Csm e Cossiga, scontro aperto di Francesco La Licata

Csm e Cossiga, scontro aperto Il Consiglio superiore della magistratura insiste: no ai giudici massoni Csm e Cossiga, scontro aperto // Quirinale: i vostri poteri vanno rivisti ROMA. Ai vertici dello Stato, fra Cossiga e il Csm, s'è aperto uno scontro istituzionale. Ignorando il monito del Presidente della Repubblica, che mercoledì li aveva invitati a sospendere il dibattito che doveva decidere il divieto per i giudici di aderire alla massoneria, i componenti dell'organo di autogoverno della magistratura hanno proseguito i loro lavori, militandosi a moderare, nei termini, le deliberazioni e sottoponendole come raccomandazione al Parlamento. La risposta di Cossiga è arrivata con una nota che offre ai consiglieri del Csm «apprezzamento» per lo sforzo di non esasperare lo scontro, ma «conferma in pieno i giudizi e le osservazioni espressi nel messaggio del Presidente della Repubblica sui principi costituzionali in tema di libertà e sui limiti delle attribuzioni del|Csm». Il Capo dello Stato, che è anche presidente del Csm e «primo magistrato», riconferma in pratica il suo dissenso dai consiglieri dell'organo di autogoverno. E per far capire che quanto è avvenuto fra Quirinale e Pa¬ lazzo dei Marescialli non potrà restare senza conseguenze, aggiunge che proprio «a tutela del sistema di garanzie dei magistrati, della indipendenza dei giudici e delle prerogative del Parlamento» è diventata «ormai indispensabile, da parte del Parlamento stesso, una attenta ricognizione e definizione della posizione e delle competenze del Consiglio superiore»: la cui natura e i poteri - si dice in sostanza - devono cambiare, avere limiti più rigidi, per evitare che le iniziative del vertice della magistratura possano nuovamente uscire dagli argini costituzionali. Cauto, sofferto, deciso fin dal mattino, il «signornò» dei giudici si era reso esplicito nel primo pomeriggio, quando a larga maggioranza era stata approvata la risoluzione della commissione riforma. Non si tratta di un vero e proprio «divieto» di iscrizione alle logge, che sarebbe stato in palese contrasto col principio costituzionale. Il Consiglio, però, non intende esimersi dal diritto-dovere di vegliare sul rispetto, da parte di ogni giudice, della legge. Per questo, nella risoluzione, passata con 24 voti favorevoli, 4 contrari e 2 astensioni, il richiamo al «dovere deontologico» del magistrato di astenersi dal contrarre vincoli di associazione che possono compromettere la sua indipendenza è stato sostituito con una affermazione più «diluita». «Tra i comportamenti del magistrato - dice il documento - valutabili, unitamente agli altri, ai fini dell'esercizio dell'attività amministrativa propria del Consiglio», c'è anche l'assunzione di vincoli che si «sovrappongono al dovere di fedeltà della Costituzione, di imparziale e indipendente esercizio della giurisdizione», e che «compromettano la fiducia dei cittadini verso la funzione giudiziaria, facendone venir meno la credibilità». I giudici devono essere credibili ed imparziali; connotati che esistono se il magistrato rimane soggetto al dettato costituzionale che lo vuole «soggetto soltanto alla legge» e non a «vincoli di altra natura». Ma nessun giudice potrà essere messo sott'inchiesta solo perché appartiene alla massoneria. Il Consi- glio dovrà tener conto soprattutto dei comportamenti e dei fatti. Nell'intenzione dei magistrati che hanno votato la risoluzione questa «cautela» è la salvaguardia alla violazione dei principi costituzionali. La decisione di «andare avanti», malgrado l'intervento di Cossiga, è stata pressoché unanime: una discussione che ha fatto registrare identità di vedute mai verificatesi a Palazzo dei Marescialli. Tutti, chi esplicitamente chi con minor veemenza, hanno mosso a Cossiga rilievi e appunti, anche se col metodo della «rispettosa critica». Il relatore, il giudice Stefano Racheli, ha illustrato il punto di vista «generale». Ha detto di essere d'accordo col Presidente nella difesa dei principi costituzionali, ma quanto alla «libertà di coscienza», Racheli ha sostenuto che «non è venuta al giudizio del Csm. Il Consiglio si è limitato a registrare ciò che della massoneria pensa non il relatore, ma il popolo italiano, tramite il Parlamento». Francesco La Licata Bianconi e Zagrebelsky A PAGINA 3 Francesco Cossiga

Persone citate: Consi, Cossiga, Francesco Cossiga, Racheli, Stefano Racheli, Zagrebelsky

Luoghi citati: Roma