L'Onu battezza la Namibia libera di Domenico Quirico

L'Onu battezza la Namibia libera Dopo 15 anni di guerra, oggi l'Africa cancellerà l'ultima macchia del colonialismo L'Onu battezza la Namibia libera Nulla cambierà, dicono i coloni tedeschi SamNujomapromette l'economia mista II ritardo è di almeno trent'anni, ma oggi l'Africa cancella dalla carta geografica l'ultima macchia del colonialismo: dopo 15 anni di guerra sanguinosa e un anno di test democratico sotto la supervisione dell'Onu superato a pieni voti, la Namibia ammaina definitivamente la bandiera sudafricana e diventa nazione, primo caso di una transizione all'indipendenza svoltasi tutta sotto controllo della comunità internazionale. E' un «miracolo» della distensione che ha cambiato volto all'Africa australe come testimonia la foto-ricordo del palco d'onore oggi a Windhoek: fianco a fianco, ci saranno Baker e Shevardnadze, grandi registi dell'operazione, il premier sudafricano de Klerk e il suo ex ostaggio Nelson Mandela, i presidenti della linea del Fronte anti-apartheid e il «traditore» angolano Savimbi. E poi, mescolati ai rappresentanti di 150 Paesi, tutti i dignitari di un'Africa affamata e divisa che in questa cerimonia trova uno dei pochi motivi per autocelebrarsi. Oggi sarà festa grande soprattutto nei vicoli e nelle catapecchie di Katutura, la baraccopoli alla periferia di Windhoek dove vivono «gli schiavi» di questa colonia dell'apartheid. Non sventoleranno invece molte bandiere con i nuovi colori del Paese nei quartieri ricchi dove i bianchi (ottantamila persone) hanno accettato con rassegnazione, non certo con entusiasmo, il ritorno a casa dei sudafricani. Proprio le paure della tribù bianca sono una delle incognite che pesano sul futuro della Namibia una volta che la festa sarà finita. Per i componenti della comunità tedesca, che controlla soprattutto il commercio e si riunisce nelle birrerie tappezzate di ritratti del Kaiser e di croci naziste, e per i boeri abituati a comandare braccianti négri pagati settantamila lire il mese, anche ora che Pretoria li ha traditi e l'ex terrorista Sam Nujoma è diventato presidente, nulla deve cambiare. La Costituzione, redatta in un clima di unità nazionale, una delle più avanzate del continente, assicura a chiare lettere pluralismo, proprietà privata, diritte di tutti i gruppi etnici di partecipare alle decisioni sul futuro del Paese, ma non è che un pezzo di carta. Il sospetto che la Swapo, partito maggioritario e dichiaratamente marxista, abbia soltanto rinviato le tentazioni monopoliste rimane. Nelle elezioni per la Costituente del novembre scorso l'opposizione moderata della Democratic Turnhalle Alliance, sponsorizzata dai bianchi, ha ottenuto uno spazio tale da condizionare efficacemente le prime scelte costituzionali; ma nelle elezioni «vere» che dovranno decidere il volto del governo, la Swapo potrebbe guadagnare pericolosamente altro terreno. La vera garanzia per i bianchi che non si ripeterà un'altra Ròdhesia sono le feroci rivalità tribali, peccato originale dell'Africa. La Swapo è espressione soprattutto dell'etnia maggioritaria degli Ovambo del Nord, guardati con sospetto o con aperta ostilità da tutte le altre etnie del Paese. Una massa di manovra ideale con cui i bianchi intendono ricattare Nujoma. L'altro grande punto interrogativo è l'economia. La Namibia è un Paese ricco di uranio, diamanti, rame; ma le chiavi di questo grande forziere sono nelle mani di padroni stranieri: la Consolidated Diamond Mines, filiale della sudafricana de Beers, la Consolidated Gold Fields e la Rossing Corporation, entrambe a capitale britannico. Nujoma, ex guerrigliero impegnato in una frenetica campagna di pubbliche relazioni con gli uomini d'affari dell'Occidente, in una recente conferenza organizzata da Businesslnternatfonàl a Londra, ha ribadito che, «sebbene il sistema socialista sia inequivocabilmente supcriore à qualunque altro», la Namibia si affiderà a una economia mista che non interferirà con le esigenze della «produzione». I manager delle multinazionali possono stare tranquilli: dovranno al massi¬ mo pagare tasse sui profitti un po' più elevate (finora in pratica avevano diritto assoluto di prelievo). La riforma agraria a sua volta, in un Paese dove i bianchi, 6 per cento della popolazione, possiedono il 60 per cento delle terre, si limiterà a requisire «le aree incolte». L'economia del nuovo Paese quindi nasce «a responsabilità limitata». C'è poi una città in cui oggi la bandiera sudafricana continuerà a sventolare tranquillamente: Walvis Bay e i 1124 chilometri quadrati della sua enclave. Venticinquemila persone, una buona parte costituite dai soldati della munitissima base di Rooikop, una ferrovia che collega la città con la miniera di uranio di Rossing che dista 80 chilometri: è solo un quadratino rispetto al territorio della nuova nazione ma con due caratteristiche, è l'unico porto della costa dotato di acque profonde per consentire l'attracco di grandi navi e resterà sudafricano. Bàlie banchine di Walvis Bay passano quasi tutte le importazioni namibiané'eiina buona>parte*dèlle sue esportazioni minerarie. E' un cappio stretto attorno alla nuova nazione che resta in mano a de Klerk. Domenico Quirico

Persone citate: Baker, Beers, Diamond, Fields, Kaiser, Nelson Mandela, Nujoma, Sam Nujoma, Shevardnadze

Luoghi citati: Africa, Londra, Pretoria, Windhoek