Havel ridisegna l'Europa di Andrea Di Robilant

Havel ridisegna l'Europa VERTICS MITTELEUROPEO A Bratislava il Presidente propone una confederazione Est-Ovest Havel ridisegna l'Europa «Primo passo, la creazione di una Commissione per la difesa comune» DeMichelis tra gli osservatori: «Idiomi diversi, ma una sola lingua» BRATISLAVA DAL NOSTRO INVIATO «Siamo capaci di immaginare il volto della nuova Europa dopo il superamento dei due blocchi?». Vaclav Havel, il presidente-drammaturgo che ha ospitato lo storico incontro di ieri tra i capi di Stato di tre Paesi mitteleuropei - Cecoslovacchia, Polonia e Ungheria ha lanciato la sfida nella grande sala del Castello di Bratislava. E per sua parte, ha proposto di cominciare subito con la creazione di una Commissione europea di difesa, con sede a Praga. La Commissione dovrebbe essere composta da tutti i Paesi europei che già fanno parte della Conferenza per la sicurezza e la cooperazione (Csce). Avrebbe una funzione essenzialmente consultiva, ma sarebbe comunque il primo foro in cui riunire tutti i Paesi europei per cominciare a disegnare un unico sistema di sicurezza per il continente. In una seconda fase, Havel propone la creazione di una vera e propria Organizzazione di Stati europei, allargata agli Stati Uniti e al Canada. Per arrivare infine — terza fase del piano Havel — «ad una Confederazione europea di Stati liberi e indipendenti». Quella di Havel è stata senz'altro la proposta più concreta e articolata presentata al summit di Bratislava, al quale hanno partecipato in qualità di osservatori anche i ministri degli Esteri di Austria, Jugoslavia e Italia in quanto membri del cosiddetto «quadrangolare» (ora diventa «pentagonale» con l'entrata della Cecoslovacchia). 11 piano Havel è stato «apprezzato» da tutti i presenti e va ora ad affiancare la precedente proposta della Polonia, cioè quella di creare un Consiglio per la cooperazione europea, dai poteri tuttavia assai più limitati. Ma lo scopo principale del vertice non era tanto quello di raggiungere accordi specifici quanto di «cominciare a parlare» dopo mezzo secolo di dialogo mediato dall'Unione Sovietica. E in questo senso, il solo fatto che il vertice si sia tenuto viene considerato di per sé un successo. L'idea era stata inizialmente lanciata da Havel in occasione della sua visita a Varsavia alla fine di gennaio. Ma fu accolta tiepidamen»» dal go¬ verno polacco e addirittura con freddezza da quello ungherese, anche per via del contenzioso (recentemente rinfocolatosi) sulla minoranza magiara in Slovacchia. Ma il lavorio diplomatico di Havel, che in questi due mesi ha potuto contare sull'appoggio deciso della Farnesina, alla fine è stato premiato. E ieri, al momento della foto di gruppo, il generale Jaruzelski, il presidente ad interim magiaro Szuros e il presidente Havel si sono trovati fianco a fianco e sorridenti. Non solo: alla fine è stato firmato un comunicato congiunto -- non era nemmeno previsto alla vigilia — in cui si sottolinea l'urgenza della situazione. «Si tratta — dice il comunicato -di un'occasione unica per questa generazione, che potrebbe non ripetersi mai». Nella foto di gruppo, è stato immortalato anche il ministro degli Esteri italiano, Gianni De Micholis, il quale ha commentato poco dopo: «Nelle riunio¬ ni hanno parlato tutti degli idiomi cosi differenti, eppure si capivano perché in un certo senso parlavano una lingua comune. E' davvero incredibile constatare che si è potuto costruire il vertice in cosi poco tempo e in una situazione cosi fluida». In questo clima sereno, anche le difficoltà tra Cecoslovacchia e Ungheria sulla questione delle minoranze etniche sono state smussate. I due Paesi, in un comunicato congiunto, si sono impegnati a tutelare i diritti di tutte le minoranze. Sono circa 690 mila i magiari che vivono in Slovacchia, mentre in Ungheria ci sono approssimativamente 120 mila slovacchi. I due Paesi hanno accettato di consultarsi regolarmente per evitare che la questione etnica sfugga loro di mano e hanno espresso l'intenzione di sottoscrivere al più presto una dichiarazione ufficiale di comuni intenti. Andrea di Robilant