Due morti per il tesoro di Ercolano di Fulvio Milone

Due morti per il tesoro di Ercolano Il colpo è stato troppo clamoroso, una banda di camorristi ha deciso che i preziosi reperti dovranno essere restituiti Due morti per il tesoro di Ercolano Ucciso anche il boss che hapermesso la rapina ERCOLANO DAL NOSTRO INVIATO Gronda sangue, il tesoro razziato un mese e mezzo fa negli scavi archeologici di Ercolano. Sangue dei camorristi che hanno cominciato a farsi la guerra subito dopo la sparizione dei 210 preziosissimi reperti dalla città distrutta dall'eruzione del Vesuvio, nel 79 dopo Cristo. Per ora i funzionari della squadra mobile napoletana parlano di «ipotesi di lavoro»; ma se la pista imboccata dovesse risultare quella giusta, gli inquirenti risolverebbero non solo il caso dell'assalto agli scavi, ma anche il giallo di due omicidi e altrettanti ferimenti. Il copione, per il momento solo abbozzato dalla polizia, prevede più di un protagonista: un misterioso e potente trafficante internazionale di opere d'arte e due capi camorristi, Antonio Esposito e Raffaele Ascione. Per portare a termine il colpo, il mercante di reperti avrebbe chiesto e ottenuto l'autorizzazione di uno dei boss, scatenando le ire dell'altro malavitoso che avrebbe tentato di far tornare il tesoro a! suo posto. Il resto della storia, che va raccontata dal principio, è denso di colpi di scena. Sabato 3 febbraio. E' notte fonda, quando un gruppo di uomini armati assalta la guardiola dei custodi degli scavi archeologici di Ercolano. L'obiettivo dei banditi è il caveau del museo. Il bottino è colossale: 210 pezzi di valore inestimabile prendono il volo verso una destinazione tuttora ignota. Scattano le indagini dei carabinieri del nucleo per la tutela dei beni artistici, che dopo due settimane arresteranno un infermiere napoletano, Ciro Neri, accusato di aver partecipato alla rapina. Indaga anche la polizia, che mette a soqquadro gli ambienti della camorra di Ercolano'. Il commissario sa bene che un colpo del genere non può essere portato a termine senza che la malavita locale ne sia a conoscenza e dia il consenso. Davanti a lui sfilano decine di per¬ sone. La raccomandazione, o meglio l'avvertimento, è sempre uguale: «Vi conviene collaborare: il tesoro deve tornare al suo posto». Tra i tanti viene interpellato anche Cesare Bruno, ex consigliere comunale del msi, avvocato penalista dalla vita burrascosa, già condannato a 4 anni per associazione a delinquere di stampo mafioso. E' il legale del clan di Raffaele Ascione. A questo punto, il primo interrogativo: il professionista accoglie davvero l'invito della polizia ad adoperarsi per il recupero del tesoro? Martedì 6 febbraio. Sono le 21,30. L'avvocato Bruno è alla guida della sua «126», in via D'Annunzio a Ercolano, quando gli sparano da un'auto in corsa. Ferito al volto e ad una spalla, trova la forza per uscire dall'utilitaria e fuggire a piedi. I killer lo raggiungono e lo travolgono con la macchina. Portato in ospedale, il professionista riuscirà a cavarsela. Alla polizia non può sfuggire la possibile connessione tra la rapina, il colloquio al commissariato e l'attentato. I sospetti si addensano sulla banda di Antonio Esposito, 35 anni. L'ipotesi è che il capo camorrista abbia autorizzato i predatori del tesoro di Ercolano a compiere la rapina, magari in cambio di un bel po' di soldi, e che l'iniziativa non sia stata digerita da Ascione e dai suoi. Che c'entra l'avvocato Bruno? Il boss avrebbe tentato di eliminarlo per paura di essere smascherato. Ma il commissario sa bene che questa versione dei fatti non è suffragata da alcuna prova. Giovedì 1 marzo. Cesare Bruno è ancora ricoverato in ospedale, quando si consuma il secondo atto della faida di Ercolano. Alle dieci del mattino un gruppo di sicari prende di mira Antonio Esposito e un suo gregario, Tommaso Iengo. Il primo muore, crivellato dai proiettili, il secondo è ferito. E' la vendetta di Raffaele Ascione, assicurano gli inquirenti, che fermano Ciro Naldi, luogotenente del boss «vincente». Naldi deve essere rilasciato perché contro di lui non c'è una sola prova. Mercoledì 14 marzo. Là dove la polizia non può arrivare, giunge la camorra. Ciro Naldi viene massacrato a colpi di pistola e fucile a canne mozze nel centro di Ercolano. Per l'omicidio finiscono in carcere Giovanni Birra, un uomo di Antonio Esposito, e suo cognato Stefano Zeno. Altre cinque persone vengono arrestate per associa¬ zione a delinquere: fanno anch'esse parte della stessa banda. La storia della faida di Ercolano, per il momento, si interrompe qui. Ma nella questura di Napoli c'è chi è pronto a giurare che la guerra tra i clan non è finita. E che sul tesoro di Ercolano potrebbe scorrere ancora molto sangue. Fulvio Milone Bocca di fontana a testa di lupo, uno degli oggetti rubati a Ercolano

Luoghi citati: Ercolano, Napoli