SOLOCHOV

SOLOCHOV SOLOCHOV Sessanta scrittori diranno se il suo «Don» e un plagio "TBk '▼'ON vi è forse scrittore HHL su cui convergano, coIBw me su Michail SoloI M chov, i massimi elogi, i I fj» dubbi, i sospetti infaI WSg manti, le interpreta, J&L zioni contrastanti. ! 38 Benché sia morto apvBj pena cinque anni or Jk* V sono, regna molta incertezza anche sui dati elementari delia sua vita. Nacque nel 1905 nella «stanica» (villaggio cosacco) Vjosenskaja, la madre (secondo la ricostruzione dello storico Roy Medvedev) era figlia di un contadino servo della gleba e cominciò a lavorare a dodici anni come domestica, oppure invece era «mezzo cosacca e mezzo contadina». Sposò in seguito un cosacco, ma Solochov — prosegue Medvedev — «non dice nulla sulla data della morte del primo marito della madre. Questo avvenne probabilmente dopo il 1905, cioè dopo la nascita di Michail Aleksandrovic Solochov, che all'inizio veniva considerato figlio di un cosacco... La madre, tuttavia, si risposò tosto e il nuovo marito Aleksandr Michajlovic Solochov, padre effettivo del ragazzo, riconobbe formalmente Michail e gli diede il proprio cognome... Il padre di Solochov era un "raznocinec" (intellettuale non nobile) ma non era povero». Il futuro scrittore si formò quindi, in realtà, lontano dall'ambiente cosacco e dalle sue tradizioni. Nel 1912 frequenta la scuola parrocchiale, più tardi viene mandato in un ginnasio privato a Mosca, poi trasferito nel governatorato di Voronez e quindi nel ginnasio di Vjosenskaja. Scoppiata la guerra civile (1918) Solochov lascia gli studi, legge i classici russi e a quindi''i anni lavora nel comitato rivoluzionare di una «stanica» nella regione del Don, dove insegna a leggere ai giovani cosacchi, scrive dei versi, partecipa alle spedizioni per il prelevamento di derrate e alle relative risse. Questo lavoro s'interrompe nel 1921, quando s'instaura la Nuova politica economica voluta da Lenin. Del tutto estraneo alle attività agricole, Solochov si reca a Mosca, dove, non essendo riuscito a iscriversi ai corsi per operai, è costretto a fare il muratore e il contabile. A diciannove anni toma nella regione del Don e sposa la cosacca Maria Gromoslavskaja. Il padre di costei, che si è schierato con i cosacchi bianchi, è stato collaboratore di un giornale cosacco, diretto dal noto scrittore Fjodor Dmitrievic Krjukov (1870-1920). Questi particolari, che potrebbero sembrare trascurabili, suscitano una serie di inquietanti interrogativi. Come conciliare infatti l'istruzione lacunosa di Solochov con la rapida stesura del romanzo epico II placido Don, di cui esistono quattro versioni italiane? Lo inizia a vent'anni e già nel 1928 escono i primi due volumi di un'opera che rievoca il periodo tra il 1912 e il 1922. Come fa Solochov a descrivere la prima guerra mondiale? Nel 1914, quando aveva nove anni, venne curato in una clinica in cui c'erano dei soldati tornati dal fronte, spiegano gli ammiratori. E l'esercito dei Bianchi? E l'epopea dei cosacchi, una classe militare-agricola, liquidata dall'alto nel 1925? Eppure, dopo alcuni racconti banali, scritti a diciotto-diciannove anni, ecco il medesimo Solochov che a vent'anni crea un capolavoro, «un romanzo epico di cui vi sono pochi esempi nella letteratura mondiale». Medvedev lo paragona a Guerra e pace, lo storico Semanov all'Iliade, lo scrittore Fjodor Abramov lo definisce «il libro più grande del secolo». All'esaltazione non si sa quanto sincera della critica sovietica si contrappone da oltre mezzo secolo ima diffusa tradizione orale, non solo scettica ma decisamente incredula. A causa dell'incompletezza dei dati biografici è incerto l'anno della nascita (forse è il 1903 e non il 1905), il cognome Solochov sarebbe quello del padre adottivo, il cognome vero sarebbe Kuznecov, non si sa se lo scrittore fu iscritto al Komsomol (l'organizzazione della gioventù comunista). Tra gli altri «Enigmi immaginari e reali» — è questo il titolo del dibattito promosso dal mensile Voprosy literatury (n. 8, pp. 148222) cui hanno partecipato Roy Medvedev, Herman Ermolaev, un professore russo che insegna a Princeton, e lo storico sovietico Semanov — si possono citare ancora molti esempi. Così, i verbali della commissione che nel 1929 indagò sull'accusa di plagio mossa a Solochov non sono mai stati studiati. Secondo Medvedev dei «dossiere Solochov» sarebbero custoditi al Comitato centrale del pcus, al Kgb e all'Unione degli scrittori. Medvedev afferma poi che vi fu «un brusco mutamento nel carattere di Solochov dopo che si tentò di arrestarlo, dopo la drammatica fuga a Mosca e la lunga conversazione con Stalin nell'estate 1938... in presenza di Ezov. In conclusione, Stalin pronunciò una frase significativa: "Bisogna creare delle buone condizioni di lavoro per il grande scrittore russo Solochov'». Il dibattito promosso da Voprosy literatury lascia insoluta la questione del plagio a danno di Krjukov, già sollevata da Solzenicyn in un libretto uscito a Parigi e attribuito a un misterioso «D» (La corrente del «Placido Don», Ymca Press, 1974). Mentre Medvedev ribadisce l'accusa di plagio, Ermolaev e Simanov la respingono entrambi. Ma forse anche per Solochov si avvicina ormai l'ora della glasnor. oltre al glasnost dibattito aperto da Voprosy literatury, cui sono invitati a partecipare critici e lettori, l'Unione degli scrittori ha finalmente istituito per Solochov un comitato pansovietico di una sessantina di membri. Lia Wa in Stein La critica sovietica è divisa sul valore del «Placido Don»

Luoghi citati: Mosca, Parigi, Voronez