Alla Camera spunta un avviso: via i lobbisti di Au. Minz.

Alla Camera spunta un avviso: via i lobbisti L'allarme lanciato in Parlamento durante l'esame del disegno di legge sulla «trasparenza bancaria» Alla Camera spunta un avviso: via i lobbisti Come funzionano i gruppi di pressione all'assalto dei partiti ROMA. «Certo che li ho visti, erano una decina di persone che assediavano la porta della commissione». Due giorni dopo il «j'accuse» contro i lobbisti in Parlamento, Franco Piro, il quasi dimissionario presidente della commissione Finanze di Montecitorio, non fa marcia indietro. La sua tesi è semplice: i gruppi di pressione in Parlamento ,ci sono e si fanno sentire. E l'ultimo «casus belli», le vicende legate all'esame parlamentare del provvedimento sulla «trasparenza bancaria», è uno dei tanti episodi che dimostra l'efficienza delle lobbies. Il deputato socialista non è il primo a fare questa denuncia in pubblico (lo scorso anno la fece anche un ex vicepresidente dela Camera, Oscar Luigi Scalfaro) ed esprime un dato di fatto condiviso dalla maggior parte dei deputati e dei senatori. «Qui è tutta una lobby» dice il ministro delle Aree Urbane Carmelo Conte guardandosi intorno in uno dei corridoi di Montecitorio e nessuno gli dà torto anche perché ci sono segni evidenti di questa realtà. Da poco più di un mese, infatti, in bella mostra davanti alle aulette delle Commissioni Parlamentari più esposte al fenomeno (Bilancio, Finanze, Attività Produttive e Sanità) c'è un cartello che vieta agli estranei di sostare sulla porta. Il nome dei destinatari del messaggio non c'è, ma tutti sanno, dal presidente della commissione al segretario, che si tratta dei lobbisti. Per loro, certo, non è un problema: le postazioni per l'approccio con il deputato sono diverse, ogni angolo del palazzo è buono. Ma quali sono le lobbies? Si va da chi fa gli interessi dei produttori delle carni in scatola ai rappresentanti dei grandi gruppi pubblici e privati. «Dall'83 spiega il de, Nino Camus, della commissione Bilancio della Camera - il lobbismo spicciolo, per intenderci quello dei produttori di scarpe o di spumante, è diminuito, mentre è aumentato quello dei grandi gruppi che intervengono, però, direttamente sulle segreterie di partito». Gli enti e le aziende pubbli¬ che, comunque, continuano ad avere degli ambasciatori a Montecitorio. Per non parlare delle lobbies alla luce del sole, quelle che raccolgono sotto le loro insegne un certo numero di parlamentari. Famosa è quella della Coldiretti che conta circa su una ventina di fedelissimi deputati: nell'89 Giovanni Zarro, allora sottosegretario del governo De Mita, votò apertamente contro un provvedimento del governo contrastato da questa associazione, «faccio parte prima della Coldiretti disse - e poi della maggioranza». L'identikit del lobbista esterno, invece, lo traccia lo stesso Franco Piro. «Si presenta - spiega - normalmente sotto le spoglie di un giornalista, spesso di piccole agenzie o di testate che non si conoscono, in minor misura . di testate autorevoli. Il bersaglio preferito sono i parlamentari inesperti: a chi arriva per la prima volta a Roma viene offerta una casa, magari un ufficio o il supporto di una società di servizi per il lavoro di segre¬ teria. Ma anche i parlamentari più organizzati vengono contattati: io ne ho messi alla porta a palate». C'è anche il problema di come entrare nel Palazzo. Se il numero dei lobbisti stanziali è limitato ma non certo esiguo («Basta guardare - spiega Conte - quanti addetti alle pubbliche relazioni ci sono»), quello degli occasionali è altissimo. «Normalmente - dice il vicepresidente della Camera, Alfredo Biondi, descrivendo il meccanismo di accesso - si presentano ai gruppi parlamentari chiedendo del deputato in questione. Se questo per caso è in commissione, insistendo e pregando un poco, riescono a farsi accompagnare lì da qualche commesso». Altro principio delle lobbies è il trasversalismo. Ogni gruppo di pressione tenta di intervenire sul maggior numero di partiti per garantirsi l'effetto voluto. «A volte sorrido - raccontava qualche tempo fa, Nino Andreatta, presidente della commissione Bilancio del Senato - perché de, pei, psi mi presentano testi di legge identici e si capisce chi c'è dietro». E' un po' il segno che il lobbismo funziona: è lo strumento che permette agli agenti di cambio di ritardare la riforma della Borsa, alla Coldiretti di ottenere sovvenzioni per gli agricoltori, a quella o quell'altra categoria dei commercianti qualche riguardo sul fisco. E molti parlamentari pensano che l'unica strada per difendersi è quella di regolarlo, di portare alla luce del sole il fenomeno magari istituendo un «albo» dei lobbisti presso la presidenza del Consiglio (è quello che propone un disegno di legge all'esame della Camera). Anche perché forse nessuno ne è immune. «Chi è senza peccato - dice Piro - scagli la prima pietra: anch'io rispondo a due lobbies, quella degli handicappati e quella della Guardia di Finanza. In autunno, ad esempio, ho presentato un disegno di legge preparato dalla Guardia di Finanza visto che il governo non lo faceva». [au. minz.]

Persone citate: Alfredo Biondi, Carmelo Conte, De Mita, Franco Piro, Giovanni Zarro, Nino Andreatta, Nino Camus, Oscar Luigi Scalfaro, Piro

Luoghi citati: Roma