La Francia: «L'ora legale ormai non serve più e fa male ai bambini» di Piero Bianucci

La Francia: «L'ora legale ormai non serve più e fa male ai bambini» In vigore dal 76 nei Paesi Cee La Francia: «L'ora legale ormai non serve più e fa male ai bambini» La Comunità europea, ben salda di fronte a problemi importanti come la libera circolazione delle merci e persino come la riunificazione delle due Germanie, potrebbe spaccarsi su una questione secondaria, quasi futile: l'ora legale. Attraverso il ministro dell'Industria Roger Fauroux, ieri la Francia ha annunciato che in futuro non intende più spostare in avanti le lancette degli orologi per sei mesi all'anno, come i Paesi della Cee fanno dal 1976. Per quest'anno aderirà ancora, poi basta. Gli argomenti a favore di questa scelta sono spiegati in un rapporto presentato al ministro sulla base di un sondaggio Sofres: è venuta meno la convenienza economica (risparmio di energia) che sta all'origine dell'ora legale, quarantasei medici di base francesi su cento rilevano nei loro pazienti malesseri dovuti all'ora estiva, i bambini soffrono particolarmente per il cambiamento di orario. E più ancora ne soffrono le mucche: un disagio che si manifesta con un calo del 30 per cento della produzione di latte. L'ora legale entrerà in vigore domenica prossima in Italia come in tutta la Cee, e Parigi vi si adeguerà. Ma poi chiederà agli altn Paesi comunitari di tornare al vecchio sistema. Le motivazioni di tipo medico portate contro l'ora estiva non sono nuove. E' del 1982 una ricerca fatta dall'Istituto di fisiologia del lavoro dell'Università di Dortmund, in Germania. La casistica non era molto ampia: furono studiate le reazioni al cambiamento di orario, sia in primavera che in autunno, di appena 170 persone. L'esito tuttavia non lasciava dubbi: il ritorno a un normale ritmo sonno-veglia richiedeva come minimo una settimana, e nella fase di transizione si registravano stress, nervosismo, minore efficienza sul lavoro. Un'altra inchiesta di quell'epoca accertò che su 1371 intervistati il 30 per cento aveva impiegato più di due mesi per abituarsi all'orario estivo, il 24 per cento un mese e solo il 15 per cento una settimana. Come se non bastasse, le statistiche misero in evidenza un altro dato inquietante: in prossimità dei cambiamenti di orario aumentavano gli incidenti stradali, segno di uno stress largamente diffuso, con conseguente ab¬ bassamento della soglia di attenzione e della prontezza di riflessi. Quanto agli agricoltori, da sempre hanno segnalato come gli animali siano restii ad adeguarsi all'ora estiva. I ritmi naturali, specie dei bovini, non vogliono saperne di convenzioni che invece ricevono il plauso degli operatori turistici. Nel 1976, quando l'ora legale fu introdotta in modo organico nella Cee, era ancora fresco il ricordo della crisi energetica del '73. Alzarsi un'ora prima e alla sera spegnere la luce con altrettanto anticipo, significava risparmiare un bel po' di petrolio d'importazione. Per la Francia però le cose sono cambiate radicalmente: il 76 per cento della sua elettricità oggi viene da centrali nucleari, il petrolio contribuisce appena con il 2 per cento contro il 35 per cento del '73. C'è da pensare che sia soprattutto questo dato economico, e non una umanitaria considerazione per il benessere dei cittadini, a motivare l'inversione di rotta. Va anche detto che la scelta del '76 non è mai stata popolare. Il dissenso in Francia è addirittura organizzato: esiste una «Associazione contro l'ora estiva», con sede a Marly-lc-Roi, in Avenue de Saint-Germain. Ma i gruppi di pressione industriali e politici avevano fino a ieri più potere di quelli contadini. Ora, evidentemente, il rapporto di forze è cambiato, complice l'energia nucleare. Peccato che invece non sia molto cambiata la dipendenza dal petrolio dell'Italia. Non solo ancora oggi ricaviamo da olio combustibile oltre un terzo della nostra elettricità, ma neppure questo è sufficiente, e addirittura importiamo corrente elettrica come prodotto finito da Francia, Svizzera, Austria e persino dalla Jugoslavia. E' vero, in ogni caso, che il nostro organismo è regolato su inflessibili ritmi sonno-veglia e che pressione sanguigna e ritmo cardiaco sono modulati dall'alternanza luce/buio: recenti studi fatti negli Stati Uniti lo hanno confermato in modo definitivo. Forse si può barattare un debito energetico un po' più pesante con una salute migliore. Ma certo per l'Italia il prezzo sarà più salato che per la Francia. Piero Bianucci

Persone citate: Roger Fauroux