Fusione fredda, il fantasma della scienza di Piero Bianucci
Fusione fredda, il fantasma della scienza Esperimenti contraddittori, scambi d'accuse: poche novità a un anno dall'annuncio della scoperta Fusione fredda, il fantasma della scienza Finora tutti i risultati sono stati negativi Cautela di Scaramuzza uno dei «padri» italiani Già visto. Questa è l'impressione che si prova seguendo le cronache del congresso sulla fusione fredda a Salt Lake City, sulle Montagne Rocciose, a un anno esatto dall'annuncio della scoperta che prometteva energia pulita, illimitata e a buon mercato. Esperimenti- contraddittori, scambi di accuse tra gli eretici che difendono la fusione fredda e gli ortodossi che scuotono il capo con scetticismo, Fleischmann e Pons paragonati - certo con scarso senso della storia e delle proporzioni - a Galileo perseguitato dal Sant'Uffizio. Tutto come al primo grande congresso-dibattito del maggio scorso. Eppure qualcosa di nuovo c'è. Gli esperimenti sono stati ripetuti in decine di laboratori di tutto il mondo e quasi sempre hanno dato esito negativo. Quando qualche traccia di energia è stata misurata, si è rimasti miliardi di volte al di sotto delle quantità annunciate da Fleischmann e Pons. I quali, tra l'altro, non possono più, ora, nascondersi sotto il velo della riservatezza con la scusa dei brevetti. A essere prudenti, si può dire che forse siamo di fronte a un fenomeno fisico-chimico nuovo, altamente critico, e quindi instabile. E se proprio di fusione si trattasse, può darsi tutt'al più di una minima quantità di fenomeni che accadono in pochi punti particolarmente «stressati» del palladio, fatto scientificamente interessante ma senza applicazioni pratiche ragionevolmente immaginabili. Va detto, allora, che fusioni si verificano anche negli esperimenti a caldo, fatti ormai da anni nei «tokamak» sovietici, americani, europei e anche italiani. Il guaio è che la quantità di energia spesa è enormemente maggiore di quella ricavata dalle poche fusioni ottenute. Tra i 250 chimici e fisici confluiti nell'Utah ci sono anche otto italiani, la delegazione straniera più numerosa. Sono presenti Francesco Scaramuzzi dell'Enea e dell'Infn, Giuliano Preparata dell'Università di Milano, considerato un «eretico m 1 una via alla fusione fredda nettamente originale rispetto a quella di Fleischmann e Pons, in un articolo scritto per l'Annuario 1990 dell'Enciclopedia scientifica Mondadori, si mostra molto cauto. Parla di fenomeni ancora da chiarire, di verifiche da fare. E' in ogni modo sicuro che dagli apparati sperimentali per la fusione fredda non si sono mai sviluppati tutti quei neutroni e quelle tracce di trizio e di elio che sono la «firma» inequivocabile del fenomeno. Se qualcosa succede, è geniale», Antonio Bertin e Antonio Vitale dell'Università di Bologna, Marco Ferrari del Cise. Che ne è stato degli esperimenti fatti all'Enea di Frascati e poi nel Laboratorio del Gran Sasso? E di quelli tentati, anch'essi con iniziali successi, a Padova, a Bologna e al Cise, il centro Enel per la ricerca a Segrate? La risposta è che i risultati sono sostanzialmente negativi e che i primi entusiasmi appaiono oggi avventati. Scaramuzzi, il fisico che ha esplorato Gli scienziati Pons e Fleischmann da un anno sono nella bufera probabilmente altro da ciò che ci si aspetterebbe in base alla fisica nucleare classica. In una visione galileiana della scienza non c'è spazio per esperimenti che diano risultati aleatori: la riproducibilità dell'esperimento è un dogma. E' vero però che esistono anche fenomeni in sé ambigui e instabili. Prigogine e altri scienziati hanno richiamato l'attenzione sulla complessità di alcuni processi della natura, e quindi sulla loro impredicibilità. I difensori della fusione fredda spesso si rifanno a questi casi. Anche la maionese, se è lecito un paragone scherzoso, non sempre riesce. Eppure è una realtà indubitabile. E' opportuno, quindi, continuare le ricerche fino in fondo. Purché in questo modo non si fermino altri filoni di studio. Una cosa è sicura: nell'ultimo anno la «fusione fredda» è rimasta un elusivo fantasma, ma ha avuto il potere di bloccare i finanziamenti per la «fusione calda». Piero Bianucci
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