cento) di Sinistra Unita e sicuramente il presidente uscente Alan Garcia gli offrirà l'apparato e l'esperienza dell'Apra, il partito di governo crollato, con Luis Alva Castro, al tredici per cento dei suffragi. I giochi delle alleanze sono inevitabili: il vincitore difficilmente avrà la maggioranza al Congresso e per governare dovrà ricorrere all'appoggio di altri partiti. Questa situazione mette fin d'ora in pericolo una delle bandiere più care a Fujimori, l'indipendenza. Peruviano al cento per cento, il «cinesino» in vista dello scontro finale non disdegna di giocare la carta delle origini giapponesi. In cambio del voto ha già promesso una pioggia di investimenti e tecnologie dal Giappone. Gli unici argomenti che non gli strappano promesse sono droga e terrorismo. Che fare di fronte al dilagare degli attentati di Sendero Luminoso? «Alleviando la miseria dei contadini si ridurrà il terrorismo», ha detto genericamente, e sulla questione della coca non si è ancora pronunciato. L'abilità politica dell'oscuro professore rischia di infrangere il sogno presidenziale del grande letterato. «Mario Vargas Llosa sostiene che nessuno conosce 'el chinito' - ha detto Fujimori alla folla che lo acclamava - ma voi mi conoscete. Con tutto il rispetto dico: come potrebbe conoscermi, lui che ha vissuto per 16 anni tra Parigi, Londra e Madrid?». Claudio Gallo Operai smontano un cartellone elettorale con il volto di Alberto Fujimori
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