Condannato a 38 anni, Rambo ride

Condannato a 38 anni, Rambo ride Il pm aveva chiesto l'ergastolo, ma per i giudici De Cristofaro organizzò il delitto con Diane Condannato a 38 anni, Rambo ride Ancona: sentenza per l'omicidio della skipper ANCONA DAL NOSTRO INVIATO Trent'anni a Pippo. E lui abbozza un sorriso, con gli occhi mesti da cocker, girandosi verso l'avvocato: «Mi è andata bene...». Filippo De Cristofaro, spiega la sentenza, ha ucciso la skipper Annarita Curina soltanto per prenderle il catamarano e fuggire nei mari lontani. Ma l'ha fatto assieme a Diane Beyer, la sua giovane complice, responsabile anche lei per quel delitto feroce. Così hanno deciso i giudici di Corte d'Assise, un po' a sorpresa, chiudendo un giallo ch'era cominciato nell'estate di due anni fa. Sarebbe ergastolo, ma i giurati hanno accettato il rito abbreviato richiesto dalla difesa, e perciò hanno ridotto la condanna. Antonio Frisina, il presidente, comincia a leggere con voce bassa, velocemente: «Visti gli articoli 483 e 488, e ritenuto Filippo De Cristofaro colpevole dei reati attribuitigli...». Lui non fa una piega. Ha il completo grigio che s'era messo il primo giorno del processo, con il bolerino a fiori e i calzoni da frac e le scarpe da barca, ha lo sguardo un po' sfrontato e un po' triste che s'è appiccicato addosso in tutte queste udienze; e sta impettito in mezzo ai carabinieri, accanto al suo avvocato, Roberto Tomassini. Frisina legge di fila: trent'anni per il delitto, sei per la rapina, due per l'occultamento di cadavere. E poi sei mesi di isolamento, e Filippo guarda di sbieco il difensore: «Anche questo?» Il presidente continua la sua lettura: nessuna attenuante per De Cristofaro, però gli sono state tolte tre aggravanti, proprio quelle che riguardano il ruolo di Pippo nei confronti di Diane Beyer. E allora, spiegano i giurati, non ha organizzato lui da solo il delitto, e non ha, soprattutto, «determinato un minore a compiere reato». Frisina ripiega il foglio. «L'udienza è tolta». I giornalisti circondano Filippo, i carabinieri gli serrano le manette. Un commento? De Cristofaro non parla, alza gli occhi, ostenta un altro sorriso, come se volesse con quella smorfia vendicarsi di un torto, di un'offesa. Parla Tomassini, invece, ordinando le carte nella borsa. «Il mio assistito è soddisfatto», dice. Soddisfatto? «Sì, ritiene che gli sia andata abbastanza bene». Di nuovo occhi sgranati di fronte a lui. «Intendiamoci, lui è innocente e sperava nell'assoluzione, ma era sin troppo consapevole di una certa atmosfera di colpevolezza che s'era creata attorno alla sua vicenda, e allora temeva l'ergastolo. L'ergastolo, per fortuna, non c'è stato». Gli domandano: perché s'è messo a ridere? «Non lo so, una reazione nervosa, probabilmente, come se piangesse. Io conosco gente che ride ai funerali della madre». Poi, la posizione della difesa: «Penso che la Corte d'Assise abbia trascurato alcuni elementi determinanti emersi nel corso del processo. Per noi il caso non finisce di certo qui. Presenteremo ricorso». Il pm, Silvio Di Filippo, vuole attendere a commentare. Sono le 13,45. La sentenza è arrivata dopo tre ore e mezzo di camera di consiglio. E sarebbe stata emessa prima, se poco dopo mezzogiorno non ci fossero state alcune telefonate anonime a carabinieri e polizia: «Abbiamo messo una bomba in tribunale. Scoppierà tra poco...». Palazzo evacuato, per un'ora. Poi, tutti nell'aula ad attendere la Corte. La famiglia della vitti- ma è raccolta nell'angolo opposto a quello di Pippo. Non hanno mai cercato per tutti i giorni delle udienze lo sguardo di Rambo. Anche adesso, stanno a capo chino. Renata Curina, la sorella di Annarita, piange in silenzio. Alla fine, parla Michele, il fratello: «Eravamo venuti per cercare una verità, non la condanna. Abbiamo atteso una sentenza che affermasse ciò che è avvenuto sul catamarano. I nostri avvocati ci avevano già preannunciato lo scoglio del rito abbreviato». L'aula si svuota. Pippo passa in mezzo ai carabinieri, con i polsi stretti dalle manette. Le cronache del giallo lo avevano battezzato Rambo. L'accusa lo ha definito con parole dure: «Una mente attratta dal crimine, un perverso, un giovane dal malefico fascino, e un perditempo in cerca di avventure». Adesso lui rifà il solito sorriso, chiede all'avvocato di seguirlo. E fra gli amici di Annarita, c'è chi non riasconde delusione e rabbia. Giorgio Guidi è lo skipper che costruì assieme alla Curina il catamarano verde pisello. Scuote la testa: «Adesso noi piangiamo, lui ride. E ride chi vince. La verità è che la violenza sta aumentanto, e le pene stanno diminuendo. C'è qualcosa che non va, qualcosa che non quadra. In altri paesi civili c'è la pena di morte». Michele Curina, invece, ha parole più meste: «Niente ci farà tornare Annarita. Era nostro dovere essere qui, per testimoniare. Noi abbiamo sempre pensato che tutt'e due fossero colpevoli, e questa sentenza rispecchia, ci pare, la nostra convinzione. Erano partiti in tre sul catamarano, e solo Annarita non è tornata. Oggi si rinnova il dolore, è vero, ma è stato anche uno sfogo. E poi sentiamo intorno a noi tanta solidarietà». Il giallo si chiude. Il sipario cala ancora su Filippo. Filippo che fa cacciare i fotografi dai carabinieri, che allontananpo anche i cameramen della tv, Filippo che si spolvera la giacca con gesto ripetitivo, come un tic, Filippo che sbadiglia. Guarda i giornalisti con sfida. Chiama l'avvocato: «Venga di là, che mi spiega bene tutto». Pierangelo Sapegno Pippo De Cristofaro al processo, Diane Beyer e, in alto, Annarita Curina

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