La Bomba proibita di Baghdad di Gianni Bisio

La Bomba proibita di Baghdad La Bomba proibita di Baghdad Raide delitti di 007 contro il sogno iracheno Un missile balistico in grado di colpire con precisione a 10001200 km, come dire Israele, cpn una dotazione di testate chimiche, o nucleari, impiegabili a scelta, a seconda delle necessità: è il sogno che il premier iracheno Saddam Hussein insegue da anni. Ma, da quando ha concepito questo progetto, si è trovato a far da bersaglio ai tentativi di dissuasione degli abili agenti del Mossad e del blocco occidentale, spesso molto cruenti come è nella tradizione delle «covert operations» dei servizi segreti. Mercoledì, davanti agli occhi del mondo, telecamere Usa in prima linea, gli spregiudicati uomini di Baghdad si sono visti sequestrare a Heatrow ben 40 detonatori nucleari, noti come «Kritrons», aggeggi rarissimi e ultrasofisticati costruiti solo dalla EG&G di Buirlington (Massachusetts), reperiti con difficoltà negli Stati Uniti dopo quasi due anni di paziente e segreto lavoro: senza di essi le testate nucleari che l'Iraq potrebbe aver realizzato nel frattempo, con vaste complicità occidentali, diventano contenitori inerti. Ma quello dei detonatori non è che l'ultimo smacco per il leader iracheno. Il primo risale all'aprile '79, quando i componenti di un reattore nucleare, fabbricato in Francia e destinato all'Iraq, saltarono in aria poco prima della spedizione per un sabotaggio del Mossad israeliano. E dalla medesima fonte partirono i colpi che nel giugno '80 uccisero in un albergo parigino il capo della Commissione irachena per l'energia atomica. A dispetto di questi espliciti avvertimenti, Hussein riuscì ugualmente a realizzare un reattore a Ossiraq, a 20 km da Baghdad. Ma il 7 giugno '81 otto F-16 e sei F-15 israeliani, camuffati con i colori giordani, scaricarono 16 tonnellate di bombe Usa sull'impianto. Ma una modesta quantità del materiale radioattivo fu recuperato ed ora potrebbe costituire una parte delle cariche per gli ordigni cui erano destinati i detonatori. Perché, dall'81 a oggi, il progetto nucleare non si è fermato. Anzi: è stato creato il nuovo centro di Saad-16, dove si stanno studiando anche i vettori per le testate atomiche, in particolare il Condor 2, e si producono le armi chimiche. Secondo l'intelligence occidentale vi hanno collaborato numerose aziende coordinate dalla Consen di Zug, in Svizzera: la MBB (con la consorella Transtechnicka), la Gildemeister Projecta, entrambe tedesche, la Gonsultco e la Feneberg (che opera anche in Egitto e Argentina), austriache. Ai propellenti avrebbero cooperato anche alcuni tecnici italiani, ex dipendenti della Snia. Le azioni di dissuasione non si sono fatte attendere: in Egitto, Paese che collaborava alla costruzione del Condor 2, un tecnico è stato «suicidato» ad Alessandria ed un'auto-bomba è esplosa al Cairo. A Montecarlo, il 27 maggio '88, la Peugeot del direttore della Consen, Ekkehard Schrotz, è saltata in aria, apparentemente per un attentato rivendicato da un gruppo islamico, in realtà di marca Mossad. E poi è divampato, in Italia, lo scandalo della Bnl, banca che ha finanziato molti progetti bellici di Hussein. Ma non basta: il 17 agosto '89, un'esplosione, ed il successivo incendio, hanno danneggiato il complesso di Al Hillah, collegato al Saad-16, provocando 700 morti ed il disimpegno dell'Egitto, già nei guai per un acquisto illegale di fibre di carbonio in Usa. Infine un altro delitto in odore di 007 ha bloccato sia le tecnologie per un nuovo cannone a lunga portata, sia quelle per il sistema di guida del missile Condor 2. In un lussuoso appartamento di Bruxelles, venerdì scorso, due colpi alla nuca di una 7,65 con silenziatore hanno posto fine alla vita avventurosa di Gerry Bull, 62 anni, canadese, professore d'Università convertitosi al traffico di armi e tecnologie, presidente della Space Research Corporation. Nel 1980 aveva passato 4 mesi e mezzo in prigione per aver venduto 50 mila proiettili di artiglieria al Sud Africa e per aver fornito allo stesso Paese la tecnologia per realizzare i cannoni G5 da 155 mm, poi venduti all'Iraq. Ma il suo colpo più grosso poteva essere la vendita a Saddam Hussein dei piani dell'Harp (Hight altitude researche project), un supercannone lungo 57 metri in grado di sparare a oltre mille km un proiettile del peso di 270 kg, progetto abbandonato dagli Usa nel '60 a favore dei missili tradizionali. Forse i due colpi silenziosi a Bruxelles hanno fatto tacere anche questo cannone. Oggi lavorare per l'Iraq è decisamente pericoloso. Gianni Bisio Il leader iracheno Saddam Hussein

Persone citate: Gerry Bull, Harp, Saddam Hussein, Space