MOLTI LO CRITICAVANO MA INTANTO LO COPIAVANO

MOLTI LO CRITICAVANO MA INTANTO LO COPIAVANO MOLTI LO CRITICAVANO MA INTANTO LO COPIAVANO T» y ROMA JOB ! EL Braccio di Carlo IBft I Magno in Vaticano s'i! BB j naugura oggi la mo| Wk I stra «Michelangelo e H la Sistina - La tecnica, gSl il restauro, il mito». In VB concomitanza, un 1 flH convegno è dedicato ™ all'esame dei risultati raggiunti, nonché ai programmi futuri, cioè il restauro del Giudizio Universale. Completati i lavori sulla volta e prima di iniziare l'intervento, altrettanto delicato, sul gigantesco, ultimo affresco della Capela Magna, un momento di riflessione e una specie di rendiconto di come si è operato su questo monumento , senza eguali. Già nel 1512 quando apparve la nuova volta, come scrisse il biografo Condivi, un'opera che oggi in palazzo del papa si vede con ammirazione e stupore del mondo. Dal canto suo il Vasari la definì: Lucerna dell'arte nostra, che ha fatto tanto giovamento e lume all'arte della pittura. Va forse ricordato che le pareti della nuova Cappella Pontificia, voluta da Sisto IV, erano già decorate con le vite di Mose e Gesù e la serie dei papi, eseguite da Botticelli, Perugino, Signoroni, Ghirlandaio e Rosselli. Ma, ad evidenza, gli affreschi michelangioleschi, proprio perché si riconnettevano ma genialmente andavano molto oltre la sottostante decorazione, fecero un'impressione enorme. Divennero subito una «Accademia del disegno» per gli artisti che vivevano o capitavano a Roma o come qualcuno li chiamò: la «Scuola del mondo». Però, come dice sempre il Condivi, per Michelangelo furono pure fonte di travagli. Prima ancora di quel 1508, quando incominciò i dipinti. Basti rammentare il cruccio di non poter continuare la tomba del papa, lui che si sentiva soprattutto scultore. Le difficoltà per l'invidia di Bramante e della sua « banda». Le liti con Giulio II, che gli chiedeva continuamente quando avrebbe finito: quando potrò rispondeva Michelangelo e l'altro, irato, tu hai voglia ch'io ti faccia gittar giù di quel palco; magari pentendosi subito dopo, perché era il suo artista prediletto. Infine i disagi e il male agli occhi, per dover dipingere così a lungo a testa insù, ricordati da lui stesso in un ironico sonetto e nelle «ricette» di suo pugno. Il visitatore della mostra potrà vedere una serie di studi e schizzi dell'artista, prestati da musei di tutto il mondo, compresi quelli degli Apostoli che, nel primo progetto, erano al po¬ sto delle Sibille e Profeti. Disegni bellissimi, integrati da quelli di Raffaello, Polidoro, Tibaldi, Rubens, Annibale Carracci ed altri (c'è anche il quadro del Giovanni Battista capitolino del Caravaggio) per mostrare l'interesse che suscitò tale suo lavoro. Fu un'influenza vastissima, come conferma la selezione di pitture e stampe del 500 qui esposte, fra cui la copia del Giudizio, fatta dal Venusti per incarico del cardinale Farnese, prima che a Damele da Volterra fosse ordinato di coprire le «oscenità», meritandosi il nomignolo di «Braghettone». Per la documentazione dei restauri, invece, insieme a prezioso materiale d'archivio, figurano le più moderne tecnologie. Immagini computerizzate con tutte le notizie raccolte durante i restauri. Ossia esami di laboratorio, materiali usati, ripensa¬ menti, l'uso dei cartoni, il calco di alcuni suoi graffiti. Filmati che illustrano le minuziose indagini preliminari, le tecniche e l'opera di pulitura e del restauro. Persino i reperti ritrovati come i peli di pennello e i chiodi. Inoltre, foto a colori che documentano come, contrariamente a ciò che si pensava a causa dello sporco che oscurava gli affreschi, la sapienza pittorica di Michelangelo fu anch'essa senza pari. Lavorando quasi da solo, con l'uso nuovo del colore spesso cangiante e un senso inedito, policentrico dello spazio e anche per l'accurata scelta dei materiali e l'organizzazione del cantiere, muratori inclusi, egli raggiunse risultati eccezionali. Come ha sottolineato il direttore dei lavori, Fabrizio Mancinelli, nel catalogo edito dai Fratelli Palombi, la ripulitura ha riportato alla luce un testo pittori- co che rivela la grandezza di Michelangelo pure nell'affresco. Specie nelle lunette con gli antenati di Cristo: ciascuna realizzata in tre sole giornate, senza cartoni, dipingendo direttamente sull'intonaco fresco. Anche qui, una fitta tessitura di pennellate, con il colore dato a velature successive per far trasparire il timbro sottostante, ottenendo una pittura luminosissima, fatta per essere leggibile in modo perfetto dal basso, per sfidare i secoli e le manomissioni degli uomini. Un restauro dunque provvidenziale e un buon viatico per quello, imminente, del Giudizio Universale. A proposito del quale vale forse la pena ricordare le parole dello sbigottito Tiziano: O iniqua sorte se il tempo dovrà corrompere e distruggere anche questo. Francesco Vi ne ito rio

Luoghi citati: Roma, Volterra