«Sopravvivere a Budapest, un trionfo» di Giuseppe Zaccaria

«Sopravvivere a Budapest, un trionfo» Il leader Pozsgay: siamo il vero partito popolare, faremo una opposizione costruttiva «Sopravvivere a Budapest, un trionfo» L'expc strappa un insperato 10% BUDAPEST DAL NOSTRO INVIATO «Sconfitti? Niente affatto: noi pensiamo, al contrario, che gli elettori d'Ungheria non abbiano tollerato le fughe in avanti, gli sconsiderati passi verso l'ignoto...». In un'enorme sala affollata da centinaia di giornalisti occidentali, Imre Pozsgay apre la serie degli interventi, a commento delle elezioni ungheresi. Fra tanti vincitori a metà, lui è meno sconfitto di quanto si pensasse. E questo, dice, gli dà un po' di speranza per il futuro. Al suo partito, il «Psu», il gruppo dei nuovi comunisti, i sondaggi accreditavano non più del 7 per cento. Invece supera il 10, forse raggiungerà l'Ili Cifre in apparenza fallimentari, per chi, fino all'altro ieri, deteneva un saldo 100 per cento del potere. Nei fatti, invece, l'inizio di una seria prospettiva di opposizione. «Un'opposizione di centro-sinistra, con le possibilità di esplorarne altre ancora», racconta Pozsgay alla platea internazionale. Non mostra alcun imbarazzo l'uomo che appena tre mesi fa, se il referendum avesse avuto esiti diversi, avrebbe potuto essere il Presidente della Repubblica ungherese. Né il fatto di essere giunto secondo in un collegio di provincia dopo un candidato radi- cale sembra provocargli complessi. L'aria è quella di chi dice: «Io, almeno, ho avuto il coraggio di provarci». Adesso, quanto alla rielezione, si vedrà nei ballottaggi. Ma a lui preme far sapere al mondo che i marxisti, in Ungheria, sono ancora vivi e hanno intenzióne di combattere. «Il vero partito popolare, in Ungheria, ormai rimane il nostro. Siamo destinati all'opposizione, questo è chiaro, ma in democrazia anche l'opposizione ha un valore. Pensiamo di rivolgerci alla nuova maggioranza di governo, senza preconcetti. Combattendo le decisioni che non condividiamo, ma an¬ che sposando le tesi che potremmo ritenere giuste». Un «liberal» con tessera comunista: questo, oggi, è Pozhnaj. Come questa, probabilmente, sarà la nuova identità del «psu». Il gruppo che ha pilotato il cambiamento in Ungheria e oggi sa, o forse ha motivi per ritenere, che il Paese gli deve qualcosa. «Perché i socialdemocratici hanno fallito? Ma è chiaro: il loro, era un gruppo che col socialismo non aveva più nulla a che fare, che .dietro quell'etichetta credeva di far passare impostazioni di tutt'altro tipo. Mi chiedete se il marxismo sia finito? Sicuramente, appartie¬ ne al passato un'analisi della società che era stata svolta nei primi decenni dell'Ottocento. Ma forse, non tutto il resto». Le domande si accavallano. Ci sono giornalisti tedeschi che insistono sulle similitudini fra le consultazioni di due settimane fa nella Germania dell'Est e quelle che l'Ungheria ha appena vissuto. La posizione di Pozsgay è netta, la risposta quasi seccata: «Io penso, noi pensiamo, che nella Germania dell'Est i risultati delle elezioni non siano stati influenzati tanto da questo o da quel partito, quanto da un'idea di fondo. La forza vincente, è stata quella che poteva assicurare in tempi più brevi il riawicinamento all'idèa della Grande Germania. In Ungheria la situazione è diversa: qui si tratta di far seguire a una trasformazione pacifica del vecchio regime comunista un miglioramento complessivo della vita. Chi ha capito queste cose, ha votato per noi. Chi non l'ha fatto, probabilmente prepara la strada a conseguenze catastrofiche...». Non è ancora finita, conclude Pozsgay. Il secondo turno, L'8 aprile, potrebbe riservare sorprese anche a chi pensa che all'Est, in Ungheria, il ruolo dei comunisti (dei «nuovi» comunisti) sia esaurito. Giuseppe Zaccaria Elezioni e folklore: una famiglia ungherese vota in costume

Persone citate: Imre Pozsgay, Pozsgay