Diego, meno chili e più grinta di Massimo Gramellini

Diego, meno chili e più grinta Diego, meno chili e più grinta «Il Napoli? Fare il pieno e sperare nel Diavolo» NAPOLI DAL NÒSTRO INVIATO 11 sommo sacerdote del Dio Pallone si allontana a piedi nudi, le scarpette da calcio - strumento fondamentale del rito - strette fra le mani e una borsa di ghiaccio sulla gamba («Mi è finito addosso Zavarov, il giocatore del Duemila...»). L'osanna dei fedeli, un bacio alla mamma seduta in tribuna, una carezza al ragazzino che gli cammina al fianco con sguardo adorante: per il momento, la Mara-novela finisce qui, in una domenica di primavera profumata di promesse e speranze di scudetto. «Mi piacciono i bambini perché sono gli unici a credere ancora nelle favole», dirà Maradona negli spogliatoi esponendo il profilo più tenero e imprevedibile della sua anima. Ci ha preso in giro ancora una volta, questo satanasso. Perché, al di là dei giudizi morali sul suo personalissimo e inimitabile (cioè: da non imitare) stile di vita, esisteva un giudizio tecnico che nessuno era più disposto a ritoccare: Maradona 6 finito, gli anni passano per tutti, figuriamoci per chi li ha strapazzati in malo modo come lui. Inutili gli speculari ravvedimenti dell'ultima ora: il giochetto di fare i propri comodi in estate-autunno-inverno per poi trasformarsi in un monaco dello sport alla vigilia dei Mondiali gli è riuscito nel 1986, quando era nel pieno delle forze: stavolta dovrà arrendersi alla legge inesorabile del tempo. Dieguito vagabondava la notte per i locali. Ingrassava. E leggeva, leggeva ogni cosa lo riguardasse, magari appallottolando il giornale in faccia a chi lo aveva scritto, quasi ad accreditare l'immagine debole di un uomo sull'orlo della crisi di nervi, abbandonato dalla fiducia degli altri ma soprattutto dalla propria. Era il «Maradona 3,5», secondo l'ormai memorabile voto in pagèlla che gli rifilò l'inviato di puma del quotidiano napoletano, al termine dell'ennesima scialba prestazione, ad Udine. Ma proprio mentre ad ogni angolo risuonavano campane a morto, nell'inestricabile psicologia del campione scattava una molla che può essere orgoglio o soltanto istinto di sopravvivenza. Reduce da una stagione di fughe, proclami d'addio, matrimoni scandalistici, continui strappi alla schiena e alla disciplina di gruppo, l'ultimo anarchico del calcio diceva basta. E lo diceva a modo suo, naturalmente: non a caso, per risalire la corrente, Maradona si è ben guardato dall'appoggiarsi alle strutture della società. Diego è come una star del cinema o della canzone: prepara le sue rivincite in rifugi misteriosi e inaccessibili, riunendosi ai colleghi solo al momento di entrare in scena. Allenamenti nel garage, corse solitarie sulla pista di Agnano. E tante visite ai suoi guaritori: Oliva e Iannelli per rattoppare le giunture malconce, Chenot per sciogliere i grassi, Dal Monte per ritrovare la condizione. Lo stesso trucco di quattro anni prima, e sta qui il vero miracolo: che con Maradona i miracoli si ripetono. Puntualmente, su ordinazione, sostenuti da un talento individuale che forse non ha mai avuto eguali nella storia di questo gioco. Due gol alla Cremonese, due alla Roma e due, bellissimi, alla Juve: la marcia di Diego nelle ultime tre apparizioni al San Paolo ha il ritmo e l'intensità di una danza di guerra, e diventa davvero impressionante quando si scopre che in quello che, per opinione generale, è stato il suo peggior campionato, Maradona, di reti, ne ha già segnate 14, una sola meno del suo record assoluto. «E non finisce qui. Dimagrirò ancora, lavorerò ancora. Per disputare un grande Mondiale. Per aiutare il Napoli a vincere le ultime quattro partite della stagione, nella speranza che il Milan ne pareggi o ne perda almeno una». E' l'ennesimo proclama, ma come sono cambiati i toni rispetto ad un passato anche recente! Il popolino di Napoli è tornato ad amarlo, i «vip» a sopportarlo, l'allenatore e i compagni ad illuminarsi d'immenso vicino a lui, unico jolly in grado di sbancare il Milan al tavolo del campionato. Adesso tutto è di nuovo pos¬ sibile, di nuovo lecito. E nessuno ha osato alzare un lamento quando la tribù Maradona, richiamata dalle sirene nipponiche, si è imbarcata ieri alla volta di Tokyo, a caccia degli assegni sventolati da sponsor munificentissimi. Tutti, e Ferlaino per primo, hanno capito che con quel piccolo mago non pagano le impuntature: tanto vale allentare le redini, l'importante è che torni per la prossima partita. Per Maradona, era questo il gol più bello e difficile da segnare. Ce l'ha fatta, beato lui. Massimo Gramellini Maradona, dopo i due gol alla Juve, è partito con la famiglia per Tokyo

Luoghi citati: Napoli, San Paolo, Tokyo, Udine