I FRATELLI TRADITI di Luca DoninelliLorenzo MondoLuca Doninelli

I FRATELLI TRADITI I FRATELLI TRADITI // rapporto padre-figlio nella storia dell'esordiente Luca Doninelli Un vecchio giudice e la sua colpa: un'educazione ancorata sul nulla IL tema, più o meno emblematico, del difficile rapporto padre-figlio è al centro di alcuni romanzi recenti come «Il nido di ghiaccio» , di Gianpaolo Rugarli, «Il gioco del prigioniero» di Giorgio Calcagno e «I due fratelli» di Luca Doninelli. Autori diversi per età e formazione si applicano a un contrasto antichissimo che assume, in questi tempi apparentemente insensibili, una singolare revivescenza. Anche se l'eco del «parricidio» originario - a fondamento di una schiatta, di una società - trova magari un rovesciamento a vantaggio, appunto, del capostipite. L'ultima opera dell'accennato terzetto, che qui mi interessa, appartiene a un esordiente e comprende due romanzi brevi, quello del titolo complessivo e «Il luogotenente». Quale segreto vuole raccontare al protagonista dei «Due fratelli» il padre ottantenne vicino a morire? Perché questo giudice a riposo sembra accorgersi finalmente del figlio e chiede che gli tenga compagnia in passeggiate, in gite sul lago sempre più estenuate e malinconiche? Non più trattenuto dal rispetto umano, finisce per confessare una colpa assillante: da un precedente matrimonio, di cui la nuova famiglia non sapeva, gli era nato un figlio, William, che lui ha lasciato morire, anzi ha spinto al suicidio. La tragedia sembra addensarsi intorno a un episodio preciso, quando il padre strappò al collegio l'adolescente esangue che voleva farsi prete; ma è preparata da una educazione a valori come l'eccellenza dello spirito o la libertà ancorati sul nulla, da un relativismo che diventa una vera e propria cultura della disperazione. Perché anche il relativismo, come va riflettendo l'«io» esperto in filosofia, per potersi affermare «ha bisogno di un atto assoluto». Un inferno borghese Pochi altri elementi - la fede socialista tradita, la mite follia della moglie, il sospetto che William non sia suo figlio completano, intorbidandolo, il ritratto del padre e definiscono il traliccio di una storia di orrori quotidiani, le stanze di un meschino inferno borghese. D'altra parte, Doninelli non ha nessun interesse, come il suo eroe, «per quelli che si chiamano i "fatti"», ma per lo scavo incessante di situazioni e moventi nei quali si trova coinvolto ben oltre la revulsione e la pietà. Se infatti solidarizza con la giovane vittima, quella metà di se stesso che gli è stata così a lungo sottratta, sente anche fermentare nell'animo i germi dell'ottusa malvagità paterna, la paura inespressa di partecipare alla «massa dannata» di agostiniana memoria. In fondo, è stato il vecchio che, seppure tardivamente, ha trovato la forza di aprirsi con lui, di rompere il muro dell'incomprensione e confessare il proprio fallimento. ■ Ne risulta una storia aspra e chiusa di conflitti interiori, con appena qualche spiraglio di risicata dolcezza. «Il romanticismo troverebbe qualcosa di struggente in questa storia rivoltante»; «Poteva permettersi finalmente di essere quello che era, un uomo da poco»; «Lo vedevo, le enormi mani tremanti di quel tremore che nei grandi anziani è simile a una perpetua carezza»: bastano questi pochi prelievi a definire le impronte e le tonalità di un assai notevole temperamento di scrittore. Il secondo romanzo, «Il luogotenente» (che però è stato scritto prima), ci è utile soprattutto a chiarire il percorso compiuto dal giovane autore e i pericoli che rischia di correre. E' la vicenda di un soldato che giunge, dopo barbariche efferatezze, a impossessarsi di alcuni fondamentali valori ci¬ vili: l'amore disinteressato, il senso della paternità, il lavoro costruttivo. Alcuni tratti si impongono per fosca visionarietà e scolpita evidenza, ma l'insieme non persuade. Immotivata conversione L'estremizzazione dei gesti e dei sentimenti ci predispone all'attesa di un significato che non arriva o si perde in simbologismi frammentati e dispersi (la ricorrente attesa dell'acqua come lavacro purificatore o l'annuncio conclusivo di un viaggio alla corte del re). Ariche la «conversione» del luogotenente appare immotivata, irriducibile alla stessa gratuità di una implausibile Grazia. Contro questa oscurità, che adombra ancora certi passi scontrosamente reticenti dei «Due fratelli», Doninelli farebbe bene a difendersi, evitando di scambiare la trasparenza con la corrività. Lorenzo Mondo Luca Doninelli I due fratelli Rizzoli pp. 172. L 28.000

Persone citate: Doninelli, Fratelli Traditi, Gianpaolo Rugarli, Giorgio Calcagno, Luca Doninelli