Il gran rifiuto del sovrano timido di Claudio Gallo

Il gran rifiuto del sovrano timido Re controvoglia, aveva finora impersonato la figura del monarca al di sopra delle parti Il gran rifiuto del sovrano timido Baldovino spiazza ipolitici Riservato, malinconico, inappuntabile, mtegerrimo: il re del Belgio, che accetta di essere esautorato pur di non venir meno alla sua coscienza di cattolico contrario all'aborto, incarna più di qualsiasi altro sovrano la condizione paradossale del monarca nell'era delle urne computerizzate. Nato il 7 settembre 1930 sotto una stella regale ma non benevola, Baldovino di Sassonia Coburgo non ebbe quell'infanzia dorata che si poteva aspettare un principe destinato al trono. Nel 1935 perde la madre, Astrid di Svezia, la regina che più aveva conquistato l'affetto dei belgi, in un incidente stradale. Guidava l'auto il padre, Leopoldo III, figura amatissima e ingombrante: il re della capitolazione alla Germania di Hitler, del matrimonio morganatico con la «plebea e intrigante» Liliana de Réthy, il re che sarà spinto a furor di popolo a cedere al figlio impreparato il fardello di un Paese avvelenato dalle rivalità etniche. Schivo e taciturno (a scuola lo chiamavano Baudruche, un misto tra Baudouin e autruche, struzzo) Baldovino è trascinato dal suo nome, presto e controvoglia, sul palco della storia. Nel 1944, mentre gli Alleati sbarcano in Normandia, il principe è con la famiglia nel castello di Hirchstein, sull'Elba, il più giovane prigioniero politico di Hitler. Esilio, prigionia e ancora esilio nel dopoguerra, in attesa che i belgi sanciscano con un referendum il ritorno della monarchia, non consentono al principe una formazione regolare. Tra il '45 e il '50 frequenta .a Ginevra le scuole pubbliche, come un borghese qualsiasi. Studia le materie scientifiche, a scapito di quelle letterarie. Ma il principe deve abbandonare gli studi per vestire frettolosamente i panni di re. Proprio lui che, ultracattolico, si dice sognasse di farsi frate trappista. Il padre, inviso alle folle socialiste per la neutralità tenuta nei confronti del nazismo, è costretto ad abdicare. Baldovino giura fedeltà alla Costituzione, nel corso della cerimonia un deputato comunista si alza per gridare «Vive la Repubblique». E' I" 11 agosto 1950, l'anno della guerra di Corea, del riconoscimento inglese della Cina di Mao e del sesto governo De Gasperi. L'impatto con i sudditi non è esaltante, per molti l'abdicazione a favore del giovane Baldovino è uno stratagemma di Leopoldo, che dal castello di Laeken continuerebbe a tirare le fila del Paese in combutta con la seconda moglie, «l'inevitabile signora de Réthy», come la chiamano i giornali. I primi incerti passi del giovane re sembrano incoraggiare i detrattori. Nella capitalo si sussurra: «Conosce cosi poco la città che non sarebbe capace di rincasare a piedi dal palazzo di Bruxelles al castello di Lae ken». Nel 1960 gli tocca concedere l'indipendenza al Congo un tempo possedimento personale del suo terribile avo Leopoldo II. Ma da quell'anno comincia il riscatto dell'immagine del sovrano. Tutto s'inizia col matrimonio con Fabiola de Mora y Aragón: regina cattolica, dama di carità, scrittrice di fiabe. «Ecco la donna che raddrizzerà le gambe al trono», predice il ministro socialista Henry Spaak. «Sotto la sua apparenza fragile è un panzer», dirà di lei un diplomatico belga. Una visione religiosa della vita in comune rinsalda quella che pare essere la coppia reale più solida del mondo. Ma c'è un risvolto doloroso, Fabiola non può avere figli: la corona dovrà passare a un figlio del fratello Alberto. Un'altra nota di tristezza nella vita di Baldovino, che però, col suo senso del dovere, la sua onestà e il suo stile, ha ormai conquistato la stima dei belgi. Questo re che «compare più sui francobolli che in televisione» si è guagnato il rispetto dei suoi sudditi perché è riuscito a essere in egual misura re dei fiamminghi e dei valloni, dimostrando un senso dell'equilibrio provvidenziale per il Paese. Rimane prepotente in lui la nostalgia di una vita privata, l'impulso di fuggire appena possibile dai riflettori della storia. «La mia corona - dice la lascio volentieri a Bruxelles, quando torno a Laeken voglio soltanto trovarmi in famiglia». Claudio Gallo Re Baldovino di Belgio: ha abdicato per due giorni

Persone citate: Baldovino, Baudouin, De Gasperi, Henry Spaak, Hitler, Leopoldo Ii, Leopoldo Iii, Mao