RUGARLI CON BILE

RUGARLI CON BILE RUGARLI CON BILE E. dall'87 che, uno ^ all'anno, GianJ paolo Rugarli ci propone i suoi romanzi (magari scritti in precedenza e tenuti forzosamente nel cassetto), testimoniando una vena esuberante e variamente orientata, nella scrittura e nei contenuti. Linguisticamente c'è un Rugarli «grasso» e uno «magro», secondo il grado di elaborazione espressionistica della parola; come c'è un Rugarli tentato dal quadro complesso di una società che ha le stigmate dell'intrigo o dalla linearità di una sola esistenza che ha l'impronta filtrata e perentoria dell'apologo. E' il movimento che si coglie all'incirca nel passaggio da «La troga» a «Il nido di ghiaccio»: con il dato comune di una solitudine che si contrappone all'universo mondo, di una malinconia ammantata di grottesco. «Andromeda e la notte» si colloca, mi pare, a mezza strada calandosi come il libro d'esordio, «Superlativo assoluto», nei meandri dell'industria editoriale. Una industria che sa essere cieca e proterva e infatti Rugarli ci illustra come un buon romanzo possa essere pubblicato soltanto per essere distrutto. Non importa che Claudio Levi sia riuscito a trasfigurare una vita di sconfitte, il suo libro rischia di intralciare il cammino di un bestseller: sarà dunque strappato alla concorrenza che potrebbe imporlo, ma stampato in una tiratura minima e per di più sotto pseudonimo, condannato all'oscurità e al silenzio. («Un romanzo che rischia di essere letto... Se la gente si rimettesse a leggere, se riacquistasse la cattiva abitudine, non so quanti titoli del catalogo si salverebbero»). Intorno al povero Levi, ridotto alla disperazione, ruotano in sarcastica girandola un cinico direttore editoriale che non legge i libri, una scrittrice ripiena, anzi obesa di pseudo-capolavori, e la sua rapace agente, un losco critico letterario. C'è anche un editor onesto ma impotente che si vendica della letteratura, di tutta la letteratura, scagliando i libri della sua biblioteca nella gora che scorre sotto casa. E' un gesto di solidarietà per l'autore sacrificato e di liberazione nei confronti di se stesso: decide di scegliere la vita, proprio perché condivide con Claudio Levi la persuasione che essa sia inconciliabile con la scrittura. Levi e il suo testimone sono stati entrambi «cacciatori di assoluto», uno decisamente irrecuperabile, l'altro convalescente. La protesta dell'editor ci aiuta a capire la discrasia interna al- l'opera di Rugarli. Il suo sarcasmo di impronta pamphlettistica, la sua violenza caricaturale gli dettano pagine divertenti che vendicherebbero, se mai venissero lette dagli interessati, le migliaia di aspiranti scrittori che si sentono vittime di un grande complotto. Ma quel timbro si smaglia e si squaglia là dove si afferma una concezione accesamente romantica e totalitaria della letteratura. Sicché il romanzo sembra procedere per conenti alternate, giustapponendo ingenuità e perfidia, indulgenza e crudeltà. L'impressione che l'accennata schizofrenia riguardi da vicino Rugarli viene confermata dai saggi che egli pubblica, contemporaneamente al romanzo, nel «Diario di un uomo a disagio». Furono scritti al tempo in cui si sentiva coartato dal lavoro in banca e cercava di mantenere viva, confrontandosi con letture apparentemente occasionali, la sua vocazione. Queste pagine di un amateur eccentrico e moderno (che gode per esempio a contaminare letteratura e cinema) sono apprezzabili per se stesse ma valgono altresì come una più o meno trasposta confessione d'autore. Incontriamo qui Mario Praz che, non appagato dal «vizio» dei libri, fonda con la Casa della Vita un suo privato e separato universo colmo di fantasmi e feticci. Amiel deve arrivare alle quattordicimila pagine di diario per accorgersi che non è riuscito a identificare l'atto dello scrivere con l'atto del vivere: specchiandosi comicamente a distanza con Liala e le sue trentacinquemila «pagine di sortilegio». Emily Brontè nel tessuto vampirico di «Cime tempestose» si «è dissanguata l'anima». Nell'aspirazione costante a riscattare tanti anni di lavoro alieno, Rugarli indugia anche con sottile discernimento sul profitto che Jonathan Swift ha saputo trarre dalle riflessioni sull'economia. E ancora Sterne, Beckford, Rolfe, sfilano quali superbi prestanome scelti al tempo della «morte in banca» (come ci suggerisce un titolo di Pontiggia, passato attraverso la stessa esperienza) per raccontare la forza di una passione che riempie e consuma una vita. Lorenzo Mondo Gianpaolo Rugarli Andromeda e la notte Rizzoli pp. 239, L. 28000 Gianpaolo Rugarli Diario di un uomo a disagio Mondadori pp. 275, L. 30.000 Un «trompe-l'oeil» diMagritte