JUNG: QUANDO DIO E' TERRIBILE di Augusto Romano
JUNG: QUANDO DIO E' TERRIBILE JUNG: QUANDO DIO E' TERRIBILE tb "v"EI ricordi della sua fan I vita Jung racconta Ifflt I una esperienza occor- I mB, ! sagli intorno ai dodici I Ì&m I ann'- Attraversava ìa I Sa] piazza del duomo di S Iftj Basilea pensando alla rH bellezza del mondo e I flj alla grandezza di Dio JL V «che sta su in alto nel cielo azzurro seduto su un trono d'oro», quando fu colto da una profonda angoscia, anzi da un vero terrore associato a una immagine che si stava facendo strada nella sua coscienza e che egli voleva reprimere a tutti i costi. Il tormento durò tre giorni. Finalmente, non potendone più, il ragazzo accettò di pensare sino in fondo l'immagine che aveva represso sino a quel momento. Vide allora che Dio, seduto sul suo trono d'oro, faceva cadere un'enorme massa di sterco sul tetto scintillante della cattedrale, e lo abbatteva. «L'idea di essere stato costretto a pensare era spaventosa per me, e con essa si destò il presentimento che Dio poteva essere terribile». Come osserva Luigi Aurigemma nel volume Prospettive junghiane che raccoglie alcuni penetranti saggi dedicati alla psicoanalisi junghiana, il nesso che lega esperienze personali ed elaborazione teorica è particolarmente evidente in Jung e dà al suo pensiero una concretezza ed un accento di verità esemplari. Con ciò ovviamente non si vuol dire che le teorie junghiane siano una ingenua generalizzazione di evidenze soggettive; esse sono piuttosto il risultato di una ricerca che, partendo da esperienze interiori, le mette alla prova nel confronto con i dati clinici e la storia della cultura. Possiamo allora considerare la scandalosa fantasia dell'adolescente come uno dei nuclei germinali della riflessione junghiana sul significato psicologico della religione e sulla funzione del «male» nel mondo. Senza mai abdicare alla cautela scientifica che vieta di fare affermazioni di natura metafisica, Jung ha sempre considerato l'immagine di Dio nell'uomo come l'archetipo del significato, cioè come l'espressione di una esigenza interiore che mira alla ricerca di un centro, di un principio di orientamento che sta al di là delle rassicuranti certezze offerte dalla tradizione culturale ed agisce come il vero motore di ogni trasformazione individuale. Questo principio, che Jung chiama anche «sé», non è dicibile nei termini della ragione discorsiva ma si pone come esperienza immediata di una totalità nella quale convivono in tensione paradossale le opposte polarità (ad esempio, il bene ed il male) che di solito utilizziamo per dare ordine ai nostri rapporti con la realtà interiore e con quella esterna. Si tratta di una immagine della divinità, che è al tempo stesso una sorta di bussola della psiche, evidentemente molto diversa da quelle tramandate dalle religioni storiche; caso mai essa si apparenta a delle figure simboliche presenti in filoni generalmente trascurati della nostra storia culturale, quale ad esempio la speculazione alchimistica. In particolare, il Cristianesimo ha espunto dalla immagine di Dio ogni rappresentazione del male; analogamente, si potrebbe dire, la psicoanalisi freudiana, con una sorta di celato ottimismo, tende a favorire l'adattamento alle regole sociali inteso come valore indiscutibile. La compresenza di bene e di male nell'immagine divina restituisce invece all'individuo la piena responsabilità delle scelte morali e lo apre al dialogo con le voci che, provenendo dall'inconscio, mettono in dubbio l'assetto stabilizzato della sua vita. Il processo analitico, con i sogni e le fantasie che lo sostanziano, appare in questa prospettiva come uno dei mezzi più idonei, e insieme più impegnativi, per la piena realizzazione delle potenzialità individuali. Il bel volume di Aurigemma, combinando chiarezza espositiva, precisione concettuale e consapevolezza storica, si articola intorno a questi nodi centrali della speculazione junghiana e permette così di avvicinarsi criticamente a una concezione psicologica tra le più originali del nostro tempo. Augusto Romano Luigi Aurigemma Prospettive junghiane Bollati Boringhierì pp. 221X28.000
Persone citate: Aurigemma, Jung, Luigi Aurigemma
Luoghi citati: Basilea
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