L'Estonia fuori dall'Urss, ma a piccoli passi di Enrico Singer

L'Estonia fuori dall'Urss, ma a piccoli passi La prima tappa lunedì: i deputati voteranno la sospensione della Costituzione dell'Unione Sovietica L'Estonia fuori dall'Urss, ma a piccoli passi // Soviet approva ilprincipio dell'«indipendenza negoziata» MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Nella battaglia indipendentista del Baltico si è aperto un secondo fronte: quello estone. Il Parlamento di Tallinn, appena rinnovato con il voto del 18 marzo, ha cominciato ieri a lacerare i legami della Repubblica con l'Urss. Non con la stessa rapidità della Lituania. Ma con una determinazione che lascia immaginare una nuova scossa nel terremoto dei nazionalismi che attraversa l'Urss. I deputati del Soviet supremo locale hanno approvato una dichiarazione che fissa come obiettivo «a breve scadenza» il ripristino della sovranità perduta nel 1940 e stabilisce le tappe di un «periodo transitorio» che sono altrettante sfide a Mosca e che dovrebbero partire dalla «sospensione» della Costituzione sovietica in Estonia. Il voto su queste «tappe» è atteso non prima di lunedì e i parlamentari sono impegnati in un dibattito serrato, anche aspro, per definirle. La composizione etnica della popolazione della Repubblica - che comprende una minoranza russa pari al 28 per cento del milione e mezzo totale di abitanti - ha influenzato i risultati elettorali del 18 marzo: sui 105 deputati, ventisette fanno parte del «Blocco internazionale» filo-sovietico e nettamente contrario all'uscita dall'Unione Sovietica. Un voto all'unanimità per l'indipendenza, come quello adottato dal Parlamento della Lituania due settimane fa, era impensabile a Tallinn. Per di più, le forze favorevoli al recupero della sovranità sono divise un due grandi tendenze: c'è il Fronte popolare (più radicale) e c'è il gruppo Estonia libera (più prudente) con il partito comunista indipendentista che, con i suoi 28 deputati, si ritrova quasi a fare da ago della bilancia. Proprio uno dei capi del pc non filo-sovietico, Mikk Tiitma, ha giustificato iejri le cautele estoni nei confronti del Cremlino: «I lituani - ha detto Tiitma - hanno fatto un errore cruciale, hanno umiliato una grande potenza. Noi siamo per una politica dei piccoli passi. Anche se il periodo di transizione dovesse durare un anno o cinque anni, non importa. Quello che vogliamo è arrivare in fondo alla nostra strada senza correre il rischio di precipitare in qualche burrone». Ma quelle che gli estoni considerano mosse prudenti, potrebbero apparire a Mosca come provocazioni inaccettabili. La sospensione della Costituzione dell'Urss nella Repubblica baltica - se sarà votata - costituirà il primo banco di prova concreto dello «strappo gradua¬ le» avviato a Tallinn. A Mosca, l'atteggiamento del Cremlino sulla crisi baltica rimane fermo. Il ministro degli Esteri, Eduard Shevardnadze, 10 ha ripetuto ieri incontrando 11 suo collega francese, Roland Dumas. «La secessione dall'Urss - ha detto - può avvenire soltanto all'interno delle regole di legge». La «non costituzionalità» della dichiarazione d'indipendenza della Lituania è stata anche affermata dal Consiglio federale riunito ieri a Mosca da Gorbaciov che ha invitato Vilnius ad annullare le decisioni finora prese dal suo Parlamento. E uno degli esperti giuridici del governo sovietico, Yuri Rechetov, per la prima volta ha contestato anche l'argomento-chiave di Vilnius. «Non esiste alcuna prova dell'ingerenza dell'Armata Rossa nelle scelte politiche dei Paesi baltici nel 1940». L'adesione di Lituania, Lettonia ed Estonia all'Urss non sarebbe avvenuta sotto la minaccia di un esercito d'invasione, come sostengono i lituani, ma sarebbe stata una «libera scelta». Anche se ieri, sul terreno, il confronto è rimasto in sordina, il dialogo non sembra avere fatto passi in avanti. Almeno quello che si svolge alla luce del giorno, perché i contatti e le iniziative diplomatiche riservate - ieri Bush ha scritto una lettera personale a Gorbaciov si moltiplicano. Ma per il Cremlino si moltiplicano anche le fonti di preoccupazione che investono il fronte sociale. I settecentomila lavoratori dell'industria estrattiva della Siberia hanno minacciato uno sciopero per la fine della prossima settimana. Lo sciopero taglierebbe del 65 per cento la produzione di gas e di petrolio sovietico: sarebbe un colpo molto grave per l'economia già sconquassata dell'Urss e ha già provocato reazioni allarmate sul mercato mondiale del petrolio. Enrico Singer

Persone citate: Bush, Eduard Shevardnadze, Gorbaciov, Roland Dumas, Yuri Rechetov