Ucciso uno dei killer di Ciaccio Montalto

Ucciso uno dei killer di Ciaccio MontaltoCon tre colpi di pistola; nelle vicinanze trovato un cadavere carbonizzato, ancora senza nome Ucciso uno dei killer di Ciaccio Montalto Vicino a Trapani: forse la mafia ha ammazzato anche il fratello TRAPANI. La mafia è sempre più spietata. Nel Trapanese, a Castellammare del Golfo, è stato assassinato il boss Natale Evola, 39 anni. Tre colpi di pistola alla testa. Era stato con dannato all'ergastolo per l'omicidio, il 25 gennaio del 1983, del giudice antimafia trapanese Giangiacomo Ciaccio Montalto. Tornato libero per scadenza della carcerazione preventiva già nel primo processo, Natale Evola in questi giorni era imputato nel processo d'appello che si svolge a Caltanissetta. Sulla vicenda di malìa se ne innesta un'altra con risvolti misteriosi. Molti indizi fanno credere che sia stato giustiziato anche il fratello maggiore, Giuseppe Evola, di 46 anni, indicato pure come mafioso. A due chilometri dall'ovile nel quale Natale Evola è stato assassinato mentre nella notte tra martedì e ieri mungeva le pecore, è stato rinvenuto il cadavere di un uomo carbonizzato. Era nel bagagliaio di un'Alfa 33 bruciata, rubata mesi fa a Palermo. I resti sono irriconoscibili, targhe e numeri di telaio sono quasi illeggibili. Numerose circostanze dunque fanno credere che la mafia abbia eliminato anche Giuseppe Evola. Martedì i due fratelli erano stati insieme. L'anziana madre li credeva in corte d'assise di appello a Caltanissetta, dove però noti erano stati visti. La sera Giuseppe non era tornato a casa a Marsala. Ieri mattina polizia e carabinieri avevano sospettato che, dopo l'omicidio del fratello, Giuseppe si fosse prudentemente allontanato. Poi il ritrovamento della Golf bianca di Giuseppe a breve distanza dall'ovile e ii cadavere carbonizzato nell'Alfa 33. Il sostituto procuratore di Trapani Pietro Pellegrino che coordina l'inchiesta ha detto che «potrebbe essere proprio Giuseppe Evola, ma la certezza non è stata ancora acquisita». Gli Evola negli intrighi della mafia c'erano dentro fino al collo. Quando il 4 marzo dell'anno scorso Natale fu condannato all'ergastolo con Angelo «Totò» Minore e Ambrogio Farina per il delitto Ciaccio Montalto, i giudici di Caltanissetta convalidarono le conclusioni alle quali erano giunti gli inquirenti. Sarebbe stato proprio lui a fornire le armi al gruppo di fuoco che massacrò il giudice: una mitraglietta montata in maniera artigianale da un armiere delle cosche catanesi e due pistole calibro 38 a canna lunga. I killer a quanto pare furono fatti venire da New York: Ambrogio Farina e Calogero Di Maria. Quest'ultimo tre giorni dopo l'omicidio, il 28 gennaio 1983, fu ucciso con due fucilate di lupara in un bar del Bronx, dov'era intanto tornato. In casa della sorella di Di Maria, ad Al¬ camo, gli inquirenti trovarono un libretto al portatore della Cassa Rurale «Don Rizzo» con 50 milioni depositati poco dopo l'omicidio. Era probabilmente la somma percepita dal killer, poi eliminato forse dai suoi stessi «fratelli» del clan newyorkese di Carmine Galante. Ora è toccato a Natale Evola. Non meno inquietante la figura e la carriera di Giuseppe Evola, compare del boss Mariano Agate a lungo capo indiscusso della valle del Belice. Durante le indagini sul caso del giudice Antonio Costa, accusato di essersi fatto corrompere dalla mafia, Giuseppe Evola fu arrestato per corruzione e associazione mafiosa. Ad «incastrarlo» era stato, tra gli altri, il pentito Rosario Spatola, che ha rivelato recentemente particolari sul traffico di droga tra Colombia, Usa e Sicilia. Antonio Ravidà