LEGGE TAGLIATA CON REFERENDUM di Andrea Manzella
LEGGE TAGLIATA CON REFERENDUM PROPOSTA PER EIJiGGEREIL SENliTO LEGGE TAGLIATA CON REFERENDUM PRIMA uwiutA i he w miri l.i raccolta delle firme* la pio po*t* di referendum sulla legge elettorale del Senato è già un avvenimento. Intanto c'è lurumt* per i prò motori, una compagine di studimi e di parlamentari assolutamente disomogenea per aree politiche c anche per convinzioni icicntifkhc e, tuttavia, assoluta mente unita nell'idea della necessità di riforma del sistema elettorale Vi è. poi, la singolarità della tecnica proposta: che c quella di fare -nascere- una legge nuova, semplicemente abrogando, a ritaglio, talune parti della legge vecchia, tosi che la legge proporzionale per eleggere i senatori diverrebbe, ad operazione avvenuta, una legge maggioritaria. C'è, infine, la franchezza con cui i promotori dichiarano il loro intento di provocazione: uno scossone nello stagno della politica, per porre Parlamento e partiti con le spalle al muro, e costringerli a fare una completa riforma. La suggestione di ognuna di queste posizioni è forte. In primo luogo, perche la «trasversalità» della iniziativa ne fa una proposta «neutra» e la sottrae al sospetto che sia fatta nell'interesse di questo o quel partito. Essa obbedisce ad una certa visione oggettiva degli interessi comuni: fare entrare l'Italia nel campo delle «democrazie immediate», trasferire potere dai partiti agli elettori. Può essere condivisa o no: ma non può essere etichettata. Se c'è stato qualcuno più svelto degli altri a capirne la portata, non ha fatto però in tempo ad appropriarsene. In secondo luogo, perché cambiare con un referendum il senso di una legge, con azzeccati ritagli, è un'opemzione arrischiar ta ma piena di fantasia giuridica. E non fuori del sistema: se è vero che si ricorre alla stessa tecnica adoperata talora dalla Corte Costituzionale nelle sue sentenze «manipolative». Sarebbe, in fondo, l'ultimo capovolgimento di fronte nella strana partita che, proprio sulla legge elettorale del Senato, cominciò 4} anni fa all'Assemblea Costituente: quando la legge, nata maggioritaria, fu trasformata all'ultimo momento. per l'innesto del quorum di eleggibilità, quasi impossibile, del 65 per cento in legge proporzionale I.i ter/o luogo perche la minaccia di -strappo» al tessuto delle leggi «costituzionali-è concepita in maniera tale che per stornarla occorrerebbe riformare non solo la legge presa di mira ma l'intero sistema Parlamentogoverno. Reso cosi omaggio allo spirito che anima questo tentativo di forzare il blocco del sistema, se ne vedono però anche due rischi precisi. Innanzitutto, vi è il rischio di esasperare il valore «autonomo» della riforma elettorale in quanto tale. E invece ogni riforma elettorale è di per sé povera di senso se non legata ad un preciso progetto istituzionale sul governo. Invocare la «riforma per la riforma», senza includere nel conto il sistema dei partiti e la forma di governo, è puro slogan (e viceversa). Che significa, infatti, assegnare più potere decisionale al voto dei cittadini, se poi, in un sistema mulapartitico come il nostro, saranno sempre i partiti a detenere la «vera» decisione sul governo? Per assicurare, insieme, il potere di scelta degli elettori, la capacità decisionale e la «governabilità» dei governi, occorre dunque avere presenti tutti i pezzi del nuovo meccanismo. E perché questo sia accettato, è necessario che non danneggi nessun partito o li «danneggi» tutti paritariamente. Insomma, ci vuole quello che si chiama un buon lavoro parlamentare: che è ben altra cosa della legge dimezzata che, da solo, potrebbe partorire questo referendum. L'altro rischio è nell'uso del referendum abrogativo come Andrea Manzella CONTINUA A PAGINA 2 PRIMA COLONNA
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