Niente giornali per chi ha tre tv di Fabio Martini

Niente giornali per chi ha tre tv Attesa la sentenza della Consulta sulla legge Berlusconi; forse un decreto del governo Niente giornali per chi ha tre tv Dopo il sì del Senato, la legge passa alla Camera ROMA. Per ora ha avuto soltanto il viatico del Senato, ma il disegno di legge sull'emittenza approvato ieri a Palazzo Madama potrebbe avere un destino diverso dalla deriva che rallenta tanti provvedimenti ratificati da un solo ramo del Parlamento. Il «ddl» Mammì - che per la prima volta in Italia stabilisce norme antitrust per chi possiede giornali e tv - potrebbe infatti diventare legge nel giro di pochi giorni. Secondo voci raccolte negli ambienti della Corte Costituzionale, infatti, sarebbe imminente la pronuncia della Consulta sulla costituzionalità del «decreto Berlusconi» del 1985 che legittimava, ma in via provvisoria, l'emittenza privata. Se la Consulta ribadirà l'incostituzionalità della legge di 5 anni fa, il governo, per evitare un vuoto legislativo, si troverà di fronte ad una strada politicamente obbligata: emanare a tambur battente un decreto legge che recepisca integral¬ mente il testo approvato ieri mattina dal Senato. Le norme licenziate da Palazzo Madama, dunque, potrebbero avere una doppia valenza: è proprio questo il motivo che ha reso imprevedibile, incandescente, sempre sull'orlo dell'insulto personale, il dibattito che si è svolto per tre giorni al Senato e che ieri ha avuto una fiammata finale: lo scambio polemico tra il presidente del Senato Spadolini e l'ex presidente della Corte Costituzionale Elia, che, per pronunciare una durissima requisitoria contro la legge, si è reso protagonista di una palese violazione regolamentare. All'approvazione del disegno di legge si è arrivati dopo 20 mesi di «meline», defatiganti messe a punto, polemiche durissime tra socialisti e sinistra de. Lunedì scorso, nel corso di un vertice, i partiti di maggioranza avevano raggiunto una faticosa intesa per mantenere inalterati i punti cardine della «Mammì». E così è statò. Nono¬ stante il quasi costante dissenso di una frazione della sinistra de (8-10 senatori sui 60 della corrente presenti al Senato), il testo che esce da Palazzo Madama fa propri i tre punti nodali della legge voluti dal governo. Anzitutto le norme antitrust. Dopo anni di «deregulation» vengono fissati dei limiti per chi possiede al tempo stesso giornali e tv. In particolare si vieta il possesso di quotidiani a chi controlla tre emittenti, una norma che costringerà il gruppo Fininvest-Mondadori, proprietario di tre tv e di diversi quotidiani (tra cui «la Repubblica» e «il Giornale») a cedere una parte delle proprie attività. Anche il dibattutissimo tema delle risorse Rai si è concluso come voleva la maggioranza: l'emittente pubblica continuerà ad approvvigionarsi attraverso il canone e un monte pubblicitario fissato ogni anno dal governo. Maggioranza soddisfatta anche sulla quantità di spot che le tv potranno tra¬ smettere: la Rai il 10 per cento ogni ora, i privati il 15. E nonostante la dura opposizione del pei e di una parte della sinistra de («State facendo un regalo a Berlusconi»), i partiti di governo l'hanno spuntata di misura anche su un aspetto che improvvisamente era diventato di primo piano: sono stati concessi due anni per mettersi in regola con le norme antitrust. Su un solo punto la maggioranza si è sfaldata: la norma anti-spot per i film in tv. Ma il psi, facendo leva su una contraddizione tra le norme approvate, ha chiesto e ottenuto che il presidente de* senatori de, Mancino, leggesse in aula un documento firmato dai 5 capigruppo della maggioranza che, sia pure con termini allusivi, fa capire che sugli spot il governo, se dovrà ricorrere a un decreto-legge, potrà seguire un indirizzo opposto da quello deciso dal Senato. Fabio Martini ALTRI SERVIZI A PAGINA 7

Persone citate: Berlusconi, Mammì, Mancino, Spadolini

Luoghi citati: Italia, Roma