In Transilvania, frontiera dell'odio di Giuseppe Zaccaria

In Transilvania, frontiera dell'odio «Questa è terra romena» gridano i nazionalisti, e gli ungheresi parlano di nuovi morti In Transilvania, frontiera dell'odio A Tirgu Mures presidiata TIRGU MURES DAL NOSTRO INVIATO Rieccoli, i carri armati. Esattamente come tre mesi fa, nei giorni della rivolta, torreggiano minacciosi sulla strada e bloccano ogni via d'accesso alla città-chiave della nuova questione ungherese. Tirgu Mures, il luogo in cui gli scontri proseguono, è a sei chilometri ma l'ordine è preciso: non ammettere alcun fotografo, alcun cameraman. E soprattutto, nessuno che abbia cognome o passaporto ungheresi. «E' una misura di sicurezza», spiega imbarazzato un ufficiale. «A Tirgu ci sono stati morti per le strade, qualsiasi ungherese oggi rischierebbe». Ungherese è anche la targa dell'auto con cui, poco più tardi, entriamo in città: bastano gli sguardi della gente a consigliare un rapido parcheggio e una più prudente passeggiata a piedi. «A Tirgu continua la persecuzione dei magiari», aveva martellato per tutta la mattina la radio ungherese. «Elementi irresponsabili e sciovinisti respingono le legittime richieste della minoranza magiara». Adesso cinque o seicento di quegli «sciovinisti» sono riuniti in piazza Eloiror Martiri, proprio dinanzi al municipio. E controllati da un cordone di soldati scandiscono: «La Transilvania è Romania». Sono tutti giovanissimi. La piazza è coperta da un tappeto di vetri infranti, segni dell'assalto di ieri mattina. Più in là, si vedono le carcasse bruciate di due autobus. «Proprio adesso, mentre vi parlo, in un'altra sala di questo edificio, romeni e una commissione giunta da Bucarest stanno trattando». Al secondo piano di una palazzo che sembra essere stato risparmiato dagli scontri, un signore tenta di spiegare le vere ragioni del conflitto tra ungheresi di Transilvania e romeni che qui si sentono a casa loro. Si chiama Nistor Man, a Mures è membro dell'ufficio esecutivo del Fronte di salvezza nazionale, quasi un prefetto. «Li sente? Capisce cosa stanno gridando quei giovani? Dicono: "La Transilvania è Romania" e anche: "Iliescu ci hai traditi". Credono che il nuovo governo romeno li abbia illusi solo per raccogliere consensi e adesso li abbandoni nuovamente». In tutta la regione, continua Man, su otto milioni di residenti i magiari sono poco più di due: «Eppure continuano a dirsi perseguitati, a richiedere assurdi privilegi». Con centosettantamila abitanti equamente divisi tra romeni e magiari, racconta Nistor Man, questi ultimi continuano a pretendere un accesso privilegiato alle scuole, all'università. E' una storia antica: da quando la Romania è uscita dall'incubo di Ceausescu, la minoranza magiara richiede diritti sempre più ampi, «per esempio, l'accesso garantito dei suoi studenti non solo all'Università di Cluj, che è sempre stata di lingua ungherese, ma anche a quelle di Craiova, Ploesti, Bucarest. Chiedono privilegi, non diritti...». Andras Suto, leader e santone dei magiari di Transilvania, ribatte via radio: «Non potrà esserci pace se prima Bucarest non sarà stata ad ascoltarci». La commissione cui prima il prefetto si riferiva è giunta dalla capitale solo in mattinata: la presiede Gelo Voican, il vicepremier. Gli inviti alla cooperazione continuano, ma la situazione non si sblocca. «In Transilvania continua la persecuzione dei magiari», insiste Radio Budapest, che annuncia anche il ferimento di un altro professore di origine ungherese, Peter Mihail, docente di microbiologia all'Università di Tirgu. Dal suo ufficio, Nistor Man smentisce: «Possono esserci state altre scaramucce, certo, i magiari hanno i loro estremisti e noi i nostri...». Voi? A cosa intende riferirsi, al Fronte di salvezza nazionale, al governo provvisorio, ai romeni di Transilvania? «Alla gente che vive qui da sempre, che si è vista riconoscere come romena da trattati che partono da Versailles e arrivano a Helsinki. Noi siamo contadini e pastori, ma sappiamo essere pazienti». Le forze ungheresi parlano ancora di otto morti... «I morti invece sono stati solo tre, e i feriti circa trecento». Gli ungheresi denunciano addirittura intimidazioni di massa, dicono che in città tutte le famiglie magiare stiano ricevendo cartoncini listati a lutto con l'intimazione: «Tornatevene a casa». «Sì, può essere accaduto, ma si tratta solo di manifestazioni isolate. Nulla di grave, di serio. Quello che di serio si potrebbe fare, si otterrebbe solo con la collaborazione. Ma ormai sono pessimista...». Uscendo dalla città, dalla Radio ungherese si captano altri frammenti di questa folle rincorsa alla tensione. Budapest parla di «pogrom antimagiaro», minaccia di rivolgersi alle Nazioni Unite. I militari romeni di guardia ridono e scuotono il capo: «Stiamo aspettando un'auto, una "Dacia". Sappiamo già che targa ha e cosa porta a bordo. Allora vedrete dove arriva la vera violenza...». Se ancora, forse, non c'è stata strage, siamo già alla fase del dialogo fra sordi. Giuseppe Zaccaria L'arresto di un dimostrante durante i disordini a Tirgu Mures tra romeni e minoranza ungherese

Persone citate: Ceausescu, Gelo Voican, Iliescu, Mures, Nistor, Nistor Man, Peter Mihail