Washington aiuta Tokyo (ma non troppo)

Washington aiuta Tokyo (ma non troppo) Parziale successo del vertice tra Brady e Hashimoto: sì al sostegno dello yen, no al calo dei tassi Usa Washington aiuta Tokyo (ma non troppo) In ansia per il Nikkei WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Un inquietante interrogativo grava sulla riapertura della Borsa di Tokyo. L'impegno assunto a Los Angeles dal ministro delle Finanze giapponese, Hashimoto, e da quello del Tesoro Usa, Brady, a proseguire gli interventi coordinati sui mercati dei cambi basterà a tranquillizzare gli investitori, e a stabilizzare lo yen? O sarà irrilevante, perché gli operatori daranno più importanza al rifiuto opposto da Brady alia richiesta di Hashimoto di ridurre i tassi d'interesse negli Usa? Nel primo caso, la Borsa di Tokyo salirà, o comunque non subirà gravi cadute. Nel secondo, invece, registrerà una netta flessione, forse compirà addirittura un crack, anche se non delle dimensioni del lunedì nero del 19 ottobre '87 a Wall Street. «Attenzione», ha detto l'economista Fred Bergsten..«E' il week-end degli scongiuri». Non è facile stabilire se Hashimoto e Brady se ne siano andati da Los Angeles col bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Per gli ottimisti, come l'altro celebre economista Lawrence Kudlow, se ne sono andati col bicchiere mezzo pieno. «Nelle ultime due settimane» -ha detto Kudlow - «la Banca del Giappone e la Fed hanno speso insieme 10 miliardi di dollari per rafforzare lo yen. Hanno detto che continueranno a farlo, gli investitori devono sentirsi rassicurati». Per i pessimisti, Hashimoto e Brady se ne sono andati col bicchiere mezzo vuoto. «Gli Usa non possono ridurre i tassi, perché altrimenti scoppierebbe l'inflazione», ha dichiarato Bergsten che è stato sottosegretario al Tesoro «e dunque danno al Giappone un aiuto inferiore al necessario». Parlando coi giornalisti, Brady ha assicurato che Usa e Giappone «impediranno che le scosse di Tokyo causino una grave dislocazione dei maggiori mercati finanziari nelle prossime settimane». Ha detto,inoltre, di puntare molto sulla riunione del G7 a Parigi il 7 aprile prossimo. Nel comunicato il ministro del Tesoro americano e Hashimoto hanno insistito sul coordinamento delle politiche economiche del gruppo, che, hanno affermato, verrà intensificato. Ma i due ministri sono su posizioni lontane, se non opposte. Hashimoto sostiene che le altre potenze industriali, innanzitutto l'America, devono aiutare «con urgenza» il Giappone con misure che deprezzino un po' le loro monete come il ribasso degli interessi. Brady ribatte che solo Tokyo può risolvere, «gradualmente», i propri problemi. Bergsten, che oggi dirige l'Istituto di Economia, pensa che i contrasti siano difficili da superare. «Sui tassi persino la Germania ha le mani legate, perché avverte le spinte inflazionistiche dell'unificazione con l'Est e semmai dovrà alzarli», ha notato. «D'altra parte lo yen deve apprezzarsi o l'inflazione esplode anche in Giappone». Non solo, aggiunge l'economista. Con lo yen in calo, i prodotti giapponesi all' estero diventano più a buon prezzo e il deficit commerciale americano aumenta. «Ma che accadrebbe se Tokyo rialzasse di nuovo i tassi da solo dopo averlo fatto la scorsa settimana? Probabil¬ mente, il mercato immobiliare, che è giunto a vette pericolose, andrebbe à pezzi». Secondo l'economista, è ormai arrivato il momento di rivedere la strategia del Plaza, quella secondo cui il G5 nel settembre '85 decise il deprezzamento del dollaro. Nonostante il relativo ottimismo di Brady, l'idea che la strategia del suo predecessore Baker, adesso segretario di stato, abbia fatto il suo tempo, incomincia ad attecchire nello stesso governo Usa. Le condizioni mondiali da allora a oggi sono cambiate, e stanno cambiando a un ritmo sempre più rapido. Horban Rowen del Washington Post, il più autorevole commentatore economico americano, ha scritto che un Plaza due sarebbe utile, anche in funzione della Banca per la ricostruzione dell'Est europeo, del debito latino americano e via di seguito. La scadenza del 7 aprile a Parigi è troppo ravvicinata perché si possa impostare una revisione del genere del G7. Ma il vertice annuale delle potenze industriali, questa volta in programma a Houston nel Texas il 9 luglio, potrebbe segnare un primo tentativo di stabilire un nuovo ordine internazionale. Ennio Carette