Per un anno niente atrazina in agricoltura di Bruno Ghibaudi

Per un anno niente atrazina in agricoltura Sono soddisfatti i sindacati, divisi gli ambientalisti: «Troppo tardi, nei campi la stanno già usando» Per un anno niente atrazina in agricoltura Decreto del ministro De Lorenzo: l'inquinamento va fermato ROMA. Per tutto il 1990 l'atrazina, il diserbante responsabile di lasciare nelle falde acquifere residui tossici superiori a quelli richiesti dalla Cee per le acque potabili, non potrà essere usata sull'intero territorio nazionale. Lo stabilisce un decreto del ministro della Sanità De Lorenzo, che diventerà esecutivo tra qualche giorno, subito dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Le misure sono state elaborate d'intesa con il ministro dell'Agricoltura Calogero Mannino e con il ministro dell'Ambiente Giorgio Ruffolo. Lo stesso divieto riguarda tutti i prodotti a base di atrazina. Di questo diserbante in Italia si consumano circa 30.000 quintali ogni anno, i due terzi dei quali nella pianura padana. «Nessuno di questi prodotti è cancerogeno alle dosi attualmente usate - vuole precisare innanzitutto il ministro -. Il decreto rientra nell'ambito di una strategia che mira a tutelare la salute del cittadino e del consumatore e a migliorare la qualità della vita. Ed è chiaro che un divieto di questo genere deve valere sull'intero territorio nazionale. Fino ad oggi l'atrazina, che inquina e crea problemi per la potabilizzazione delle acque ma non è cancerogena, era permessa in alcune aree e proibita in altre. Ma in questo modo non si poteva certo evitare che l'inquinamento passasse da un'area all'altra. La tutela della salute deve essere attuata innanzitutto in via preventiva e non con decreti tampone, quando l'emergenza è già esplosa». De Lorenzo aggiunge che la situazione verrà riesaminata all'inizio del prossimo anno: se le indagini sulla condizione dei terreni agricoli saranno soddisfacenti se ne terrà debitamente conto. In ogni caso, però, l'atrazina non potrà essere utilizzata da sola e in quantità superiore a 0,75 kg per ettaro. Il decreto si occupa anche di altri fitofarmaci diserbanti, come l'alachlor, il metolaclor e il trifularin. In Italia il consumo annuo di alachlor ha ormai raggiunto i 35.000 quintali (2/3 nella pianura padana). «L'alachlor non potrà più essere usato sulla soja, mentre nei terreni coltivati a mais la quantità dovrà essere ridotta dai 3,4 ai 2, 6 chili per ettaro - continua il ministro -. Neppure l'alachlor ha dimostrato effetti cancerogeni nelle dosi attualmente usate. Ciononostante è stato ugualmente proibito nelle colture di soja perché la sostanza rimane come residuo. E' stato invece tollerato in quelle di mais, seppure in quantità notevolmente minori, perché in questo cereale l'accumulo non si forma. Per ridurre l'impatto ambientale e per eliminare i rischi per il personale addetto al suo spargimento, l'alachlor potrà essere utilizzato non più in polvere ma solo in microcapsule, che liberano il contenuto solo quando sono nel terreno». Circa il metolaclor, la dose massima è stata anch'essa ridotta da 2,5 a 2 kg per ettaro. In quanto al trifularin, il decreto proibisce la commercializzazione di partite contaminate da significative quantità di impurità tossiche. Sarà compito delle imprese produttrici garantire che le partite distribuite soddisfino i requisiti di purezza imposti dal decreto e far pervenire ogni anno al ministero della Sanità una relazione sui controlli effettuati sulla loro produzione di trifularin. Il discorso si estende naturalmente anche agli alimenti, nei quali i residui di alachlor, di metolaclor e di atrazina consentiti verranno drasticamente ridotti. «Come esperto di mutagenesi e di cancerogenesi non potrei accettare che per la produzione alimentare vengano utilizzate sostanze che già inducono tumori negli animali - dice ancora De Lorenzo -. Il semplice dubbio che possano danneggiare anche l'uomo sarebbe più che sufficiente a farle proibire. Da parte mia c'è la ferma determinazione ad intervenire con grande rigore verso tutto ciò che può costituire un pericolo per la salute, senza cedere alle pressioni né dei produttori di fitofarmaci né degli agricoltori». Le reazioni al decreto sono state di segno opposto ma a prevalere sembrano quelle di soddisfazione. La Cisl si augura che il decreto possa orientare il mercato all'uso di sostanze meno dannose. Secondo la Cgil le nuove norme dovrebbero essere introdotte al più presto. Per alcuni ambientalisti queste misure sarebbero invece «insufficienti e inadeguate». Per Cesare Donnhauser della segreteria nazionale della Lega per l'Ambiente, «il divieto contro l'atrazina arriva in ritardo, visto che in questi giorni gli agricoltori lo stanno già usando per il pre-diserbo del mais». Anna Donati, parlamentare verde, si dichiara invece soddisfatta «per l'inversione di tendenza nell'affrontare la questione della tossicità di diserbanti e pesticidi e dei relativi limiti di tollerabilità», pur con il timore che si incentivi il mercato clandestino e che le scorte creino problemi di smaltimento.«Ma poiché il rischio proviene dal 50% dei pesticidi in commercio, risultati positivi ai test di mutagenesi, teratogenesi e cancerogenesi, noi chiediamo che in attesa di ulteriori verifiche sulla pericolosità per l'uomo le autorizzazioni alla produzione di questi prodotti vengano immediatamente revocate». «Il provvedimento era nell'aria - dice il professor Gino Covarelli, presidente della Società italiana per la lotta alle malerbe e presidente del comitato nazionale per i fitofarmaci -, ora bisogna vedere quali saranno, se ci saranno, i termini fissati per il consumo delle scorte. Se il decreto stabilisse, ad esempio, tre settimane di tempo, le coltivazioni di mais potrebbero essere "trattate" senza contravvenire a nessuna disposizione». Bruno Ghibaudi

Persone citate: Anna Donati, Calogero Mannino, Cesare Donnhauser, De Lorenzo, Gino Covarelli, Giorgio Ruffolo

Luoghi citati: Italia, Roma