Via l'atrazina, diserbare costa caro

Via l'atrazina, diserbare costa caro I riflessi in agricoltura dell'ordinanza di De Lorenzo sull'uso degli erbicidi Via l'atrazina, diserbare costa caro // divieto migliora qualità dell'acqua e salute dei contadini Ma ifitofarmaci sostitutivi per mais e soia sono più costosi ROMA. Il divieto assoluto imposto dal ministero della Sanità all'Atrazina, e la limitazione per alcuni altri diserbanti, ha soprattutto due obiettivi: tutelare i cittadini, poiché gli erbicidi possono inquinare le falde acquifere; proteggere la salute degli agricoltori, che devono spargere le sostanze pericolose sui terreni. Obiettivi che, del resto, sono contenuti in una direttiva della Cee, che tuttavia l'Italia ha recepito con ritardo rispetto ad altri Paesi, ma che ora deve decidersi ad accettare in pieno. Ecco perché il ministro De Lorenzo s'è deciso a emettere l'ordinanza di divieto. Il prof. Gino Covarelli, docente all'Università di Perugia e uno dei massimi esperti europei nella lotta alle malerbe, sostiene che «tutte queste limitazioni tendono soprattutto a salvaguardare al massimo la purezza delle acque e la salute degli operatori agricoli che distribuiscono diserbanti; ma sono pressoché ininfluenti per la maggior parte dei cittadiniconsumatori in quanto mais, soia e sorgo vengono coltivati soprattutto come mangimi zootecnici». Quanto alla purezza dell'acqua, Covarelli ritiene che i pericoli siano comunque minimi: la legislazione italiana è una tra le più restrittive del mondo. Ad esempio in Francia «l'uso di Atrazina è ammesso in quantitativi quattro volte superiori al nostro, e in California i residui accettabili nelle acque potabili sono addirittura 150 volte superiori a quelli stabiliti dalla nostra legislazione». Comunque, le ulteriori misure restrittive decise l'altro ieri dovrebbero porci in una situazione di assoluta tranquillità, dal punto di vista dell'acqua potabile: il che è estremamente rassicurante per tutti, poiché l'acqua è un bene di uso comune. Qualcosa cambierà invece per la categoria degli agricoltori, che si accingono a preparare i terreni dove tra un mese circa semineranno il mais e la soia, e che devono intervenire contro le malerbe sulle risaie già falcidiate dalla siccità. «E' senza dubbio un altro giro di vite contro l'utilizzo della chimica in agricoltura», dice il direttore della Confagricoltura piemontese, Bruno Pusterla. «L'Alachlor (è una delle sostanze il cui uso è stato ridotto, e che viene impiegata in miscela con altri prodotti, come Linuron e Pendimethil, n.d.r.) non potrà più essere utilizzato per il, diserbo delle graminacee nella soia». «Esistono comunque dei diserbanti sostituivi — aggiunge Pusterla — ma c'è un unico grosso inconveniente: i costi, che in genere sono molto più elevati». Per il mais, lo stesso Alachlor è consentito, ma in dosi inferiori a quelle attuali: 2,6 kg per ettaro invece di 3,4. Al ministero della Sanità precisano che non oltre 90 giorni dall'ordinanza può essere ancora utilizzato il prodotto liquido ora in commercio; dopo quel periodo, dovrà essere impiegato soltanto quello in forma microincapsulata. «Questa disposizione — afferma il prof. Alberto Ugolini, dirigente dell'Osservatorio malattie delle piante della Regione Piemonte — ha lo scopo di proteggere l'agricoltore che distribuisce il farmaco: ora la nebulizzazione può provocare delle intossicazioni; invece, i piccoli granuli microincapsulati non potranno causargli danni alla salute». Per l'Atrazina, fanno osservare ancora all'Osservatorio piemontese, non c'è nulla di cambiat > nella nostra regione, dove questo diserbante è vietato da oltre un anno. Anche altre regioni della Padania avevano già preso misure restrittive prima del divieto del governo nazionale, ma in misura meno drastica del Piemonte: ad esempio, vietandone l'uso non in tutta una zona, ma con dislocazioni geografiche «a pelle di leopardo». Per il Metolachlor, che combatte le graminacee del mais, la riduzione della dose da 2,5 a due chili l'ettaro «è accettabile — secondo Pusterla — in condizioni climatiche normali, che non sono però quelle in cui ci troviamo oggi». Il problema di fondo, però, è l'unificazione delle disposizioni non solo in tutt'Europa (ora bisognerà pensare anche all'Est), ma nel mondo intero. Oltre alle misure meno restrittive sui residui di Atrazina nell'acqua esistenti in California, e ricordate da Covarelli, c'è il problema delle importazioni. L'Italia, ad esempio, acquista all'estero ogni anno oltre 600 mila tonnellate di soia da paesi (Brasile, Usa, Argentina, Paraguay) in cui l'Alachlor è consentito con residui ben più elevati che non da noi. E' vero che la soia la mangiano solo gli animali: ma allora perché porre i nostri agricoltori in condizioni di non poter più produrre per i costi molto più elevati dei nuovi diserbanti? Livio Burato ■Ìì-'ì: ■ ì '■ ' /Jt Sotto accusa i pesticidi: inquinano le falde d'acqua

Persone citate: Alberto Ugolini, Bruno Pusterla, Covarelli, De Lorenzo, Gino Covarelli, Livio Burato, Pusterla