NEL MESSICO INCANTATO di Giovanni Bogliolo

NEL MESSICO INCANTATO NEL MESSICO INCANTATO «Il sogno messicano» del romanziere-viaggiatore Le Clèzio Una elegiaca rievocazione dei miti perduti della civiltà azteco "■TV ICORDATE Le m Clézio? All'inizio , ! i degli Anni 60, poco WS più che ventenne, si ;H^^ era imposto prepotentemente all'atra tenzione con una serie di romanzi — ?«M H iLe procès-verbal, JBbL ^B/Lafièvre, Le déluge — che sembravano trovare d'istinto, per grazia naturale, la soluzione dei problemi che il Nouveau roman aveva sollevato, ingigantito e cristallizzato. Un testo del '67, Estasi e materia, aveva anche fornito un nome e una enunciazione teorica al progetto di conoscenza dello scrittore che, «partendo dalla propria carne umana, dalla propria somma di sensazioni presenti, si annienta attraverso il duplice sistema della moltiplicazione e dell'identificazione» e un duplice, opposto movimento di attrazione e di fuga. Così il critico si era rapidamente concluso con l'elogio della scrittura panica, della registrazione sismografia della realtà che lo scrittore sapeva fornire, ma alla quale sembrava definitivamente condannato. Inveca Le Clézio, estraneo per natura alle logiche e ai riti della civiltà letteraria, ha continuato per suo conto la ricerca, ha messo in atto la sua fuga viaggiando intorno al globo e ha trovato l'approdo oltre i confini del mondo civilizzato, nelle macerie delle culture che esso ha brutalmente, irreparabilmente cancellato. Che a guidarlo non fosse un superficiale desiderio di esotismo lo dimostrano i riflessi, abbastanza indiretti, che questa scoperta ha gettato nella sua opera creativa (Désert, Le chercheur d'or) e la trasformazione, questa invece profonda, che ha subito la sua prosa, che da enfatica e ansimante è divenuta pacata e asseverativa. Lo dimostra soprattutto il lavoro di recupero amoroso e costante delle vestigia delle civiltà perdute che egli ha intrapreso nel '76 pubblicando un libro sacro dei maya (Les prophéties de Chilam Balani), poi un documento sulla tragica fine dei Purepecha {La relation de Michoacan) e infine questa rievocazione incantata della civiltà azteca che esce oggi in traduzione italiana. Materia del libro sono le testimonianze in lingua nahuatl e in lingua spagnola che Todorov e Baudot hanno raccolto nei Racconti aztechi della Conquista (Einaudi, 1988), ma rielaborate, analizzate, rivissute e trasformate da stupefacenti relitti in coordinati elementi di un corpo vitale. Attraverso i tardivi ricordi del soldato Bernal Diaz del Castillo che, ultimo sopravvissuto dei compagni di Hernan Cortes, scrive per ristabilire la verità che lo storico Gomar ha falsato per cortigianesca piaggeria; attraverso le memorie dell'evangelizzatore Bernardino de Sahagùn e attraverso le visioni profetiche del re-poeta Nezahualcoyotl non soltanto riaffiora il sanguinoso scontro che è avvenuto «sul suolo del Nuovo Mondo tra i popoli dell'età del neolitico e i soldati armati di corazze e di cannoni del Rinascimento», ma riprende trionfalmente il suo corso — confermandone tra l'altro la magica ciclicità — il «pensiero interrotto» dell'America indiana. Il Messico, dice Le Clézio, è terra di sogni. E' infatti nella dimensione del sogno — sogno dell'oro per gli spagnoli, sogno del ritorno degli antenati da «dove nasce il sole» per gli aztechi — che si compie in rapida, fatale sequenza la Conquista. Ed è nella dimensione del sogno — sogno d'orrore, d'ammirazione, di compassione dei cronisti spagnoli, sogno d'eternità negli ultimi messi¬ cani che raccontano, dettano memorie oppure le scrivono su fogli di carta d'agave — che avviene l'unico possibile incontro tra le culture nemiche. Un sogno multiforme, capace di calamitare tanto la sete di dominio di Napoleone III quanto la sete di conoscenza di Antonin Artaud, di sedurre D. H. Lawrence e André Breton, di sopravvivere in Juan Rulfo e in Octavio Paz. E di ispirare a Le Clézio molto più che uno splendido libro: una accorata elegia per il perduto, tesoro di una civiltà che, con la «concezione di un tempo ciclico, l'idea della creazione fondata sulla catastrofe», avrebbe potuto dare l'avvio a un «nuovo pensiero scientifico e umanistico»; col suo «rispetto delle forze naturali», avrebbe potuto fornire «il freno necessario al progresso tecnico del mondo occidentale» e con l'eredità dello sciamanismo «avrebbe potuto integrare il sogno e l'estasi con il quotidiano e permettere di raggiungere l'equilibrio». Giovanni Bogliolo J. M. G. Le Clézio Il sogno messicano traduzione di Elena Baggi Regard Serra e Riva, pp. 234, L 24.000.

Luoghi citati: America, Messico